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"I'm not programmed to tollerate your bullshit

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"I'm not programmed to tollerate your bullshit."

Immagini distorte si creavano nella sua mente; un giardino, tanti cadaveri e un urlo.
Il suo urlo.
Si svegliò  con la fronte madida di sudore, il respiro affannato e gli occhi chiari che stavano cercando un appiglio  di sicurezza, di quella poca sanità mentale che non gli rimaneva, in quella stanza buia,  in quel momento dalle pareti nere, nonostante di giorno fossero sempre bianche.
Ci mise poco a capire che quell'urlo venne gettato anche al di fuori di quel macabro sogno -o incubo-  nella vita reale, nella sua vita reale.
Quegli incubi  lo perseguitano, che fossero su cose che aveva passato o no, e lui non ce la faceva più.
Sentiva la sua mente crollare giorno dopo giorno.
Non era pazzo, malato, schizofrenico o chi più ne aveva più ne metteva, lui era semplicemente stanco di subire tutto quello ogni giorno: voci nella testa e nottate in bianco perché non riusciva a dormire.
Sentiva che ogni singolo pezzo della sua mente, anche quello più recondito  e nascosto negli oscuri meandri di essa, si stesse in verità sgretolando a causa di tutto quelle cose che forse i dottori che vi erano nella struttura consideravano addirittura inesistenti.
Lui non era pazzo, se lo ripeteva   e lo ripeteva a loro.
Ogni giorno.
Però era sempre la stessa storia; erano quelle fottute  voci a tradirlo.
Lui si ripeteva sempre che non doveva dare ascolto a loro e puntualmente chi lavorava li, e lo beccava  a parlare da solo, ovviamente credeva che fosse pazzo.
La porta venne spalancata e Richard stava ancora cercando di recuperare il fiato; la mano posta al centro del petto -in direzione del cuore che batteva in modo accelerato- e lo sguardo terrorizzato di chi aveva visto l'inferno ed era tornato sulla terra.
Dall'altra parte della stanza, vi era l'infermiere di quella mattina : Gavin Reed.
Sapeva il nome che lo aveva scritto sulla targhetta della divisa e il cognome perché Hank lo chiamava sempre dal corridoio.
Il corvino spostò lo sguardo glaciale sull'uomo, in silenzio e guardandolo come questo si stesse avvicinando a lui con cautela.
Forse stava facendo il turno di notte, anche.
Poverino, doveva essere sfiancante lavorare per dei malati mentali dalla mattina alla sera.
Scosse  la testa, sospirando. Non gli dispiaceva però la compagnia di quell'infermiere. 
Sembrava scorbutico,  ma gli trasmetteva una strana tranquillità, diversamente da Hank che era scorbutico e faceva davvero paura quando si arrabbiava.

Richard rimase zitto, senza dire nulla e non accennando a nessuna parola.
Aveva sentito parlare Gavin solo quando gli aveva dato la pillola quella mattina.
Lo vide avvicinarsi  a lui e appoggiò  una mano sulla sua spalla, fu in quel momento che gli occhi azzurri come il ghiaccio del corvino si fermarono in quelli di Gavin,  che erano grigi. Sembravano due lastre di ferro.
Si calmò,  così come il suo respiro.
《Tutto bene ?》
Gli chiese in modo gentile e poté anche vedere un piccolo accenno di sorriso sul suo viso.
Richard  credette di essersi innamorato.

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