Si convinse così che quella ragazza non la tollerava assolutamente

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◊Aizawa POV◊

Insegnavo alla facoltà di economia da quasi 3 anni, ovvero da quando, all'età di 27 anni, ottenni la cattedra grazie a degli articoli che vennero definiti 'innovativi'. Per me erano solo passabili, ma sono sempre stato molto esigente.

Il semestre era quasi finito e quella mattina avrei tenuto la penultima lezione di un corso per studenti del terzo anno.

Svegliarsi fu più difficile del solito, forse perché la sera prima non avevo dormito molto, troppo preso a pensare ad una certa persona.

Mi guardai allo specchio prima di uscire di casa. Non che mi curassi molto del mio aspetto, ma la decenza mi imponeva di non lasciarmi troppo andare. Indossavo camicia e pantaloni neri, come il mio umore quel giorno. La barba non era rasata da circa una settimana e i capelli neri, mossi, mi coprivano parte del viso e il collo, fino ad adagiarsi sulle spalle.

Uscii di casa insoddisfatto. Passare la notte insonne era irrazionale, soprattuto per un motivo del genere.

Arrivai in aula in anticipo per sistemare proiettore, appunti e per bere un caffè, mentre circa 200 studenti iniziavano a sistemarsi nell'aula magna.

Sono sempre toppo lenti.. pensai annoiato.

Con timore guardai i studenti che occupavano l'aula. La mia paura era fondata. Vidi nuovamente quella ragazza, seduta in fondo senza alcun motivo logico, essendoci liberi posti molto più vicini alla lavagna. Non parlava mai con nessuno e, raramente, si fermava al termine della lezione a fare domande.

Cominciavo quasi a detestarla. L'avevo notata dalla prima settimana di lezione, lei e i suoi occhi azzurri, che sembravano ardere come il fuoco. Non tolleravo avere pensieri così irrazionali verso una studentessa, con cui oltretutto non avevo mai sostenuto una vera conversazione. Per non parlare delle ore di sonno che mi aveva fatto perdere.

Eppure, non era da me provare il minimo interesse per una ragazzina. Anzi, mi ero ritrovato varie volte a dover respingere studentesse troppo insistenti, sia in facoltà che all'esterno, quando andavo a pranzare vicino l'università.

Le respingevo sempre gentilmente ma con fermezza, non avendo alcuna attrazione nei loro confronti. Avevano tutte sguardi vuoti e vestiti firmati, e le trovavo irritanti.

Quella ragazza invece non aveva fatto nulla del genere. Tuttavia, nonostante non avesse fatto niente per farsi notare, mi ero trovato sempre più spesso a pensare a lei.

La prima volta in cui la sognai si svegliai di soprassalto, nel cuore della notte, agitato come se avessi avuto un incubo. Eppure era esattamente l'opposto di un incubo.

Fui talmente scosso che quella notte non presi sonno e mi misi a lavorare, per togliermi dalla mente certe immagini, ma non funzionò affatto. Mi trovavo a pensare a lei o a sognarla sempre più spesso.

Ormai stava diventando un problema. Attendevo con ansia la fine del semestre, sperando che non vedendola ogni giorno sarei potuto tornare ai miei sonni profondi e ai tanto amati pisolini.

Cominciai la lezione, quando, dopo circa 10 minuti, quella ragazza prese le sue cose e si alzò. 

Meglio. Meno la vedo, prima smetterò di pensarci.

La ragazza si diresse verso l'uscita, ma non feci in tempo a sentirmi sollevato, perché la vidi sedersi in prima fila, esattamente di fronte a me. Riaprì poi il suo quaderno, pronta a prendere appunti.

Cazzo, non vuole proprio lasciarmi in pace. Ora si mette qui a fissarmi per due ore, e la mia concentrazione andrà farsi benedire.

In effetti è proprio quello che accadde. Mi ero promesso di non guardarla mentre spiegavo, tuttavia ogni tanto la vedevo scrivere, o mi rendevo conto che mi stava fissando, e la cosa mi distraeva particolarmente.

Aveva occhi azzurri, con un eye-liner a esaltarne ancora di più il colore. "Come se ce ne fosse bisogno". Il era naso diritto, ma con la punta allargata, davvero grazioso. Le sue labbra erano carnose e rosee, e le mordeva ogni volta che non riusciva a scrivere la fine della frase, o se rifletteva su quanto appena scritto.

Proprio quello che mi serve per non deconcentrarmi.

A fine lezione la mia concentrazione era sfumata completamente. Usavo in continuazione gli appunti, cosa di cui non avevo mai avuto bisogno. Al termine della lezione fui davvero sollevato.

Anche questa piccola gioia tuttavia durò poco. La vidi alzarsi con il suo quaderno e venire dritta verso la cattedra.

Non oggi per favore pensai nervosamente. Ovviamente però era proprio lì che si stava dirigendo.

Nel frattempo un altro studente mi porse un dubbio e, mentre lo ascoltavo, sentii la ragazza avvicinarsi sempre di più. Era solo ad un paio di passi di distanza da me e potevo quasi sentirne l'odore.

Provai a togliermi di torno quella ragazza prima di rispondere agli altri studenti, ma lei aveva il loro stesso dubbio. Sospirai, sconfitto. Cercai quindi di spiegare quell'esercizio in un altro modo, ma uno studente insisteva.

Ero in difficoltà, e quegli occhi azzurri puntati su di me non mi aiutavano. Poi me ne resi conto. Ho sbagliato l'esercizio pensai sconcertato.

Cazzo, non mi era mai successo. Colpa di questa ragazzina, tutto il tempo a guardarmi o a mordersi il labbro.

'Ammisi' quindi la mia colpa ed i studenti andarono via.

Perfetto, che grande autocontrollo. Ho guardato gli appunti per tutta la lezione, sbagliato un esercizio, e non ho neanche capito subito di aver commesso un errore.

Mi convinsi così che quella ragazza non la tolleravo assolutamente.

Passai il resto della giornata come al solito, tra articoli, lezioni e colloqui con i studenti, trattenendomi come al solito più di tutti gli altri professori. Ormai erano le 8 di sera e il sole era appena tramontato.

Stava arrivando la primavera e quei giorni erano insolitamente caldi, ma le giornate non erano ancora lunghe come d'estate. Quando uscii era buio e andai verso il parcheggio a prendere la macchina.

Nell'ascensore due studenti si lamentavano dell'ennesimo problema con i mezzi, per cui tutti gli autobus erano momentaneamente bloccati. Fortunatamente avevo preso la macchina.

Mentre mi trovavo fermo al semaforo notai quella ragazza camminare sul marciapiede. Aveva un giacchetto di jeans nero decisamente troppo grande per lei e jeans scuri attillati. I capelli castani, che solitamente poggiavano sulle clavicole, ondeggiavano al vento.

Mi mancò un battito e, subito dopo, mi odiai per questo. Poi vidi che quella ragazza si stava dirigendo inesorabilmente verso un sottopassaggio davvero poco raccomandabile, e io di sicuro non ero l'unico a trovarla attraente.

Ma che cazzo dico? Non la trovo attraente, è una studentessa santo cielo. Però oggettivamente è pericoloso..

Non ci pensai molto, anche se mi resi conto che potevo essere scambiato per un maniaco.

Tuttavia, mi importava di più il rischio che correva quella sconosciuta. Inoltre quel gruppo di uomini con una birra in mano che camminavano a pochi passi da lei non promettevano nulla di buono.

Misi la freccia a destra e abbassai il finestrino. «Scusi, sono il suo professore. Mi rendo conto che sembra strano, ma vuole un passaggio? La strada è buia, e ho sentito che gli autobus sono bloccati».

Nel momento esatto in cui lo dissi quasi me ne pentii, ma la ragazza non sembrò minimamente turbata.

«Salve. Non si preoccupi, me la so cavare. Andrò a casa a piedi, non ci metterò poi molto».

Avrei anche lasciato perdere, ma quel sottopassaggio mi preoccupava davvero.

«Lascia almeno che la accompagni oltre il sottopassaggio, non mi sembra affatto sicuro» insistetti.

È fatta. Dopo questo mi denuncia come minimo al Rettore.

La vidi guardare il sottopassaggio, poi l'auto. Infine guardò alle sue spalle e vide quel gruppo di uomini anche lei. Si girò nuovamente verso di me.

«Accetterei volentieri, se non la disturbo».

«Affatto» replicai «salga».

≈Tu per me sei aria  [Aizawa x OC]Where stories live. Discover now