Capitolo 1

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Germania

1940

La neve cadeva in piccoli fiocchi bianchi, puri, danzando in modo leggiadro nell'aria fresca come guidate dalla musica silenziosa della notte.

La nazione tedesca era impregnata di sangue innocente, di decisioni appurate a tavolino: il famosissimo cancelliere Adolf Hitler decideva di invadere la Francia, i Paesi Bassi, il Belgio e Lussemburgo.

I piccoli passi della macchina militare del dittatore cominciavano a diventare uniformi, concreti e sicuri, come il viaggio dei treni che attraversavano sferzando le rotaie, carichi di anime piangenti denominati in seguito prigionieri.

Auschwitz era la fine di quel viaggio, per quelle povere persone.

Le leggi di Norimberga avevano decretato la fine delle vite di molti ebrei, eppure nella piccola cittadina di Magdeburg si respirava un'aria affannata, di leggera malinconia causata dall'attesa del momento dove tutto si sarebbe rotto, la tristezza dei vecchi tempi si muoveva nella mente di pochi cittadini, troppo codardi per mettere a parole quell'emozione proibita.

In una delle piccole stradine che attraversavano la provincia risuonava la melodia di un pianoforte, proveniva da una casa ebraica affacciata sul fiume Elbe, l'armonia risuonava riscaldando l'aria serale avvolta dal calore familiare dove la gente si richiudeva per scappare dal gelido freddo invernale.

Le piccole mani delicate che suonavano il piano appartenevano ad una giovane ragazza dalla testa pesante di pensieri, stringeva le labbra osservando i tasti bianchi che accarezzava o premeva dipendendo dal suono che voleva creare, rimuginando sulla confusione che invadeva la sua vita in quel particolare periodo.

Non poteva frequentare più la scuola, usare mezzi pubblici, per strada la insultavano aspramente per la piccola stella che portava sul seno destro, simbolo della sua religione.

La sfiorò con i polpastrelli, accarezzando le cuciture che attaccavano quel piccolo simbolo alla sua maglietta come un marchio irremovibile, una fattura scagliata sulla piccola diciassettenne.
La ragazza scosse la testa scompigliando i lunghi capelli rossicci, sbadigliando per il sonno che l'aveva presa di sprovvista mentre suonava il piano.

Suo padre stava con le gambe accavallate sul divano, guardandola da dietro le lenti rotonde. -Vai a dormire?-
-Sono stanca.- le sorrise dolcemente la giovane donna, guardandolo sfogliare il libro su cui stava sonnecchiando, pretendendo di leggerlo seriamente.

-Buonanotte, allora.- rispose semplicemente quell'uomo di poche parole.

Non sembrava un dottore, la sua cara cugina Sarah diceva che sembrava uscito da uno di quei buffi cartoni della Disney che adesso non mandavano più al cinema per ovvie ragioni.

Era un uomo di costituzione molto magra, aveva un baffo grigio sotto il naso aquilino dove erano poggiate le grandi lenti circolari, aiutavano gli occhi castano chiaro a vedere meglio anche se, in quel momento, erano socchiusi in un incerta dormiveglia.

Aveva pochi capelli in testa, ma con la giusta pettinatura riusciva a far sembrare il tutto uniforme e portava sempre un completo elegante, con cravatta e panciotto messi in regola ogni giorno.

La rossa lo osservò dolcemente abbracciando con lo sguardo ogni sfaccettatura e ogni ruga del padre, dopodiché si avviò verso la sua stanza, aprendo la porta color champagne ormai rovinata.

La sua camera era modesta, le pareti erano coperte da una carta da parati a motivo floreale ormai in alcuni punti rovinata, il letto era addossato al muro sotto una piccola finestra dalle tende bianche e adagiati al davanzale sostavano spartiti musicali e libri di diverso genere, passavano da volumi di genere romantico a brochure di luoghi lontani, dalla Torah a vecchi libri scolastici.

The Nutcracker SuiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora