Capitolo 10

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Vennero portati a una centrale di polizia abbastanza piccola e angusta, dove li fecero sedere in due stanze diverse per interrogarli.

-Documenti di riconoscimento.- ordinò l'uomo corpulento grattandosi la nuca.

Ester si frugò dentro le tasche cercando la carta d'identità falsa che le aveva procurato la madre, ricordandosi che era dentro la valigia al rifugio.

Diventò pallida come un lenzuolo e abbassò lo sguardo dissentendo.

-Uhh... mi rendi il lavoro più difficile..- le forze svanirono dal suo corpo e si sentì sull'orlo di un pianto isterico, che senso aveva continuare a mentire, a scappare?

L'unica persona che le rimaneva era Wilm e la vana speranza che i suoi genitori fossero ancora vivi, aveva visto morire persone che amava, a cui si era affezionata.

Chiuse gli occhi mentre una lacrima le rigava la guancia e la gola le si chiudeva in un nodo.
Le bruciavano gli occhi ma doveva rimanere forte, per sé stessa e per Wilm.

-Da dove provieni?- chiese il soldato.

-Magdeburg.- rispose semplicemente torturandosi il bordo della gonna.

Per qualche minuto il soldato calvo tenne la testa bassa su un registro dove erano segnati nomi di persone a lei sconosciuti, dove passò il grosso dito rosato pieno di calli lentamente, sottolineando qualche volta il nome di qualcuno e osservandola per qualche minuto per poi scuotere la testa, ritornando anche indietro qualche volta.

Quella situazione le stava mettendo ansia e aspettava pazientemente rispettando la lentezza di quell'omone che sembrava buono in fondo.

-Può dirmi il suo cognome?-

-Heilbrunn.- si passò una mano sul viso togliendo la lacrima solitaria, aspettando il suo verdetto con apatia.

Nel petto aveva un vuoto immenso, era come se le avessero prosciugato via dal corpo ogni ricordo e ogni pensiero che la rendevano felice, perché ogni volta che ricordava una ferita le si apriva nel petto, aveva dovuto sotterrare tutto perché ricordare il passato, i bei tempi, faceva male.

-Eccoti qui, Ester Heilbrunn.- chiuse il registro e la fece alzare gentilmente, portandola fuori verso un furgone dove già era seduto Wilm con il labbro gonfio e un occhio nero.

-Non credo che qui troveresti impacchi di camomilla.- sussurrò Wilm vedendo lo sguardo preoccupato della ragazza che si affrettò salendo sul furgone.

Ester gli sorrise dolcemente al suo commento, accarezzandogli il viso.

- Non sono gravi, ti passeranno tra pochi giorni.- gli donò un dolce bacio sulla guancia che fece passare tutti i dolori che stava soffrendo, le prese la mano e la guardò negli occhi stanchi.

-Mi hai promesso che non abbandonerai la speranza.- scandì le parole mentre la fissava con i suoi occhi magnetici, ora cosi scuri da somigliare a quelli di Krista.

-Te l'ho promesso.- gli strinse la mano e lui gliela baciò, per poi tirarla a se e stringerla per farle capire che non l'avrebbe lasciata da sola.

Lui sapeva che aveva una madre ad aspettarlo a casa, ma lei no ed era proprio in quel momento che aveva bisogno della sua presenza, non l'avrebbe lasciata per nessun motivo in balia dei suoi pensieri.

Ester si accoccolò tra le sue braccia protettive, mentre il furgone partiva e lui continuava a rincuorarla e a stringerla a se, finché il veicolo si fermò e dovettero scendere.

Erano di fronte a un treno, un treno simile che aveva visto diretto a Cracovia, con i vagoni pieni di persone, di ebrei che si affacciavano dalla piccola finestrella coperta da delle sbarre.

The Nutcracker SuiteOnde as histórias ganham vida. Descobre agora