Capitolo 4

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Germania

1941

Era passato un anno, ormai tutto filava liscio come l'olio.

Ester lavorava ogni pomeriggio fino a sera alla merceria, si era affezionata alla famiglia Krämer, ma era come se vivesse due vite separate.

A casa passava una giornata abbastanza noiosa, si alzava, si preparava e faceva compere, mangiava e poi la sera quasi correva alla merceria dove la aspettava divertimento assicurato.

Eppure quella che sembrava una pace serena e perfetta fu interrotta un giorno, un giorno che la ragazza ebrea non si scorderà mai.

Era sera, il suo giorno libero per rilassarsi, stava suonando al piano Sonata in A minore di Schubert, suo padre e sua madre erano andati ad ascoltare la radio nello sgabuzzino, fino a che non entrarono nella stanza principale bruscamente.

La madre di Ester era in lacrime tra le braccia del capo-famiglia, serio in viso.

-Che succede?- chiese preoccupata la ragazza, adagiando le delicate mani sopra la gonna nera e bloccando il suono delicato emesso dal piano.

-Stanno facendo deportazioni di massa.- sentenziò il signor Heilbrunn, con uno sguardo agghiacciante. -Prenderanno tutti.-

La ragazza era senza parole, guardava i due familiari con gli occhi spalancati e le labbra socchiuse, senza parole.

-...sapevamo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato..- aggiunse la madre tra i singhiozzi. -...e abbiamo raccolto abbastanza soldi per farti creare una falsa carta di identità e passaporto, con un mucchietto di spiccioli che basterà a mantenerti per circa tre, quattro mesi...-

-Quindi dove andremo?- chiese ancora più confusa la ragazza.

-...I soldi bastavano solo per i documenti di una persona...- sussurrò tristemente il padre, mentre stringeva la moglie piangente a se.

-Io da sola...?- Ester si guardò intorno confusa quasi a cercare un appiglio nei muri circostanti.

-Si, devi uscire dalla Germania, devi andare in posto sicuro.- disse bruscamente la madre sciogliendo il dolce abbraccio del marito e prendendo le spalle della figlia.

-E voi che farete?- chiese la ragazza con le lacrime che le scorrevano veloci nelle guance, ancora scioccata dalla rivelazione.

-Non importa.- la donna strinse a se la figlia, dandole tanti dolci baci sulla fronte. -L'importante è che tu stia bene, tesoro mio.-

Ester si lasciò andare tra le confortevoli braccia della madre stringendola a se più forte che poteva, aspirando il suo dolce odore di castagne e quello strano odore, quello che riconosciamo tutti come odore di casa.

La Signora Heilbrunn le asciugò le lacrime sorridendole dolcemente. -Noi staremo bene, ti prometto che ci rincontreremo.-

-Mamma...Papà...- andò ad abbracciare il padre, che con i baffi le solleticò le guance dandole un bacio. -Ti amiamo Ester, non scordarlo mai.-

E con quelle parole il padre la spinse verso la sua stanza, dove la ragazza si avviò per preparare le valigie, con dentro il cuore l'amarezza di chi sa che probabilmente non li avrebbe rivisti mai più.

Mentre prendeva i vestiti si assicurava che in nessuno fosse cucita la riconoscibile stella di Davide, mentre le lacrime continuavano ad allagarle gli occhi e la gola era ripiena di singhiozzi.

Non voleva abbandonare quella casa, la sua dimora, non voleva dire addio ai suoi genitori, alla zia, alla cugina Sarah che era più come una sorella per lei.

The Nutcracker SuiteWhere stories live. Discover now