Capitolo 22

15 3 0
                                    

Il ricordo del suo gesto era ancora vivido nella mente, come lo era la faccia di Mikael mentre lo affrontava. Il suo volto era una maschera d'odio, mentre univano le spade per fronteggiarsi. L'ira di Helel era divampato come un fuoco ardente dentro di lui, troppo scosso per realizzare subito che era stato bandito. Bandito... Non pensava che sarebbe successo davvero, nonostante il pensiero gli avesse accarezzato la mente più volte. Sapeva che le sue azioni non potevano rimanere impunite, aveva deliberatamente sfidato l'autorità del Padre di fronte a tutte le schiere angeliche più importanti. Anzi, a dirla tutta, si era persino stupito di essere rimasto nell'Empireo così a lungo. A Dio non sfuggiva nulla, questo lo sapeva fin troppo bene. Anche se aveva taciuto tutto fino a quel momento, era consapevole di ciò che il figlio aveva e avrebbe fatto. Non poteva tirarsi indietro però, era andato troppo oltre ed era giunto il tempo di agire in maniera definitiva.

La luna piena era bianca, splendente e alta in cielo, illuminando tutta la zona di una fredda luce. L'unico posto dove poteva andare era la Terra. Avrebbe voluto portare anche Asmodeus con sé, ma il fratello non aveva le sue stesse colpe. Lo stava trascinando in un baratro così profondo e oscuro che difficilmente avrebbero potuto scalare per risalire. Un po' si sentiva in colpa. Sentiva come suo il dolore che provava Asmodeus. Ora non era più solo una questione di divieti o sottomissioni. Helel non era più disposto a farsi governare; credeva che, in quanto creature simili a Dio per potenza, avessero il diritto di governarsi per proprio conto, o almeno di scegliere da sé il governatore. Per quanto amasse, o avesse amato Dio, il tempo della cieca obbedienza era finito.

Iniziò a girovagare per il giardino, non avendolo ancora mai visto in tutta la sua bellezza. Passò in mezzo a boschi fruttiferi, il cui odore era inebriante, tanti piccoli 'belli di notte' punteggiavano il prato, spruzzandolo di rosa e giallo. <Ha creato proprio un bel posto, nonostante la natura rozza e selvaggia della creatura che la abita> pensò tra sé, guardando la varietà di vegetazione illuminata sufficientemente dalla luna.
Il fruscío delle ali sul terreno faceva da eco a quello degli animali notturni, usciti dalle tane per cacciare.
Ma un fruscío diverso dagli altri catturó la sua attenzione. Acceso dalla curiosità guardò a destra e sinistra ma non vide nulla, se non alberi e piante a perdita d'occhio. Solo un'ombra tradì la natura della creatura che la proiettava, non sembrava né un quadrupede né un uccello. Il vento si alzò, trascinandosi un odore dolce e vellutato. Prima ancora che i suoi sensi riuscissero a mettere a fuoco a chi apparteneva quel profumo sublime, venne travolto da un'onda bianca e castana. Gli arti della creatura lo stringevano forte, attaccandosi dolorosamente ai capelli soffici dell'Angelo. D'un tratto, però, quelle stesse membra presero a colpirlo ripetutamente, con una forza che partiva dal profondo e che trasudava rabbia e abbandono. Lo colpivano al petto forte e ampio, al volto, alle spalle furiosamente, senza controllo. Era sbalordito da ciò che stava succedendo.
-Perché, Almeisan*, perché? Perché non sei mai venuto a trovarmi, non ti sei mai interessato di ciò che mi accadeva, non mi hai mai portato un messaggio tramite Asmodeus? Sai bene che è sceso spesso da me!-. Lacrime amare scendevano copiosamente dal volto della creatura che lo aveva colpito fino a pochi attimi prima. Helel le aveva bloccato i pugni arrabbiati, cercando di falla placare.
Vedere il volto di Eva in quelle condizioni lo fece soffrire. Le gote rosse, il respiro affannato, gli occhi ardenti e i capelli arruffati sul volto tirato erano uno spettacolo deprimente, conoscendone la bellezza reale. Ma anche così, Helel non poteva evitare di pensare che fosse davvero bellissima. Si prese un attimo per osservare il suo cambiamento, notando che il seno era più florido, i capelli più lunghi e la pelle sembrava leggermente dorata. Capiva perfettamente perché Asmodeus l'amasse tanto e perché Dio aveva scelto lei per dare vita a una nuova razza. Pensando al padre, venne travolto per un istante fugace della rabbia focosa che lo aveva accompagnato fino a qualche ora prima, ma la accantonó, deciso a gustarsi i momenti con la sorella.
-Hai ragione. Ma tu non sai cosa è capitato da quando sei andata via. Siamo giunti a un punto cruciale per la nostra vita, Sirrah... È tempo per noi di rivendicare la nostra libertà!-. Lo disse guardandola negli occhi, riempiendo ogni parola di pura convinzione. Eva doveva essere messa al corrente di tutto.
-È in corso una ribellione, devi essere pronta! Prima che tu fossi relegata qui sulla terra, Gahaliel mi mise in guardia, pronunciò una profezia... Se ripenso al suo aspetto, alle parole che ha vomitato mi viene la pelle d'oca-. Il volto di Eva assunse un'espressione di puro terrore, come di una preda messa alle strette dal predatore. In un attimo i suoi occhi si riempirono di lacrime, ma la velocità di Helel nell'abbracciarla la lasciò interdetta. -Mi dispiace...- sussurrò al suo orecchio, mentre il fratello la cullava dolcemente. Non erano le braccia di Asmodeus, ma erano meglio di niente in quel momento.
-Non ti crucciare, è un minimo prezzo da pagare se la ricompensa è inestimabile-. Le posò un bacio delicato sui morbidi capelli, mentre le braccia scorrevano dolcemente sulla schiena di lei.
In quell'istante si sentí avvinghiato da una voglia incontrollabile di avere qualcuno da abbracciare così sempre, anche senza una ragione precisa. Sperava, nel profondo, di trovare una creatura nella quale avrebbe potuto immergere il viso tra i capelli, affogare negli occhi e perdersi tra le braccia e le risate. Sapeva però che per lui non ci sarebbe stato un vero lieto fine; forse avrebbe ottenuto l'indipendenza, quella tanto agognata condizione che aveva iniziato ad anelare con tutto il cuore, ma non ci sarebbe stato amore per lui. No, sarebbe stato il suo tormento eterno.
Eva si sciolse dall'abbrazzo, riscuotendolo dai suoi pensieri profondi. Gli occhi più  arrossati di prima e la leggera sensazione di bagnato che avvertita sul petto, furono il chiaro segnale che la sorella aveva pianto di nuovo... E lui non lo aveva notato.
-Ho avuto dei figli, Almeisan, tre splendidi bambini...Vorresti conoscerli?- Il viso di Eva si aprí ora di una gioia immensa, oscurata però anche da una tristezza interiore. Il dolore che poco prima ne aveva deturpato il viso era sparito, come non fosse mai esistito.
-Sì, ne ero al corrente. Fammi strada!-. Considerò quell'offerta come un onore. Ovviamente aveva saputo che la sorella aveva finalmente partorito la desiderata nuova progenie di Dio, nei ranghi celesti non si parlava d'altro, e lui aveva il privilegio di essere il primo Angelo a vederli davvero. Eva sorrise, e il sorriso si allungò persino ai suoi occhi ametista. Lo prese per mano e lo guidò nella foresta. Ogni volta che rimaneva estasiato per qualcosa, Eva era pronta a parlargliene. Passarono davanti a piante splendenti sotto i raggi lunari, alberi dal profumo inebriante, bestie notturne li accompagnavano con i loro versi durante tutto il tragitto. Vide una creatura nera come la notte, gli occhi due schegge di giada e i denti bianchi come stelle passare davanti a loro e chinare la testa al loro passaggio. Eva l'aveva chiamata pantera, per Helel era davvero meravigliosa. Per un momento pensò che la sorella avesse scelto la strada più lunga per portarlo al rifugio, magari per mostrargli le meraviglie che quel luogo regalava. Al contrario di ciò che forse la sorella avesse potuto pensare, tutte quelle splendide visioni aumentavano di più la rabbia nei confronti di Colui che le aveva create.
Dopo il lungo percorso, si ritrovarono in una radura costeggiata di alberi gonfi di fiori. Un albero diverso dagli altri stonava un po' rispetto al panorama circostante: sembrava cresciuto troppo al di fuori del terreno, le radici spesse e lunghe si attorcigliavano e salivano verso l'alto formando una specie di conca. Quale creatura avrebbe scelto di vivere lì dentro? Quasi avesse letto i suoi pensieri, Eva si diresse proprio verso quell'albero, dando risposta alla sua domanda. Quella doveva  essere la casa che l'umano aveva scelto per loro. Facendogli segno di non fare rumore, si acquattò per entrare nell'apertura. Rimase lì in mezzo al verde più scuro ad attenderla. Pochi minuti dopo Eva uscì fuori con tre fagotti tenuti stretti tra le braccia.
-Non sono la cosa più bella che possa esistere? Vuoi tenerli?-. Era felice di vedere la sorella così presa da quelle tre creaturine, di chiese cosa avesse provato nel tenerli dentro di sé e poi averli tra le braccia.
Forse se Helel avesse avuto il potere di prevedere il futuro avrebbe dolcemente declinato l'offerta, ma non lo fece.
Nel momento in cui Eva gli mise in braccio Caino, il primogenito, nella mente di Helel si aprirono delle immagini macabre e senza senso: vide Caino, ormai divenuto un ragazzo, inginocchiato su un manto d'erba, con le mani sporche disangue chiuse a pugno alzate verso il cielo, la bocca aperta in un grido muto; l'immagine cambiò, vide la dolce piccola Lia gravida, piangente tra le braccia della madre e un ragazzo, girato di spalle, andare via. Vide lo stesso ragazzo vagare per la terra, fuoco e polvere lo circondavano...

Aprí gli occhi di soprassalto, il cuore che martellava nelle orecchie e il corpo madido di sudore. Si alzò dal suo giaciglio e uscì dalla grotta al limitare dell'Eden, nascosto da tutti, in cerca di aria fresca. La brezza notturna lo colpí come uno schiaffo, svegliandolo del tutto.
Andò verso il ruscello che scorreva pochi metri dall'entrata e si sciacquò il viso. Doveva calmarsi. Nulla di ciò che aveva visto tenendo in braccio il piccolo Caino era successo. Era cresciuto ormai e stava bene.
Per ora.



Spazio autore
Nonostante i dolori che non mi lasciano tregua ho deciso di sforzarmi un po' e finire il capitolo. Per quanto la salute sia importante, per uno scrittore la sua arte è un po' come una medicina. Ho trovato la forza e ho finalmente pubblicato. Commentate qualora ci fosse qualcosa che non capite, o che è scritto sbagliato dal punto della grammatica.

*ALMEISAN, è la terza stella più luminosa della costellazione dei Gemelli, dopo Polluce e Castore. Essa brilla alla magnitudine 1.95, il che ne fa la quarantunesima stella più luminosa dell'intera volta celeste. Il nome Alhena deriva dall'Arabo  Al Han'ah, che significa marchio a fuoco, mentre il nome alternativo Almeisan deriva dall'arabo Al Maisan, che significa la splendente. Distante dalla Terra 105 anni luce, si tratta di una stella 160 volte più luminosa del Sole.

-Noir❣️

Mane Lumen Where stories live. Discover now