6. Cuore leggero, testa vuota

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« Hai una concezione di 'non molto lontano' fuori dall'ordinario» dissi con il fiatone quando finalmente arrivammo dove Noah aveva deciso di festeggiare insieme la sua ufficiale ammissione nel mio liceo.

Avevamo fatto ben venti minuti di strada, non avevamo poi così tanto tempo a disposizione ma a detta sua quei pochi minuti di tempo ci sarebbero lo stesso bastati per segnare quel giorno come uno dei più importanti per lui Non riuscivo a capire come mai un ragazzo come lui, che aveva girato in lungo fin largo tante città e tanto scuole, ritenesse così tanto importante l'ammissione nel mio stesso liceo, ma decisi di ignorare ogni mia minimizza perplessità e appoggiai la bicicletta all'ingresso di quella che sembrava una piccola casetta in legno che non mi era per niente nuova.

Eravamo effettivamente usciti dalla città e ci eravamo indirizzati verso una zona che conoscevo abbastanza bene, isolata, in mezzo a un boschetto non molto fitto che si affacciava su un laghetto. Era molto popolare tra i ragazzi perché non appena cominciava l'estate si facevano feste su feste in quella zona, oltre che a falò a cui avevo partecipato anche io con Clary un paio di volte. Una delle zone più belle della città, a mio parere.

Però, in quel periodo dell'anno, autunno inoltrato, perdeva il suo fascino. C'era fango ovunque, pozzanghere invisibili perché coperte dalle foglie gialle e rosse cadute dagli alberi, talmente invisibili che solo con la biciclette ne aveva beccate cinque sporcandomi le scarpe.

« Non è molto lontano » confermò Noah.

« Venti minuti, tra poco dobbiamo già tornare a scuola » scherzai.

« Venti minuti non sono tanti » puntualizzò.

Appoggiai la bicicletta a terra e guardai la casetta in legno davanti a noi. Si trovava sulle sponde del laghetto, era molto carina. Aveva il tetto totalmente colorato a causa delle foglie e sembrava anche ben tenuta. Mi domandai perché Noah avesse deciso di andare proprio là.

« É tua?» domandai, cercando di non essere troppo invadente.

« Già, tutta mia » rispose fiero:« Vieni » mi porse la mano.

L'afferrai e lo seguii dentro la casetta. Nulla da dire, una bellissima casetta, rustica e tenuta molto bene. Non molto grande, ma molto accogliente. Nel salottino aveva un caminetto che Noah cominciò ad accendere visto che faceva parecchio freddo. I muri erano tappezzati di quadri che rappresentavano nature morte o foto di famiglie, probabilmente dei proprietari precedenti.

Passai con lo sguardo ogni foto appesa e la mia testa cominciò a vagare su quei sorrisi, su quelle persone che sembravano aver avuto una vita molto felice. Quando notai una persona che conoscevo molto bene, Harper, la mamma di Clary. Era piccolissima, eppure i suoi capelli biondi ricciolini erano parecchio riconoscibili.

Più volte aveva tentato di venderla, anche se appartenevano ai suoi nonni, ma nessuno aveva avuto interesse a comprarla.

« Ti piace?» chiese.

« É molto carina, ma quando hai avuto il tempo di prenderla? Sei qui solo da una settimana » dissi, voltandomi verso di lui.

« Quando sono arrivato in questa città ho gironzolato un po' a caso, è una cosa che mi piace fare... L'ho vista con il cartellino 'in vendita' attaccato sopra, ho chiamato e l'ho comprata » spiegò, come se fosse stata la scelta più semplice del mondo da prendere:« Ti va un tè caldo?»

« Sì » risposi, quasi arrossendo a causa del suo sguardo fisso su di me.

Noah era un ragazzo davvero strano. Non seppi perché, ma nella mia testa sentivo che c'era qualcosa che non andasse nella spiegazione che mi aveva dato sulla casa, come non sapevo perché non mi tornava il nome della sua vecchia scuola, eppure riuscii inconsciamente a mettere da parte qualsiasi cosa non mi tornasse e mi limitai a guardarlo mentre usava un pezzo di cartone per alimentare il fuoco.

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