Capitolo 5: "L'accordo"

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Una delle leggi che governano dell'universo è la cosiddetta "legge dell'attrazione" secondo cui ogni avvenimento sia positivo che negativo è attratto da noi. Spesso infatti senza volerlo siamo noi stessi ad attrarre certe situazioni, poiché se non del tutto volontariamente, modifichiamo l'energia che ci circonda.
Anche Einstein spiegò questo fenomeno con un'equazione matematica che nonostante tutta la buona volontà Harry Styles mai sarebbe riuscito a comprendere del tutto.

Non era mai stato un asso in materia e con il carico di pensieri che si ritrovava, davvero, cercare di capire qualcosa riguardante la matematica o una sua branchia era impossibile. Fu per questo che con un sonoro sbuffo chiuse il suo portatile e si buttò con poca grazia all'indietro per poggiarsi al comodo schienale della sua sedia. Si portò una mano al volto e ancora una volta si domandò se esistesse un Dio o una qualsiasi altra potenza sovrannaturale che da la su si stesse prendendo gioco di lui e della sua vita. Una pazzia, una follia, ecco cosa stava vivendo. Un assurdo sogno dal quale si sarebbe svegliato prima o poi. Magari era caduto in coma e non lo aveva ancora capito. Forse durante il tragitto da casa ad università aveva avuto un qualche incidente e di lì si era immaginato tutto.

Proprio quando aprì nuovamente il computer per accertarsi di essere pienamente cosciente e non bloccato nella sua mente, piegandosi sulla scrivania per poggiare i gomiti, la porta di camera sua venne aperta. Troppo poco chiasso per trattarsi di Niall, quindi Harry dedusse fosse lui.

<<Non credo che Wikipedia possa darti qualche risposta>> gracchiò la sua voce leggermente rauca, ma evidentemente divertita. Harry alzò inevitabilmente gli occhi al cielo.

<<Oh grazie, mi serviva il tuo parere.>> l'ironia ben percepibile e palese nel suo tono leggermente irritato.
<<Io almeno sto cercando di trovarle delle risposte.>> bofonchiò lanciandogli un'occhiataccia.

Louis sbuffò una risata e andò a sedersi ai piedi del letto bianco e morbido del riccio. Aveva una voglia matta di buttarsi fra quelle lenzuola così gonfie e profumate di colonia, un po' vanigliose ma dolci al punto giusto. Senza farsi notare dal riccio seduto di spalle, strinse fra le mani le coperte accanto alle sue ginocchia e chiuse brevemente di occhi. Quel profumo gli ricordava carezze soffici, calore, benessere e una sensazione di ...casa. Poi si riscosse e lentamente mollò la presa, prima di essere beccato a sniffare l'aria della stanza.

Come se potessi permettermi di fare cose strane, nella posizione che mi ritrovo, pensò facendo una piccola smorfia con le labbra, imbronciandole.

<<Non è che non sto cercando le risposte, semplicemente credo che su internet tu non possa trovare mai una spiegazione a ciò che sta accadendo. E poi, che cosa digiti sulla barra di ricerca? "Cosa fare se uno sconosciuto privo di memoria si sveglia in camera tua"?>> chiese, il volto corrucciato dall'incomprensione.

Harry si allontanò nuovamente dal portatile, lasciandolo chiuso in un angolo della scrivania. Girò la sua sedia con una spinta ,in modo da poter guardare il volto il ragazzo seduto sul suo letto. Non aveva idea di come spiegargli che forse lui sapeva da dove veniva, ma aveva paura di risultare un pazzo. Non che in tutta quella situazione ci fosse qualcosa di anche solo lontanamente normale.
Ma come spiegargli che in realtà qualche sera prima aveva dipinto proprio il suo volto in una tela durante una crisi?
Come spiegargli che lui aveva preso vita da un quadro?

No, non poteva dirglielo. Non aveva idea di come poterglielo spiegare, ma soprattutto aveva paura della sua possibile reazione. Sarebbe scappato? Si sarebbe spaventato? Cosa avrebbe detto? Harry accantonò quasi subito l'idea di dire la verità, perché una realtà del genere era quasi impossibile da accettare. E forse in certi casi non è la cosa giusta da dire per la tutela di una persona.

𝐓𝐡𝐞 𝐏𝐚𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫 𝐚𝐧𝐝  𝐓𝐡𝐞 𝐏𝐚𝐢𝐧𝐭𝐢𝐧𝐠// LARRY STYLINSON Where stories live. Discover now