Capitolo 12: "Ian"

357 29 10
                                    

Avete presente quella paura bastarda che ti attanaglia lo stomaco ogni volta che devi correre un pericolo?
Quella che ti fa aumentare i battiti del cuore, che ti fa sudare le mani e ti annebbia la mente con pensieri orrendi. Gli scenari peggiori di come potrebbe andare a finire invadono ogni angolo della tua vista, così tanto che non capisci nemmeno più cosa sia reale e cosa no.
Harry si sentiva più o meno così.
Era terrorizzato da quello che era successo la sera prima. Quando aveva aperto gli occhi e aveva elaborato come si fosse lasciato cullare dalle braccia di Louis, come si fosse lasciato andare. E si era sentito soffocare. Improvvisamente respirare era un'impresa e scappare l'unica opportunità di salvezza. Perciò era quello che aveva fatto. Era fuggito da quella che nella sua testa era una scena del crimine e lui il colpevole. Aveva guidato senza prestare attenzione a dove i suoi gesti lo stessero portando, finché scendendo dall'auto non aveva raggiunto la sua spiaggia. Si era seduto sulla sabbia che lo aveva accolto comodamente anche quando lui era scappato di casa dopo aver dipinto lui. La sensazione però adesso era diversa. Lui adesso era vivo, in carne ed ossa e stava prendendo un posto nella sua vita. Come uno dei quei ragazzini sfacciati che sgomitano in mezzo alla folla per farsi spazio ed essere in prima fila. Solo che Louis non aveva mai forzato nulla, in realtà era accaduto tutto con molta naturalezza. Era come se fosse stato impossibile evitare che succedesse.

Harry era fermo a guardare il cielo colorarsi per l'alba e non riuscì a non pensare che quel sole che spuntava piano era un po' come i suoi sentimenti: timidi, ma inarrestabili. Non badò ai suoi impegni o al tempo che passava inesorabile, lui si sentiva lontano da tutto e da tutti, perso nel suo universo. Voleva tornare indietro ed evitare che tutto ciò accadesse. Voleva poter disegnare altro, poter fermare le sue mani in tempo. Voleva evitare che in qualche modo Louis lo raggiungesse, perché la sua presenza lo stava cambiando. Lo destabilizzava il pensiero che con lui e per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa. Si sarebbe esposto su tutti i fronti senza paura di cadere, perché lui ci sarebbe stato e con un sorriso lo avrebbe preso prima della caduta. O forse non voleva questo. Forse voleva solo saper gestire la situazione, senza scappare.

Sono un codardo, non è cosi? Sono diventato ciò che ho sempre odiato.

Strinse più forte le ginocchia al petto e continuò ad ammirare lo spettacolo che la natura gli stava donando. Avrebbe dovuto parlare con Louis e dirgli la verità. Era nato da un quadro e lui meritava di saperlo. Questo avrebbe risolto le cose. Fu quando giunse alla conclusione che anche se Louis aveva avuto origini da lui non significava che fossero legati, che sentì qualcuno sedersi accanto a lui sulla sabbia chiara. Non ebbe il coraggio di voltarsi a guardare, quindi non lo fece.

<<Ti è sempre piaciuto questo posto.>> Niall parlava piano, come per preservare la quiete che circondava ogni cosa di quel luogo. Harry non parlò.

<<La prima volta che sei scappato di casa sei venuto qui. Mi avevi detto che non stavi bene, ma che era solo un periodo. Un periodo>> una risata amara sfuggì alle labbra dell'amico. Scosse la testa, ripensando a tutto ciò che avevano passato.

<<Avevi quindici anni quando incontrasti Ian>> Harry sentì un brivido alle sue spalle a quel nome, ma non si mosse di un millimetro. Era come una statua apparentemente apatica. I suoi occhi verdi ormai persi verso un passato lontano.
<<A me non piaceva, ma tu dicevi che avevo dei pregiudizi inutili e che mi stavo sbagliando. Ti dissi che il mio sesto senso non sbaglia mai e tu mi prendesti in giro per mesi per quello che avevo detto, chiamandomi "finto sensitivo">> Niall ridacchiò a quel ricordo, ma l'ilarità si spense subito, lasciando posto ad un volto serio.

<<Non volevo insistere, non avevo il coraggio di dirti che non sarebbe andata bene. I tuoi occhi brillavano quando ti accompagnavo a vedere le sue partite di football quando giocava per la scuola. Stavamo nelle panchine e tu attendevi con ansia che lui segnasse per poter urlare con gli altri tifosi. E quando la partita finiva rimanevi con me finché tutti andavano a casa e lui ti riservava un misero cenno per invitarti a parlare nel retro degli spogliatoi. Sapevamo entrambi che con il susseguirsi del tempo non parlavate più in quelle occasioni. O almeno non solo. Discutevo con Gemma, le dicevo che dovevamo allontanarti da quel coglione, ma ogni volta ci urlavi di starne fuori e noi lo facevamo, perché avevamo paura di ferirti più di quanto quel coglione avrebbe potuto. E continuò così per tanto tempo. Tu e lui vi vedevate di nascosto in posti assurdi e scomodi perché Ian non voleva si sapesse che fosse gay o bisex o quello che cazzo era. Ti assicurava che era solo per mancanza di coraggio, che ti amava e che un giorno tutto sarebbe stato più facile, che ti avrebbe portato a Dubai e cazzate simili. Gli credevi sempre e non gli confessavi che in realtà ti faceva soffrire tutto quello. Il non poter dire di aver ragazzo, il vederlo fare lo stupido con le ragazze. Però lo difendevi, ogni singola volta, sempre.>> Harry chiuse gli occhi lasciando via libera alle sue lacrime copiose.

𝐓𝐡𝐞 𝐏𝐚𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫 𝐚𝐧𝐝  𝐓𝐡𝐞 𝐏𝐚𝐢𝐧𝐭𝐢𝐧𝐠// LARRY STYLINSON Onde as histórias ganham vida. Descobre agora