Capitolo 6: "Il Primo Ricordo"

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Il sole emanava raggi aranciati che, filtrati dalle nuvole colorate di emozioni, illuminavano deboli la strada. Il vialetto era come avvolto da un filtro di una fotocamera. Dalle sfumature che variavano ogni volta che ti concentrarvi su un punto. L'aria era ferma, ma non in modo spiacevole. Una sensazione di pace e di ricordi lontani invase il petto di Louis.
Poggiato sulla sedia della scrivania, si era avvicinato fino ad essere davanti alla finestra, da dove entrava quella luce che rendeva tutto magico. L'unica fonte di illuminazione nella stanza. Sentì sulla pelle del suo viso il calore di quella stella che da sempre lo aveva affascinato: il sole. O almeno da quello che ricordava. Già, i ricordi.

Abbassò lo sguardo sulle sue mani, posate al suo grembo. La pelle bronzea sotto quei raggi così delicati sembrava brillare. Le sue dita, piccoline e non troppo affusolate.
Quelle di Harry lo sono di più.

Riportò la sua attenzione al cielo fuori dalla finestra. Non sapeva perché, ma quello spettacolo naturale lo stava emozionando così tanto. Quei colori così caldi, rassicuranti e nostalgici. Per un momento, un attimo soltanto, vide il volto di una donna, dagli occhi azzurri e dai capelli castani. Dalle labbra stese in un sorriso dolce e l'espressione di chi non smetterà mai di amarti, nemmeno se le dicessi le più brutte delle cattiverie. Aveva un che di familiare. Louis socchiuse gli occhi concentrandosi su quelle immagini che la sua mente gli stava riportando alla memoria, forse. Vide un bimbo correre in un giardino, piccolo ma accogliente, pieno di viole e margherite. Aveva i capelli liscissimi e color del caramello, così simili ai suoi. Le sue labbra erano sottili e rosee. Il suo corpicino coperto da un dolcevita mamarrone una salopette che lo rendevano ancora più dolce e innocente.

Bum

Il suo cuore mancò di un battito, quando il bimbo in questione di voltò e lui ne vide gli occhi. Simili alla donna di prima e maledettamente uguali ai suoi. Sono io. Strinse le labbra, quando questo continuò a giocare indisturbato con la palla ridendo e urlando
"Mamma mamma! Guarda come sono bravo" la voce sottile e acuta.

Proprio come la mia.

"Tesoro, vieni dentro sta per fare buio", la donna si sporse oltre la finestra della casa che affacciava proprio sul giardino dove stava giocando il bimbo. Il piccolo abbandonò la palla in mezzo all'erba fresca del prato e si diresse correndo con le sue piccole gambine verso la porta di legno dell'abitazione. La donna sorrise affettuosa guardandolo, per la leggera goffaggine dei suoi movimenti infantili. Il bimbo dai capelli così lisci, raggiunse quella che era la sua mamma per farsi prendere in braccio, allargando le braccine e guardandola con gli occhi spalancati in attesa. Lei non so lo fece ripetere e lo afferrò, portandoselo in grembo e scostandogli con un fluido movimento del pollice e dell'indice quei capelli che ormai stavano per raggiungere i suoi occhi. Il tramonto che rendeva le loro pelli chiare e luminose. "Com'è andata la fuori?" la voce vellutata di amore, i capelli castani che attiravano tutti i raggi aranciati del sole. La cucina interamente illuminata da quelle sfumature di colore che il cielo offriva, creando un'aria di casa e di pace nell'abitazione. Il bimbo tirò fuori il labbro in un'espressione triste.
"Non ho fatto goal" confessò con voce bassa, deluso da se stesso. La donna gli diede un bacio sul naso, facendo nuovamente curvare gli angoli della sua bocca all'insù. Che poi come potesse non aver fatto goal visto che giocava da solo, era un mistero. "Allora ci ritroverai anche domani, finché non riuscirai. La palla è sempre lì per te, non scappa" una risata leggera sfuggì dalle sue labbra. Un altro bacio sulla fronte coperta dai capelli castani, simili ai suoi. Lo rimise per terra lentamente. "Forza, Louis, va a lavarti le mani. Cuciniamo insieme qualcosa per cena okay?"

Bum, un altro battito mancato.

Aveva detto Louis. Quindi quel bambino era davvero lui. Prima che la scena sparisse interamente dai suoi occhi, non poté non accorgersi dell'entusiasmo del più piccolo che con emozione correva in un corridoio illuminato da una leggera luce calda giallastra, probabilmente verso il bagno. Louis aprì gli occhi. Il sole adesso era ancora più nascosto, più di metà scomparso in quella linea sottile che separava il mare e la sfera del cielo. La luce ancora più scura di prima. Una lacrima traditrice lasciò una scia bagnata. Non sapeva cosa aveva appena visto, ma aveva capito che quel bimbo fosse lui stesso e che quella donna fosse sua madre. Sorrise con un peso al petto non indifferente: erano così simili che era impossibile immaginarlo. Sentì una mano grande e calda sulla sua schiena e si voltò sorpreso. Harry era sotto la doccia e Niall era fuori, probabilmente a provare la scaletta del locale che lo aveva assunto. Credeva di essere solo, ma si era sbagliato. Proprio quando era pronto a dover spiegare il perché delle sue lacrime, non vide nessuno dietro di sé. Eppure aveva sentito qualcuno toccargli la schiena, ne era certo. O forse no. Era quel tocco tipico di chi vuole dirti "lasciati abbracciare, non sei da solo". Il tipico tocco delicato di chi vuole far sentire la sua presenza, ma non vuole essere invadente. In qualche modo rassicurante e familiare. Ma non c'era nessuno. La stanza era ormai quasi del tutto buia, priva di vita se non per la sua singola presenza.

𝐓𝐡𝐞 𝐏𝐚𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫 𝐚𝐧𝐝  𝐓𝐡𝐞 𝐏𝐚𝐢𝐧𝐭𝐢𝐧𝐠// LARRY STYLINSON Where stories live. Discover now