13-Arsène

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Stavamo camminando nell'ombra dei palazzi andando verso il porto. Irene aveva voluto mettere ad ogni costo la sua divisa che consisteva in dei pantaloni e una maglietta a maniche lunghe tutto unito e attillati, colorati di nero e con molte tasche per munizioni e armi. Sopra, ovviamente, aveva un vestito normale per non farsi scoprire.

Arrivammo all'ultimo deposito, mi affacciai lentamente insieme agli altri due e quel che vidi mi gelò il sangue nelle vene.

"No, no! Non se ne parla. Quello è mio padre, cambio programma!" dissi sottovoce tornando indietro.

"Ormai siamo arrivati qui, non puoi tornare indietro!" mi ammonì subito Sherlock.

"Ma è mio padre! Lo uccideranno se scopriranno il nostro piano e se non succede lui ucciderà me!" ripetei cercando di convincerli a cambiare strategia.

"Che vuol dire, c'è anche mia madre lì e poi sono bendati quindi non ti vedrà!" mi disse Irene. Mi prese per mano e mi guardò negli occhi.

"Ti prego, se non andremo tutti e tre li uccideranno. Anche tuo padre! Se non vuoi farlo per te fallo per me, per favore" i suoi occhi erano lucidi, le sue mani stringevano pregandomi di seguirli. Il mio sguardo si posò sulle sue labbra ma mi trattenni all'idea di Sherlock dietro di noi. Mi misi una mano tra i capelli e spostai lo sguardo da un'altra parte.

"V-va bene. Andiamo e seguiamo il piano." risposi serio e tutti e tre ci presentammo davanti a quel gruppetto di uomini.

Come aveva previsto Sherlock un uomo si parò davanti a noi e controllò prima lui, poi Irene ed infine me, trovando le loro due pistole che recuperai immediatamente dopo avermi controllato e le infilai nella tasca della ragazza accano a me senza che nessuno se ne accorgesse. Il piano era cominciato e tutta stava andando bene.

"Cosa vuoi da noi?" chiese Irene con voce ferma guardando il loro capo negli occhi. Io invece avevo lo sguardo fisso su mio padre legato ed imbavagliato in ginocchio a terra come tutti.

"Sai benissimo cosa." quella voce irruppe nei miei pensieri facendomi tornare alla realtà, mi dovevo concentrare sul piano.

Il tizio incappucciato accanto al capo fece un segno con la testa e tutti ci puntarono i fucili contro. Mi bloccai sul posto, quasi a non respirare più.

"Non ci riuscirete così facilmente!" rispose la ragazza convinta con un sorrisetto beffardo. In quel momento Sherlock estrasse la pistola dalla tasca di Irene e sparò ad un tipo vicino a lui che gli puntava il fucile contro.

In quel momento si scatenò l'inferno.

Irene e Sherlock si erano rifugiati dietro a delle casse di merci mentre sparavano agli uomini che, uno dopo l'altro, cadevano in mare sanguinanti.

Io, nascosto dietro ad un palo, presi subito coscienza di ciò che dovevo fare. Recuperai il coltellino da dentro la scarpa, presi la rincorsa e scivolai accanto agli ostaggi. Liberai prima il damerino, poi la madre di Irene molto velocemente tagliando le corde. Mentre tagliavo le corde di mio padre senza farmi sentire, qualcosa mi colpì alla testa e l'unica cosa che sentì fu il freddo dell'acqua salata.

𝖀𝖓 𝖆𝖒𝖔𝖗𝖊 𝖒𝖔𝖗𝖙𝖆𝖑𝖊 - 𝓢𝓱𝓮𝓻𝓵𝓸𝓬𝓴, 𝓛𝓾𝓹𝓲𝓷 𝓮 𝓘𝓸Where stories live. Discover now