33-Irene

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Mi svegliai con la faccia spiaccicata a terra. I capelli completamente intrecciati, sparsi tra i fili d'erba. Affianco a me il capo caldo di Sherlock disteso a pancia all'aria; il suo torace che si muoveva ritmicamente sotto la camicia celestina e il dolce vento mattiniero che gli scompigliava i capelli.

In lontananza sentii dei passi e la porticina che conduceva al giardino sul retro chiudersi in uno scatto.

Alzai lo sguardo e notai un Arsène arrabbiato e rosso fin sulle orecchie per la vergogna seguito dallo sguardo insistente di mia madre. Mentre ci raggiungeva si allacciava la camicia torturando sempre lo stesso bottone con insistenza.

"Grazie mille. No ma fate con comodo eh!" lo guardai senza capire mentre le sue mani erano passate ad allacciare il polsino sinistro sotto la giacca.

"Tua madre è andata in camera tua per vedere se eri tornata e invece di trovare te o al massimo tutti e tre, ha trovato me con la camicia sbottonata mentre dormivo. Mi sono dovuto sorbire venti e dico VENTI MINUTI di tua madre arrabbiata e preoccupata perché tu e Sherlock eravate spariti!" sbuffai sorridendo notando che Sophie era rientrata.

Mi alzai da terra dolorante aiutando il povero ragazzo francese ad allacciarsi i bottoni della camicia mentre Holmes, svegliato da fracasso e probabilmente accortosi della mia mancanza, si stava lentamente alzando.

"Buongiorno." disse con la bocca ancora impastata dal sonno. Trattenni un riolino mentre gli occhi di Lupin si appoggiarono sui miei irritati come non mai.

"Oh, ti sei svegliato presto stamattina! Quale miracolo divino ti è caduto in testa?" lo prese in giro l'inglese non sapendo tutta la storia. Non riuscii più a trattenere le risate e scoppiai a ridere togliendomi la giacca presa in prestito.

"Probabilmente l'urlo di mia madre. " risposi porgendogli la giacca presa in prestito.

Sherlock non capì ma non lo diede a vedere. Rientrammo in casa sotto lo sguardo attento e critico di Sophie. Una volta in camera io mi sedetti allo specchio e presi la spazzola per pettinarmi mentre i due si sedettero sugli stessi posti di ieri sera; a quanto pare all'inglese piaceva proprio la mia poltrona.

"Dovrei ancora considerare vivo mio padre?" chiese Arsène tornando all'argomento.

"Non lo vogliono. Cercano me quindi lo lasceranno appena riusciranno a prendermi."

"Si, ma appunto." intervenne Sherlock. "Loro non lo vogliono, non interessa loro; dunque potrebbero decidere di rilasciarlo come potrebbero non avere più pietà ed ucciderlo ugualmente se non lo hanno già fatto." sbattei con forza la spazzola sul mobiletto in legno girandomi verso di lui con Arsène diventato bianco come un cencio. Lui posò lo sguardo prima su di me poi sul nostro amico.
"Cioè" si corresse cercando di calmarlo. "Nel peggiore dei casi potrebbe succedere questo; non è detto che io abbia ragione, sia ben inteso." concluse schiarendosi la voce alla fine. Mi guardò per tutto il tempo cercando di dosare bene le parole.

"Dobbiamo preparare loro una trappola." dissi sospirando e tornando a guardare lo specchio.

"Come?" chiese Lupin. Mi rigirai verso di loro scrutandoli negli occhi per capire se dirlo con enfasi o mettere più un tono drammatico e fare quelle scenette che a Sherlock piacevano tanto fare.

"Semplice, facendo bella mostra di noi!" Non so perché in quel momento l'idea mi parve meravigliosa. I due si guardarono non capendo. Fu la prima volta che vidi Holmes brancolare nel buio ad una mia affermazione; sorrisi compiaciuta.

"Spero di aver capito male o di non aver capito proprio." mi rispose l'inglese. Mi rigirai verso la specchiera riprendendo la spazzola e sorridendo al mio riflesso sul vetro.

E fu così che ci ritrovammo sul tetto del teatro ad ammirare il panorama e a far notare ai miei rapitori che ero indifesa e disarmata.

𝖀𝖓 𝖆𝖒𝖔𝖗𝖊 𝖒𝖔𝖗𝖙𝖆𝖑𝖊 - 𝓢𝓱𝓮𝓻𝓵𝓸𝓬𝓴, 𝓛𝓾𝓹𝓲𝓷 𝓮 𝓘𝓸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora