29- Sherlock

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Irene stava bene e lo dimostrava, ma non ero sicuro. Anche prima di partire per l'America faceva così: stava male ma non voleva dimostrarlo. Vederla sorridere è stato bello , mi ha rallegrato anche a me; non so cosa l'abbia portata a fare quel gesto ma volevo scoprirlo a tutti i costi.

"Siamo arrivati." disse Arsène con voce bassa, come a nascondere qualcosa. A ripensare a quel posto mi vennero i brividi.

Entrammo tutti e tre vicini e con le pistole strette in mano.

"Stiamo attenti, potrebbero essere ovunque." dissi guardando in alto. Lupin si staccò da noi per andare verso un gruppo di sedie e guardare a terra. Mi avvicinai a lui. C'era ancora il sangue incrostato a terra del mio amico francese e giurai che per un secondo anche lui tremò al solo ricordo.

"Sei sicuro che non siano ribelli Boemi?" chiese Irene mentre controllava delle casse lontano da noi.

Con lo sguardo puntato a terra seguii le orme dei tizzi scappati.

"Si, certo! Non potrei confonderlo." rispose lui.

"Quindi questo vuol dire che chi mi cerca è francese?" chiese nuovamente Irene guardandomi.

"Io direi di meglio. Chi ti cerca lavora nel circo Lupin. " le risposi lanciando un occhiata al mio amico chino.

"Cosa?!" quasi urlò lui alzando di scatto la testa.

"Niente! chi ha parlato?" lo canzonai io ridacchiando con Irene.

"Guarda che non sono stupido, ho sentito. Se lavorassero al circo come hai detto tu, caro Sherlock, perché avrebbero dovuto prendere mio padre? Infondo è lui che ha dato loro il lavoro." rivolse uno sguardo ad Irene per cercare supporto e lei annui.

"Dev'essere solo una coincidenza." borbottò poi tornando a guardare a terra con un sorrisetto vittorioso sulle labbra. Feci tre passi in avanti e lo raggiunsi. Lui alzò nuovamente la testa trovandosi con il volto pericolosamente vicino al mio. Potevo quasi sentire il suo respiro caldo mescolarsi con il mio all'odore di cioccolata, che avevo bevuto poche ore fa.

"Le coincidenze non esistono, Arsène, ricordatelo. Di rado l'universo è così pigro." ci furono secondi di silenzio che parvero interminabili in cui ci sfidammo con lo sguardo, occhi puntati sugli occhi dell'altro; l'unico rumore nell'aria erano i nostri respiri e i nostri cuori che battevano all'impazzata. Ci trovavamo talmente vicini che se uno dei due avesse parlato le nostre labbra si sarebbero probabilmente toccate.

"Ragazzi..." ci richiamò Irene interrompendo quel momento prima che cadesse nell'imbarazzo totale.

"Che succede?" chiese il francese con una voce dura girandosi verso la ragazza.

"Ragazzi, venite qui presto." Lupin fu il primo ad andare verso di lei. Lo vidi bloccarsi anche lui mentre entrambi fissavano un punto specifico. Andai da loro.

"Allora?" chiesi cercando con lo sguardo quello che guardavano loro.

C'erano un sacco di casse etichettate con numeri e disegni precisi. Una di quelle era aperta e si poteva vedere molto bene cosa vi era all'interno. Chili e chili di esplosivi e polvere da sparo bastanti per far esplodere uno di quei moderni grattacieli. E per una villetta in periferia di due piani abitata da una donna e sua figlia?

"Oh mio Dio." non riuscivo a togliere lo sguardo mentre vagavo su tutte quelle casse cercando di quantificare approssimativamente il peso di ogni cassa, la capienza, e le casse stesse.

"Dobbiamo andarcene." disse la rossa rimanendo però paralizzata. "Questa è una bomba ad orologeria."

"E perché ce lo dici solo ora?" chiese Arsène preso dal panico.

"Non mi pare tu sia fuggito." disse lei girandosi verso il ragazzo. La situazione si stava scaldando, nel vero senso della parola. "Potrebbe anche esplodere domani, non lo sappiamo."

Mentre i due litigavano io mi accovacciai alla cassa e trovai un piccolo orologio che segnava quanto mancava all'esplosione.

"Ragazzi, brutte notizie. Mancano soltanto 10 secondi." dissi alzando lo sguardo puramente di terrore. I due mi guardarono anch'essi spaventati.

"Dobbiamo andare!" urlò Irene.

"Ma noooo." rispose il francese.

L'orologio si mise a ticchettare forte risvegliando tutti e tre.

"Andiamo!" li interruppi io prendendo Irene per mano e portandola fuori.

5...

4...

3...

Stavo contando a mente per tenere il tempo mentre uscivamo di corsa da quel posto.

2...

Mi fermai dietro l'angolo della casa più vicina. Mi sedetti a terra e misi la ragazza in mezzo alle gambe abbracciandola per proteggerla.

1...

Arsène si lanciò affianco a me e cadde rotolando tenendosi le mani sulle orecchie.

Per alcuni secondi non si sentì nulla. Credevo quasi di aver sbagliato.

Il secondo dopo il più forte rumore che avessi mai sentito. Un boato enorme con una potenza inimmaginabile che fece crollare in pochi secondi l'intero edificio.

Le orecchie mi presero a fischiare violentemente, la polvere mi offuscava la vista.

Tutti i miei sensi erano, in poco tempo, andati a farsi un giro. Sentivo solamente i corpi caldi dei miei amici addosso al mio.

𝖀𝖓 𝖆𝖒𝖔𝖗𝖊 𝖒𝖔𝖗𝖙𝖆𝖑𝖊 - 𝓢𝓱𝓮𝓻𝓵𝓸𝓬𝓴, 𝓛𝓾𝓹𝓲𝓷 𝓮 𝓘𝓸Where stories live. Discover now