Capitolo primo

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Amy quel giorno restò sveglia fino a tardi. A notte inoltrata era ancora seduta sul davanzale della sua finestra guardando la strada deserta e sussurrando qualche parola al vento senza aspettarsi nessuna risposta. Le piaceva il profumo della notte, il suo silenzio e il leggero vento che le accarezzava la pelle bianca e liscia.

Non riusciva a chiudere occhio. William era tornato da poco ed era ubriaco. Suo padre l'aveva picchiato barbaramente ma a causa dello stato in cui era non era neanche riuscito a difendersi. Amy aveva assistito spiando la scena da dietro la porta, impotente.

Calcolò guardando l'orologio appeso alla parete della sua camera che ormai erano passati almeno trenta minuti dall'ultimo rumore. Decise di sgattaiolare fuori dalla sua stanza e, cercando di mantenere il più totale silenzio, andò a sedersi sul tappeto ai piedi del letto dell'adolescente che puzzava di un misto di alcool, fumo e sudore.

"Lo so che sei lì" borbottò pochi secondi dopo con la voce impastata. Amy si spaventò, non credeva fosse ancora sveglio.

"Come stai?" sussurrò sperando che il padre non si svegliasse ancora.

"Secondo te come cazzo sto? Sempre a fare domande di merda, vattene a letto che è tardi"

"Non riesco a dormire"

"Non sono affari miei, lasciami in pace, mi scoppia la testa porca puttana"

"Sei proprio uno stronzo" rispose Amy. Will mugugnò ancora qualcosa ma lei non intuì il significato di quelle ultime parole. Nonostante sentisse una morsa al petto decise di lasciar perdere e di tornare a letto.

La mattina seguente a colazione la madre preparò una tazza di latte per entrambi mettendo al centro del tavolo la solita scatola di cereali.

La luce del sole passava attraverso la finestra superando le leggere tende bianche della cucina e illuminando la piccola stanza.

"Mamma mi passi un cucchiaio, per piacere?" la ragazzina non ricevette alcuna risposta così ci riprovò alzando un po' il volume della voce.

"Ma', mi passi un cucchiaio?" ma la madre fissava la moka senza realmente guardarla, aspettando che fosse pronto il caffè.

I grandi occhi azzurri di Amy incrociarono per un attimo quelli verdi acqua del fratello e capì che anche lui sapeva che c'era qualcosa che non andava. Non era poi così strano in quella famiglia disastrata.

Decise di alzarsi e prenderlo da sola.

"Mamma tutto bene?" la madre finalmente si voltò a guardarla.

"Cosa?"

"Ti senti bene?"

"Certo, tutto a posto, perché tesoro?" William rise sotto i baffi e il padre non ritardò ad attaccarlo.

"Cos'hai da ridere tu?"

"Nulla" rispose con un sorriso falso stampato in faccia, il padre  fece lo stesso sorriso da bastardo lasciando intravedere i denti perfettamente dritti un po' sporchi di briciole.

"Dopo te lo faccio vedere io cosa c'è da ridere".
Ad Amy, come ogni volta, si gelò il sangue nelle vene. Will fece un respiro profondo per trattenere ogni impulso e strinse forte il manico della tazza  facendo diventare bianche le nocche.

"Mi accompagni a scuola?" chiese Amy per cercare di cambiare argomento e interrompere subito la conversazione.

"Si Will, accompagna tua sorella a scuola per favore" disse la madre con lo stesso intento della figlia.

"Non è grande abbastanza per andarci da sola?"

"Per piacere" insistette. Will intuì che voleva solamente trovare una scusa per farli uscire alla svelta di casa, per proteggerli.

"E va bene, muoviti a prepararti che io esco ora"

"Sono pronta" disse Amy scattante lasciando da parte la colazione, anche se non l'aveva nemmeno sfiorata. Si precipitò al suo fianco.

Amy stravedeva per il fratello, era sempre stato il suo eroe fin da quando era piccola, ma lui non si sentiva tale, anzi, si sentiva in colpa per il brutto esempio che le dava. Ma invece che far qualcosa per migliorare, cercava di allontanarla il più possibile.

"A più tardi".

Camminavano fianco a fianco sul marciapiede senza guardarsi e senza aprir bocca assorti nei propri cupi pensieri.

"Oh Dio!" avevano di poco superato la loro casa quando una voce squillante li fece sobbalzare.

"Oh mio Dio, quanto siete belli!" era Rosy, la vicina di casa cicciona, come la definiva Will, e un angelo per Amy.

"Dove andate così presto? Venite da me a fare colazione su, dai, mi farebbe così piacere" entrambi avevano una certa fame, in più i modi gentili della signora non permisero loro di rifiutare la generosa offerta.

La donna stava annaffiando dei bellissimi fiori rossi sulla sua veranda, appoggiò l'annaffiatoio e fece segno di entrare.

Il marito, un anziano silenzioso, stava leggendo il giornale in salotto, li salutò con un cenno del capo poco visibile.

"Cosa volete? Ho un po' di latte, thè, caffè, cioccolata, biscotti, o volete una fetta di torta? L'ho sfornata ieri sera".

"Per me va benissimo la tua torta, è sempre buonissima" disse la ragazza finalmente recuperando un po' di buon umore. Amy voleva molto bene a quella donna, la faceva sentire amata e la rallegrava.

"Io solo un caffè se è possibile"

"Tesoro mio devi magiare, guarda che braccia sottili che hai, non va bene così!" disse stringendogli il braccio, Will insistette ma Rosy gli avvicinò comunque qualche biscotto.

"Vuoi un cerotto?" chiese al ragazzo con uno sguardo triste e rassegnato, aveva un taglio sullo zigomo a causa della notte precedente.

"No, sto bene così grazie" ci fu una pausa di qualche minuto.

"Avete lo stesso naso all'insù" disse mentre li guardava mangiare come una nonna fiera della bellezza dei nipotini, i due fratelli sorrisero imbarazzati.

"William oggi mi accompagni a comprare la chitarra? Ho finalmente abbastanza soldi per prenderla" disse la sorella per spezzare il silenzio imbarazzante che si era creato nella stanza.

"Vacci da sola, le gambi le hai no?" ovviamente rovinò l'atmosfera fin troppo sentimentale per lui.

"Ma è lontano, in macchina facciamo presto"

"Ho da fare" tagliò corto evitando lo sguardo di Rosy che era visibilmente delusa.

Rosy provava pena per quel bel ragazzo, era abituato a stare solo ma aveva bisogno di qualcuno, di un po' di amore vero e ce l'aveva davanti ma non riusciva proprio a capirlo, non lo vedeva.

Uscirono di casa alla svelta, Will si sbarazzò presto di Amy cambiando strada senza salutarla.

"Amy sono qua" la sua amica Kety sventolò la mano in aria per attirare l'attenzione in mezzo ai tanti ragazzi nel cortile che aspettavano di entrare a scuola.

"Tutto bene? Mi sembri strana"

"Si tutto bene" Kety sorrise felice che fosse tutto a posto, ma in realtà niente andava per il verso giusto.

"Devo raccontarti un sacco di novità" lasciò parlare la sua amica, finse qualche sorriso, disse qualche parola fingendo che le importasse quello che diceva ma in realtà una serie di scene le passarono per la mente, scatti di immagini come di un film.

Un pugno alzato, i singhiozzi di una donna con il cuore a pezzi e le gambe stanche, delle braccia grosse, una bocca squallida, un crocifisso appeso ad un collo largo che poggiava sui peli neri del petto di un uomo, suo padre, una mascella serrata, delle nocche bianche, un corpo sottile e agile che sfuggiva alle grinfie di un orso, delle parole sussurrate "Resisti", "Stai qua non muoverti", "Scappa", "Ti voglio", "Ti ammazzo", "Fai schifo", "Sta ferma".

La sua vita era una menzogna.

"Sai che Alice si è messa con Seamus?" Amy non desiderava altro che correre, correre lontano senza fermarsi.

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