Capitolo ottavo

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Will non sapendo dove andare decise di nascondersi a casa della nonna materna, scelse la sua cantina come rifugio.

L'anziana signora lo accolse a braccia aperte, ben consapevole dei pessimi genitori a cui era stato destinato.

Iniziò subito a sistemare la stanza, era impolverata e inutilizzata da molto tempo. Spostò il divano, o per meglio dire il suo nuovo letto, al centro; impilò i libri e i vinili su un vecchio scaffale e decise, guardandosi intorno, che avrebbe comprato qualche poster da appendere sulle pareti spoglie per dare un tocco di colore e carattere al suo nuovo posto preferito. Si chiese perché avesse aspettato tutto quel tempo per andarsene, anche se dentro di sé conosceva la risposta; Amy.

Accese una sigaretta, era finalmente libero e non riusciva a crederci. Dopo anni di prigionia avrebbe potuto fare quello che voleva, lasciare la scuola, divertirsi, dormire, fumare senza problemi, anche li dentro.

Poi improvvisamente si sentì solo, quella sensazione gli dava proprio fastidio, cercò di liberarsene ma da solo era impossibile. Sentiva che qualcosa di importante mancava, un pezzo fondamentale, era come se stesse galleggiando nello spazio senza un punto fermo al quale aggrapparsi, non c'era gravità.

Si sdraiò coprendosi dalla testa ai piedi con una coperta pulita che gli aveva dato sua nonna e cercò di dormire, ma fu una notte lunghissima.

L'indomani mattina si sentì molto meglio, salì e trovò sua nonna in cucina mentre preparava la colazione.

"Giorno" disse allegramente afferrando un biscotto al volo

"Posso farmi una doccia?" chiese spensierato

"Non vuoi niente da mangiare?"

"No, magari più tardi"

"Si certo che puoi farti una doccia caro, ora ti faccio vedere dove devi mettere i vestiti da lavare" la seguì lungo lo stretto corridoio.

Sua nonna era buona, voleva bene a quel ragazzo così distaccato dal mondo, trovava in lui qualcosa di speciale che nessuno riusciva a vedere. Purtroppo i genitori l'avevano sempre tenuto un po' lontano da lei a causa dell'educazione rigida che volevano imporgli, la quale era sempre stata fortemente sconsigliata dalla donna.

Il risultato infatti era evidente: un adolescente ribelle che piuttosto di tagliarsi i capelli se n'era andato di casa sbattendo la porta senza ripensamenti.

"Ecco, questa è la cesta, se hai bisogno di qualcosa chiedimi pure" disse uscendo e chiudendo la porta del bagno alle sue spalle.

Si era persa così tante cose dell'infanzia del nipote, infondo era felice che lui fosse lì, era sola da troppo tempo ormai. Un po' di compagnia non le avrebbe fatto male.

Un'ora più tardi William si era rifugiato in biblioteca ricoperto dai libri, aveva lasciato la scuola.

Jeff verso le cinque di pomeriggio aspettava Amy nell'aula dove di solito provava con la band, doveva darle lezioni di chitarra. Arrivò stranamente con un quarto d'ora di ritardo.

Aveva due grosse occhiaie sotto gli occhi a causa della stanchezza, era pallida e aveva le labbra piene di piccoli tagli provocati dai suoi denti.

"Tutto bene?" chiese preoccupato.

"William se n'è andato, papà l'ha cacciato di casa stanotte e io non ho idea di dove sia, di come sta, non è venuto a scuola, non so cosa pensare" disse mentre gli occhi le tornavano lucidi, ancora. Parlò veloce toccandosi le braccia.

Jeff rimase in silenzio per analizzare la situazione, poi decise che la cosa migliore da fare era tranquillizzarla fingendo di non essere altrettanto preoccupato.

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