Capitolo quattordicesimo

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PARECCHI ANNI DOPO

Axl era seduto su una poltrona e osservava con sguardo vuoto un punto qualsiasi della parete bianca davanti a lui, tutti quei ricordi erano arrivati veloci e rumorosi, tanto che gli avevano fatto venire il mal di pancia.

In mano stringeva un bicchiere pieno di vodka liscia, la sentiva bruciare in gola, nell'altra mano una sigaretta si stava consumando lentamente senza che un filo di fumo riempisse i suo polmoni marci.

La cenere cadeva lenta e silenziosa sul tappeto scuro sotto i suoi piedi, la schiena incurvata era parzialmente appoggiata allo schienale e la testa gli pesava sulle spalle curve.

Aveva in mente quell'immagine come se fosse una cartolina, non avrebbe mai immaginato che i dettagli potessero rimanere impressi così nitidi nella sua mente.

Come la valigia di pelle scura rovinata dai viaggi accanto a quelle gambette sottili e storte della sorella, i lunghi capelli raccolti malamente con qualche ciocca ribelle che le cadeva sul volto rotondo, il rumore delle monete nella tasca dei suoi pantaloncini, le calze che spuntavano dalle scarpe sporche di fango, il suo profumo dolce di pulito, il sorriso storto, le piccole occhiaie nere e le guance arrossate come sempre.

Bevve un sorso di alcool come fosse un automa, gli occhi fissi, i battiti del cuore lenti rimbombavano come colpi di un tamburo.

Dov'era in quel momento? Non lo sapeva, non ne aveva la più pallida idea.

Un paio d'anni prima avevano litigato ed era sparita nel nulla, la fama lo aveva trascinato lontano e lei si era nascosta tra le persone comuni fuggendo dal dolore che le causava.

Chissà se era mai stata ad un loro concerto, ogni volta che suonava a Los Angeles cercava i suoi occhi tra la folla sotto il palco, ma non li aveva mai trovati.

Aveva bisogno di lei, dei suoi modi rassicuranti.

Non ci pensava spesso, ma in quei giorni il ricordo di lei era tornato vivo facendosi spazio tra i pensieri quotidiani che gli riempivano la testa, e che lui puntualmente scacciava con una piccola dosa di eroina.

Sentì dei passi pesanti e una voce roca

"Dove l'hai messa?" Slash camminava lento, aveva un asciugamano in vita, piccole gocce di acqua cadevano dai capelli bagnati scivolando sulla pelle liscia e scura finendo infine sul pavimento.

Axl fece un segno con il capo indicando il tavolino di vetro ai sui piedi, l'eroina era lì in bella vista.

Il suo amico si lasciò cadere sul divano di pelle accanto alla poltrona, prese la roba, il cucchiaio, l'accendino e la siringa che aveva utilizzato Axl, a volte non aveva voglia di cercare la sua o prenderne una nuova, così utilizzava la prima che trovava.

"Che cazzo ti prende in questi giorni?" chiese spezzando il silenzio

"Che cazzo vuoi che mi prenda, porca puttana. Non ho niente"

"Tranquillo amico, rilassati" disse picchiettando le dita sulla siringa rivolta verso l'alto e cacciando fuori l'aria con impazienza.

"Aspetta" si bloccò di colpo ricordandosi di qualcosa, appoggiò lo zaino ai suoi piedi inginocchiandosi per cercare qualcosa al suo interno.

"Che c'è?" chiese confusa, Will prese una bomboletta spray e iniziò a sbatterla rialzandosi.

"William?" chiese Amy confusa, il ragazzo iniziò a scrivere sul muro del Columbian Park.

Alla fine era impossibile non notarla.

"Baciami il culo, Lafayette. Ora sono fuori di qui" Amy lesse e rise

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