Parte 10: quell'anno

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ITZIAR'S POV:

L'addio ad Alvaro fu doloroso ma necessario. Stavo proteggendo il mio cuore da un sentimento troppo grande e troppo sconosciuto chiamato amore. Tornata a casa impiegai un po' di giorni a lavare, stirare e mettere via tutto ciò che avevo portato in missione. La missione, un'esperienza unica, che mi ha davvero cambiata facendomi capire quanto io stia bene, quanto sia fortunata. Quella sera vennero a casa mia Naj e Alba, non ci vedevamo da mesi quindi parlammo di quello che era successo, di quello che era cambiato. Io all'inizio non parlai di me e Alvaro: era ancora una ferita troppo aperta. Quella sera bevemmo, o meglio loro bevvero, io poco poiché da qualche giorno solo l'odore mi dava la nausea. Passammo una serata fantastica, fin quando Alba non annunciò di stare per andare poiché a casa l'attendeva la sua nuova ragazza. Appena ci salutò Najwa iniziò a tartassarmi di domande, chiedendomi se avessi conosciuto qualcuno di carino. Non potevo mentirle ma proprio mentre stavo per parlarle di Alvaro sentii un conato di vomito in gola, riuscì ad arrivare al water e a vomitare, seguita dalla mia amica che si offrì di tenermi i capelli. Quando finì, dopo essermi lavata i denti, decisi di andare a dormire con Naj e non pensarci più. Il mattino seguente mi svegliai con una nausea che non sembrava andarsene, non riuscì a mandar giù nulla prima di mezzogiorno. Najwa era molto incuriosita e preoccupata ma questo non la bloccò dal chiedermi di me e Alvaro. Svuotai il sacco, ne avevo bisogno. Finito il mio racconto la mia amica mi guardava in modo strano, sospettoso: uno sguardo che non capivo. Senza che potessi dire nulla, uscì correndo di casa e tornò con un test. Continuavo a non capire, fin quando non mi disse: 'Secondo me sei incinta, hai i sintomi e per giunta l'hai fatto di recente senza protezioni. Lo so che i medici ti hanno detto che probabilmente non ne avresti mai avuti ma, zia, i miracoli esistono. Quindi fai questo test, mal che vada risulterà negativo.' Andai in bagno e lo feci. Lo diedi in mano alla mia migliore amica in attesa del risultato. Dopo cinque minuti la notizia che mi cambiò la vita: 'Itzi è positivo, sarai mamma, sarò zia. Ti rendi conto?' Ci abbracciammo, no, non me ne rendevo conto. Avevo in grembo un bambino che non aveva un papà e forse non l'avrebbe mai avuto. Sia chiaro non ho mai pensato di abortire ma le mie paure erano tantissime fin quando, alla prima ecografia a due mesi, non sentì il suo cuore battere. Lì, su quel lettino, ho capito che non era importante se ero sola o no, se Alvaro c'era o no: a quell'esserino bastavo io. Tre mesi dopo scoprì che sarebbe stata una femminuccia. Mia madre, Najwa e Alba erano al settimo cielo tant'è che organizzammo una festa per quella bambina nemmeno nata. Nacque in una buia notte d'inverno, lei così piccola, con delle manine e dei piedini così belli. Con i miei occhioni e il sorriso di Alvaro; quando me la misero in grembo mi resi conto che il travaglio di 12 ore mi aveva fatto un regalo stupendo: mia figlia Paula.

ALVARO'S POV: 

Lasciare Itzi è stato un vero strazio, il mio cuore era in frantumi ma nonostante ciò presi una decisione per me molto semplice ma che molti definirono coraggiosa: prendere in affidamento Manu, per ricordarmi ogni giorno di me, di Itzi, di quello che c'era stato. Lo ottenni solo a patto che trovassi una compagna o qualcuno con cui prendermene cura. Tornato a Madrid mio fratello mi aspettava in aeroporto, aspettava solo me visto che fino all'ultimo non ho saputo se potessi portare Manu o no. Quando ci vide venne prima da me, mi abbracciò sussurrandomi: 'poi mi spieghi' e poi prese in braccio il piccolo chiedendogli se fosse contento come si chiamasse etc. il pomeriggio, mentre Manu dormiva, raccontai tutto a Pedro, soffermandomi su di me e Itzi, sui motivi per cui l'avevo allontanata e per concludere, il motivo per cui avevo chiesto l'affido. Lui annui, aveva sempre la capacità di capirmi al volo. L'anno successivo fu intenso soprattutto perché avevo un bambino di tre anni da introdurre all'asilo, spiegare la situazione alle maestre e pregarle di prenderlo nonostante non parlasse bene lo spagnolo. L'ho iscritto a un corso per imparare a parlare giocando e ad un corso di introduzione alla danza che sapevo piacergli molto. Una volta sistemate le questioni urgenti, iniziammo a dipingere la sua stanza, colorandoci le mani e imbrattando il muro. Dopo alcuni mesi di ambientazione lo vedevo finalmente felice e sereno. Ripresi il mio lavoro di insegnante, con un nuovo gruppo di studenti e mentre ero via Pedro si occupava della casa e del suo piccolo abitante. Per fortuna che c'era lui sennò non avrei saputo cosa fare. Continuavo a pensare a Itzi, a quello che era stato, a quello che sarebbe successo se io non mi fossi comportato da codardo, sì, perché ero stato quello: invece di spiegarle le mie paure ero scappato rovinano tutto.

Io e lei || ALVITZ ||Where stories live. Discover now