Chapter 9 - peace

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Mi sedetti al tavolo in cucina ed aspettai che Ulrik prendesse posto. Si era offerto di farmi un thé caldo ed io avevo gentilmente accettato. Era strano vederlo gentile nei miei confronti, non ci ero per niente abituata. <<Ecco.>> disse poggiando la tazza di porcellana finemente ricamata davanti a me. <<Grazie.>> mormorai afferrandola. Gli lanciai un veloce sguardo ma non osai incrociare i suoi occhi. Il calore della bevanda mi scaldò le mani e tirai un sospiro di sollievo. Era un toccasana per la mia pelle d'oca e per i costanti brividi. Sentii la sedia davanti a me stridere e notai che Ulrik aveva appe preso posto nel più completo silenzio, bevendo un sorso del suo Caffè Nero. Il suo silenzio coinvolse anche me e l'imbarazzo mi impediva di guardare la sua figura. Al contrario sentivo il suo sguardo bruciarmi addosso. Tenevo gli occhi bassi sulla mia tazza o li facevo vagare per la stanza, guardando gli sbuffi di fumo che si liberavano in aria dal mio thé. Tutto pur di non dovermi imbarazzare il triplo di quanto gia non fossi. Non ero mai stata da sola in una stanza con Ulrik, tranne nelle prigioni e non avevo partiolari bei ricordi di quei giorni. Si, mi intimoriva ad essere sincera. Lo consideravo una minaccia? Non più, anche se aveva un certa influenza sul branco e su Aidan stesso. L'unica cosa che mi tranquillizava era che su untrambi, ormai, avevo più influenza io. Se fossi ancora stata sul piede di guerra gli avrei sicuramente sbattuto in faccia quell'appunto godendomi a pieno il suo fastidio. Lo sentii sospirare e portai lo sguardo su di lui per la prima volta da quando si era seduto. I suoi occhi azzurro ghiaccio mi fissavano in un misto tra il dispiaciuto ed il colpevole. <<Non so sinceramente da dove iniziare.>> borbottò imbarazzato. Avrei voluto suggerirgli qualcosa di carino, ma non ci riuscii proprio. Tutte le sue cattiverie le ricordavo ancora bene, d'altronde come dimenticarle. Mi aveva sempre fatta sentire come la peggiore delle disgrazie capitata a quel branco, l'ultima ruota del carro e inutile. Mi aveva sempre etichettata come la rovina di Aidan e anche se non lo aveva mai esplicitamente detto, ero riuscita a leggerglielo negli occhi ogni santo giorno della mia permanenza in quella casa. Naturamente prima di quell'incontro, quella era la prima volta che mi guardava senza incolparmi di tutto e che mi considerava sua pari. <<Che ne dici di partire dal punto in cui mi svegliavi con un bastone passato attraverso le sbarre d'argento? Te la ricordi la nostra vacanza vero?>> domandai ironica con una punta di acidità. Un sorrisetto malefico mi si formò sul viso, per quanto cercassi di trattenermi son ce la facevo più di tanto. Le sue parole e i suoi gesti brucuavano. Aveva sempre puntato a distruggere la mia dignità era dura da mandare giù, non potevo fargliela troppo facile. Era veramente il minimo quello che avevo detto! Lo vidi stringere le labbra e grattarsi la nuca. Forse avevo appena tirato a segno il primo punto. Ah quanti sassolini dalla scarpa mi sarei tolta... Nemmeno immaginava. <<Ecco a tal proposito, in mia discolpa posso dire che a quei tempi eri una prigioniera e ci sono andato leggero, molto leggero. Non ti ho nemmeno torturato!>> spiegò sorridendo colpevole. In quel momento mi ricodava tanto suo figlio Kyle. Che dolce. Lo guardai male e non dissi nulla. Mi limitai a sospirare pesantemente, infastidita. Alzò gli occhi al cielo. <<Cosa?! È la verità! Comunque il discorso che volevo fare era un altro.>> sbottò. Lo assecondai con un gesto della mano e lo spronai a continuare. Volevo sentire delle scuse uscire dalla sua bocca prima di tutto. <<Mi dispiace per come mi sono comportato con te in questo anno. Sono stato scortese e cattivo e me ne pento.>> iniziò. Si stava sforzando. <<Aidan ha sempre fatto molto per Marta ed io mancando di rispetto a te ho mancato di rispetto anche a lui. Tralasciando questo, mi sento davvero male al pensiero di essermela presa così tanto con te che in tutto questo eri solo una vittima.>> presi un sorso della bevanda calda, mantenendo gli occhi su di lui. <<Voglio delle scuse riguardo alla mancanza di rispetto nei miei confronti, non perchè ferendo me lo hai fatto di conseguenza con Aidan. Voglio che ti penta di quello che hai fatto alla mia persona, non a lui!>> puntualizzai. Non mi importava di Aidan in quel caso, volevo capisse dove volevo andare a parare. Prese un respirò profondo e continuò. Si morse un labbro e si passò una mano tra i capelli. <<Mi sono espresso male. Intendevo dire che io avrei dovuto rispettarti come lui fa con Marta, allo stesso modo, lo stavo prendendo come esempio...>> chiarì. Lo feci continuare. <<Ho scaricato su di te tutto il rancore che provavo per tuo padre e ti ho fatto colpevole dei suoi errori. Se penso a quante volte ti ho offeso mi sento davvero male. Di solito non agisco così con le persone della famiglia.>> feci un sorrisino a quelle parole, nonostante cercassi di mantenermi stronza. <<Quindi mi consideri parte della famiglia!>> esclamai prendendolo in contropiede. Lui annuì, facendomi sorridere. Contava molto per me il suo appoggio, nonostante tutto. Lui viveva in quella realtà da molto prima di me, per certi versi ero io "l'intrusa", l'ultima arrivata. <<Lo sei stata fin dal primo momento in cui hai varcato la soglia di questa casa svenuta fra le braccia di Aidan.>> confessò. Lo guardai stringendo le labbra tra di loro. <<Ho capito solo ora, vedendoti distrutta da ciò che sta succedendo, che siamo più simili di quanto in realtà ho sempre creduto. E mi sento una merda se penso che di aver messo in croce una ragazza di dieci anni più piccola di me, per un capriccio. É stato come sparare contro la Croce Rossa. Avrei dovuto proteggerti, non solo per il ruolo che rivesti all'interno del branco. Avrei dovuto farlo e basta e invece fin dal principio sono stato la prima minaccia a cui tu dovevi far fronte. Non avevi nessuno qui, eri completamente sola dopo la morte dei tuoi genitori.>> il suo tono di voce era basso e dispiaciuto. <<Dovevo essere il primo a tenderti una mano perchè so come ci si sente a perdere i propri genitori per mano di qualcun'altro. Invece ho visto semplicemente una Boswell e non Ava.>> Non riuscivo a portargli rancore, non dopo quelle parole, non in quel momento quando lo vidi con il cuore in mano a chiedere perdono. <<Ulrik, va bene così.>> mormorai. La voce faticava ad uscire, mi aveva completamente lasciata senza perole. Ero spiazzata. <<Sono disponibile a ricominciare e a metterci una pietra sopra, a patto che ti mi dimostri la tua sincerità nei tempi a venire.>> continuai. Volevo davvero la pace in quella casa, però volevo fosse vera e duratura. C'erano già troppe minacce fuori dalla casa branco, dovevamo restare uniti almeno tra di noi e facci forza a vicenda. <<Ma io no, Ava. Mi sento davvero in colpa e non so davvero come rimediare!>> sbuffò, passandosi una mano tra i capelli biondi. Alzai un angolo della bocca, imitando quello che era un sorriso. Sembrava una persona totalmente differente da quella che avevo conosciuto in quei mesi... <<Non posso dirti che le tue offese e il tuo comportamento non mi abbiano ferita in passato. Lo hanno fatto molto e a volte ho davvero pensato di non farcela più.>> iniziai, facendo saettare i suoi occhi cristallini sul mio viso. Erano dannatamente addolorati. <<Ma per un certo senso ho capito il perché tu abbia reagito in quel modo. Non ti fidavi di me e volevi solo proteggere Aidan e il branco.>> continuai facendolo rilassare. Avevo avuto come l'impressione che non stesse respirando mentre parlavo. Annuì con forza. <<Pensavo tu avessi cattive intenzioni con noi.>> borbottò. Qualcosa in quella frase però non mi tornava. Mi accigliai e le buone intenzioni iniziarono a calare a picco. Quella motivazione poteva reggere fino ad un certo punto. Fossero state poche settimane, avrei potuto anche credergli, però era da un'anno che stavo lì, ci avevo anche fatto un figlio con Aidan. Come poteva dubitare dopo tutto quello? <<Anche dopo che ho dimostrato con tutta me stessa di non averne.>> aggiunsi. <<Anche dopo che è nato Fabian.>> dissi, forse leggermente inacidita. Sapevo di poter sembrare strana ai suoi occhi dopo quel repentino cambio di tono, ma stavo improvvisamente perdendo la pazienza. Sospirò, ma non rispose. Si morse un'unghia non riuscendo a guardarmi nemmeno negli occhi. Centratro il punto, Ava. Mi dissi nella mente. <<Sto cercando di capire Ulrik, ma ho bisogno che tu parla e risponda.>> parlai autoritaria. Voleva il mio perdono? Bene, che parlasse con sincerità! <<Non so perché ho continuato a farlo anche quando ho capito che non avevi brutte intenzioni!>> confessò. Per poco non gli risi in faccia.
Le sue ragionevoli ragioni mi colpivano... Alzai gli occhi al cielo e mormorai un "non ci posso credere". <<Forse perché smettere da un giorno all'altro non aveva alcun senso o forse perché ho continuato a portarti rancore fino a quando qualcosa non è scattato nella mia testa.>> le sue giustificazioni erano pressoché banali e anche se lo avessi perdonato, cosa che avrei certamente fatto per il bene comune, non sarebbe stato tutto rose e fiori e amici per la pelle. Volevo delle dimostrazioni da parte sua. Diceva di rispettarmi? Bene, che lo dimostrasse. <<So solo che mi dispiace.>> mormorò. Mi passai una mano sul viso, sfregandomi gli gli occhi e sospirai. Stavamo perdendo fin troppo tempo prezioso dietro quella discussione sul passato. Ormai era, appunto, passato e quelo non avrebbe potuto cambiare nessuno. <<Io voglio davvero voltare pagina con te.>> iniziai a dire e lo vidi sorridere. <<Ma...>> aggiunsi tenendolo sulle spine. Perchè c'era sempre un "ma". <<Hai molto da dimostrarmi. Voglio vedere che fai sul serio e che queste non sono solo parole campate in aria.>> puntai il dito sentendomi quasi come una mamma severa nel dire quelle parole. <<Non te ne pentirai.>> disse e alzò la tazza di caffè nella mia direzione. Nascosi un sorriso e presi la mia tazza, brindando ad un nuovo inizio. Presi un sorso, notando che il liquido nella tazza si stava mano a mano raffreddando sempre di più. <<Alla pace fatta e ai, sicuramente migliori, tempi a venire.>> mormorò guardandomi negli occhi. Io feci lo stesso e forse in quel momento mi sentii parte del branco più di quanto non lo fossi mai stata. Non avevo mai pensato al fatto che l'approvazione di Ulrik fosse così importante per me. Forse il fatto di essere Luna di quel branco mi "obbligava", per così dire, a desiderare il sostegno di tutti e la pace all'interno dei miei rapporti. Era una cosa positiva fino a un certo punto.
Dopo aver finito la mia tazza di thé, mi alzai dal tavolo. Avevo un po' di male alle ossa e avevo freddo e quella scomodissima sedia non era la cosa migliore al momento. Mi strinsi nella coperta e mi congedai, salutando per la prima volta Ulrik in maniera serena e civile.
Con un sorriso trionfante ripercorsi al contrario la strada verso l'ufficio di Aidan, ripensando alla bella cosa successa poco prima. Bussai e mi affacciai con la testa. Sorrisi spontaneamente quando trovai Aidan dormiente sdraiato sul divano, Fabian sul suo petto e il libro aperto sulla sua piccola schiena. La notte prima non aveva dormito molto, aveva fatto la veglia controllando ogni mio singolo movimento. Due tre volte mi ero svegliata e lo avevo trovato con il termometro in mano pronto a misurarmi la temperatura. Mi riempiva il cuore saperlo così attento e protettivo. Quando mi avvicinai e presi il libro in mano lui si svegliò di colpo, allarmato e strinse di più Fabian contro il suo petto.. <<Sono io.>> sussurrai. Lui si schiarì la voce. <<Stavo riposando gli occhi.>> mormorò con gli occhi semi chiusi. Ridacchiai e chiusi il libro poggiandolo sul tavolino da caffè li davanti. <<Dormi, sei stanco. Penso io al mostriciattolo.>> sussurrai prendendo Fabian senza farlo svegliare. Lui annuì senza riuscire nemmeno a tenere gli occhi aperti. Lo baciai velocemente e uscii dall'ufficio tirandomi dietro il passeggino.
Non avevo voglia di tornare in camera, in più avevo tante di quelle cose da fare! Avevo un sacco di cose da risolvere e chiarire, riguardo la mia vita, riguardo quella di Aidan. Da quando ero tornata per così dire nel "mondo dei vivi" non avevo visto per niente Ivan e avevo tante di quelle cose da chiedergli aver stilato una lista mentale. Non avevo la minima idea di quale camera gli fosse stata assegnata e, a dirla tutta, non sapevo nemmeno se fosse nella casa branco o se fosse in giro ad esplorare i nostri boschi. Era un tipo strano ed imprevedibile. Decisi fare un giro per le sale comuni, per vedere se fosse a chiaccherare con qualcuno. Dopo aver controllato in due tre sale arrivai in sala da pranzo per vedere se ci fosse la persona con cui avevo in mente di parlare. Spalancai il portone ed attirai tre paia di occhi su di me. Esultai silenzionamente e soprattutto senza farmi notare quando trovai l'oggetto della mia ricerca seduto al tavolo con Skarsgård e Sanders. Bene, il trio delle meraviglie. Pensai ironicamente. Che gruppetto strano e senza precedenti. <<Stai bene Ava? Non dovresti stare qui!>> mi rimproverò Sanders alzandosi dalla sua sedia. Sbuffai e lui mi lanciò un'occhiata torva che mi fece alzare gli occhi al cielo.
Mi avvicinai ai tre e salutai educatamente. Quell'Ivan mi fissava intensamente, era come se fossi sotto perenne osservazione con lui. Mi infastidiva parecchio questo particolare per il semplice fatto che non mi sentivo per niente a mio agio quando era nei paraggi. E pensare che avrei passato molto, anzi, moltissimo tempo con lui.
<<Stavo cercando te.>> dissi con voce atona, ricambiando il suo sguardo. Mi incastrò con quei due ghiaccioli ed io non distolsi lo sguardo nemmeno per mezzo secondo. Non mi doveva sfidare in quel modo. Passarono una manciata di secondi e lo vidi ghignare. Si grattò il poco accenno di barba biondo-rossiccia sotto il mio sguardo confuso. <<Vedo che facciamo dei piccoli passi avanti...>> commentò sviandomi ancora di più. A cosa si riferiva? Lasciai perdere, ero io a dover manovrare la conversazione, non lui. <<Io e te dobbiamo parlare.>> chiarii all'istante.
Quando vidi che nessuno si mosse puntualizzai. <<Da soli.>> guardai velocemente Skarsgård e Sanders invitandoli a lasciarci con un'occhiata. Il primo sospirò, ma fece come ordinato, mentre Sanders cercò di convincermi a rimanere. <<Davvero, va tutto bene. Ma ho bisogno di parlare con lui.>> lo convinsi, stavolta con un tono di voce più calmo. Lo osservai mentre lanciava occhiate incerte sia a me che al biondo. Si sostenne al suo bastone da passeggio e lentamente uscì dalla sala da pranzo. Quando fummo soli, mi sistemai la coperta sulle spalle e presi posto davanti a lui, avvicinando il passeggino alla mia sedia. Ivan continuava a fissarmi con lo stesso sguardo di poco prima. <<Come stai?>> esordì inaspettatamente. Scrollai le spalle. <<Relativamente bene. Ho tanto freddo e un dolore di ossa paragonabile a quando ti prendono sotto una pressa industriale, ma sono viva. Questo è l'importante.>> dissi facendolo sorridere. A quanto pare era la giornata mondiale del sorriso: sia lui che Ulrik mi mostravano i denti senza ringhiarmi contro, era strano non vederli così seri. Da quanto avevo potuto capire sul conto di questo Ivan, era serio, fastidioso, di poche parole e un grande osservatore.
<<Sei dove dovresti essere, hai appena sbloccato qualcosa nella tua mente che ti permetterà di imparare a gestire il tuo potere.>> lo guardai con un misto di agitazione e felicità. Finalmente! <<Sei solo al primo gradino di una lunga scala ma sarai pronta tra qualche tempo. Farai cose che non puoi nemmeno immaginare, li mangerai a colazione i tipi come il tuo Alpha, fidati di me.>> ridacchiò sull'ultima frase. Io però non ero dello stesso parere. Avevo paura per ciò che mi stava succedendo e non vedevo la parte buona di quel grande potere. Ogni volta che si manifestava era come se fossi sul punto di morire ma magicamente tornassi indietro. Era come se mi acchiappassero al volo per i capelli per non farmi cadere nell'abisso. Quanto sarebbe durata prima dell'arrivo di un attacco così forte da uccidermi definitivamente? Ero debole e ogni volta era sempre peggio. I tempi di riabilitazione aumentavano e l'intensità dei dolori sempre più forte. <<Perché sto così ogni volta?>> chiesi di punto in bianco, facendo ritornare la serietà sul suo volto. Mi osservò e notai un pizzico di compassione nei suoi occhi. <<Il potere è grande Ava, inutile mentire nemmeno Vladimir era così potente.>> deglutii a vuoto, non trovando le parole per rispondere. <<Quando ti vengono queste manifestazioni improvvise è come se il tuo corpo andasse in sovraccarico, come se non reggesse l'improvvisa quantità di potere che ti scorre nelle vene. Troppo da controllare in una sola volta. È per questo che devi imparare a "dosare" il tuo potere: per non arrivare a questo. Sarà lui a controllare te e ti ucciderà se non saprai farlo prima tu.>> concluse.
Respirare in quel momento era così faticoso. Finalmente stavo trovando delle piccole risposte a tutti quei dannati mesi di agonia e quasi non mi sembrava vero. <<Domani riprenderemo gli allenamenti e stavolta non permetterò che tu perda il controllo. Faremo le cose un po' per volta ma dovrai impegnarti.>> si avvicinò mettendomi una mano sulla spalla. Quel contatto mi fece quasi sussultare, tanto era inaspettato. Abbozzai un mezzo sorriso, annuendo. Se non fossi stata debilitata avrei iniziato anche in quel momento ad allenarmi, ma non era saggio, non sarei durata durata mezz'ora.
<<In caso di una possibile guerra...>> iniziai di punto in bianco con voce quasi inesistente. <<Quanto sarei utile?>> domandai fissandomi dritto negli occhi. Forse Sanders lo aveva avvertito perché aveva lo sguardo di chi sapeva già ogni cosa. <<Saresti decisiva per questo branco e per le persone che ami.>> rispose solamente.
Mi lasciò da sola a pensare a quelle parole. Sapevo già chi sarebbe stata una guerra e sapevo anche contro chi. Non sapevo il quando, che era l'informazione principale. Il tutto poteva accadere nel giro di un anno come nel giro di una settimana. Se ero davvero l'unica speranza, dovevo spingermi al massimo. Dovevo ricordare per chi e per cosa lo stavo facendo. Dovevo essere invincibile.

Alpha's snarl - the revenge of the true heirHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin