Capitolo 9. Vendetta.

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Archie.

Tutto gli stava andando di merda, ultimamente. Da quando aveva trovato quel maledetto invito nella sua posta, tutto era andato a rotoli.

Così, quel lunedì mattina, nonostante non fosse neppure sicuro che lei avesse riferito a quel bastardo di Jones che anche lui era lì, a pochi metri da quel teatrino da quattro soldi, fece, ancora una volta, l'errore di sempre: si vendicò. E nel peggior modo possibile.



Blackstars, le stelle nere che salveranno il rock moderno? Da Chapel Hill il coro di fan esultanti dice "si"


È già da qualche mese che per i locali del North Carolina si aggira il "fantasma" di una rock band che sembra pronta a far resuscitare i nostalgici del buon vecchio rock. Il loro nome? Blackstars!

Le "stelle nere" hanno attirato fin da subito l'attenzione, perché, nonostante la loro giovanissima età – tutti e quattro sono under 25 - sanno suonare e cantare come gli idoli dei loro genitori, tanto che c'è già chi li ha definiti come gli eredi dei Led Zeppelin.

Niente talent show per loro, questi tre ragazzi nostrani – più una ragazza, loro coetanea e concittadina – si sono formati alla vecchia maniera: gavetta vera e propria, di locale in locale, lasciando che quell'attitudine rock che pare sgorgare fuori in maniera naturale dalle loro cover, parlasse per loro, riportando in voga un modo di stare sul palco che non vedevamo più dagli anni "70.

Non hanno ancora un'etichetta discografica, né risultano EP pubblicati a loro nome, ma il loro sound è notevole, con una buona ritmica.

Il plus valore sicuramente viene dall'ugola potente e roca al punto giusto del loro frontman, Red Hawks, 21 anni appena.

Sicuramente da tenere d'occhio. Per ora, da Chapel Hill, il coro di fan esultanti non lascia dubbi sul loro futuro.



Archie lesse e rilesse la bozza di quell'articolo fino a impararlo a memoria. Poi, fece uno dei suoi sorrisi sghembi, quello da diavolo sotto mentite spoglie, e, sebbene sapesse – anzi, proprio perché sapeva – che in redazione quel giorno c'erano tutti, persino Scott Harrison e Taylor Longwood, premette l'interfono.

Li aveva fatti installare poco tempo prima – non appena diventato vicedirettore - per ogni scrivania della redazione, e sulla sua aveva piazzato un interfono generale, che gli permettesse di comunicare con tutti in tempi rapidi, senza doversi per forza alzare dalla sua nuova postazione.

«Sì, Archie?» gli chiese un Jones stranamente esitante, quasi meravigliato di sentirlo.

Sì, capo, avrebbe voluto sottolineare Archie, in una sorta di litigata tipicamente maschilista, nel vano tentativo di rimarcare pubblicamente quel potere familiare che, fino ad allora, aveva sempre odiato. Ma non lo fece.

«È tuo questo pezzo sui Blackstars?»

«C'è la mia firma.» Replicò asciutto l'altro, forse respirando aria di maretta.

«Che c'è la tua firma, lo vedo, Jones. Ma lasciatelo dire: questo pezzo fa veramente schifo. Il peggiore che tu abbia mai scritto da quando ti conosco. E dato che ti conosco da quando hai iniziato questo mestiere, è il pezzo più schifoso di tutta la carriera.»

Dato che quel maledetto Jones non avrebbe potuto vederlo, si arricciò metaforicamente i baffi, congratulandosi con sé stesso per quella mossa. «Riscrivilo. Pretendo di avere sulla mia scrivania un pezzo decente su questo gruppo entro la fine di questa giornata.»

La fenice spezzataWhere stories live. Discover now