Capitolo 3

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Quando, dopo alcune ore, Natasha uscì dalla Stanza Rossa chiudendosi la porta alle spalle, aveva il fiatone, i muscoli delle braccia e delle gambe bruciavano come non mai, le nocche delle mani pulsavano per i pugni tirati e i lividi sparsi per tutto il corpo limitavano i suoi movimenti. Le immagini dello scontro le passarono davanti agli occhi e si ricordò come si era procurata quei lividi, ma soprattutto si ricordò chi glieli aveva procurati: il Soldato d'Inverno. Si lasciò sfuggire un sospiro. Quando l'uomo era uscito dal cono d'ombra e si era rivelato la prima cosa che Natasha aveva notato era stato il suo braccio sinistro fatto completamente di metallo e che sulla spalla spiccava una stella rossa; aveva una maschera nera a coprirgli naso e bocca, e i capelli corti gli donavano. Indossava pantaloni e scarpe da militare mentre sopra aveva una maglia di pelle strappata sul braccio sinistro e stretta al busto con delle cinghie. Aveva vari coltelli inseriti nelle tasche dei pantaloni, il suo sguardo era vacuo come se non fosse veramente li in quel momento. In un primo momento la ragazza era rimasta immobile colpita dalla figura che le si presentava davanti, ma poi il suo istinto e il suo addestramento avevano preso il sopravvento quando il Soldato D'inverno l'aveva sbattuta al muro, circondandole il collo con la mano di acciaio, cercando di soffocarla con una forza incredibile. Quando i pugni arrivarono furono capaci di spostarla di alcuni centimetri indietro o di lato, tanto erano forti. Non si era mai battuta con qualcuno di così forte, di così tanto più forte di lei. La lotta era durata molto e Natasha era riuscita ad assestare qualche buon colpo riuscendo a prenderlo forse di sorpresa. Poi, quando lui aveva tirato fuori i coltelli, la situazione era cambiata: cercava di disarmarlo , ma ad ogni tentativo corrispondeva un taglio non profondo ma abbastanza da procurarle un forte bruciore. Alla fine era uscita viva dalla stanza perché una voce metallica aveva stabilito la fine dello scontro, e lei si era rifugiata dietro la pesante porta della stanza. Ora però, li seduta a rimuginare su quanto accaduto, qualcosa le si rimestava nello stomaco mentre pensava al suo aguzzino. Non ebbe il tempo di ragionarci molto però perché la donna bionda tornò e, mentre camminava verso di lei, fece un breve applauso.
"Ottimo, vedo che sei sopravvissuta." Un sorriso inquietante le si allargò sul viso facendo rabbrividire la ragazza, la quale era scattata in piedi.
"Ora va a renderti presentabile e fatti trovare tra dieci minuti nella tua stanza." Detto questo se ne andò senza aspettare una replica. Natasha fece come gli era stato imposto e si diresse verso il suo alloggio. Fu felice quando lo trovò deserto, non sapeva se sarebbe stata in grado di sopportare tutti gli occhi puntati su di lei. Si cambiò gli abiti, cercò di nascondere i lividi con scarso successo e si medicò i tagli. Quel soldato era davvero forte, non sembrava neppure umano dato la forza che aveva utilizzato nell'addestramento. Cercò di non pensare al fatto che presto avrebbe di nuovo avuto a che fare con lui dedicandosi a pettinare i suoi capelli. Nel KGB non permetteva spesso alle ragazze di prendersi un po cura del loro corpo, e quando lo facevano significava che stava per avvenire qualcosa di davvero importante. Natasha si toccò le ciocche rosse chiedendosi se sua mamma le avesse mai accarezzato la testolina con la stessa premura che solitamente si ha con i figli. Non ricordava sua mamma, ma era certa che ne avesse una; o per lo meno una donna che l'avesse partorita. Legò i capelli in una treccia e si sdraiò ancora dolorante sul letto. Chiuse gli occhi e si godette quel poco silenzio più unico che raro da trovare. Nemmeno la notte era silenziosa, solitamente risuonavano i gemiti delle povere ragazze ferite.
Pochi istanti dopo entrò nella stanza la donna bionda. Natasha la riconobbe solo dalla voce.
"Ragazza, vieni con me." Quando Natasha le ubbidì si sentì squadrata dalla testa ai piedi.
"Si, credo che vestita in questo modo andrai benissimo. Peccato per questo, rovina il tuo bel visino." Le sfiorò un taglio che spiccava sulla guancia destra provocandole un leggero pizzicore. Non si lamentò però, sapeva che era l'unica cosa che voleva quella donna spregevole. Senza aggiungere altro la seguì lungo i corridoi che aveva percorso così tante volte da averne perso il conto. Arrivarono nel solito ufficio, ma questa volta era molto più affollato del solito. Vi era un uomo abbastanza giovane, massimo di una ventina d'anni, delle donne posizionate dietro la scrivania e delle guardie a cui il ventenne dava le spalle. 'Guardie del corpo' pensò Natasha quando si sedette dove le era stato indicato, accanto lo sconosciuto. Notò di essere osservata con molto interesse, cosa che la infastidiva parecchio. Cercò di non prestare attenzione a quelle occhiate furtive e si concentrò invece sulla donna.
"Cara Natasha ti starai domandano cosa ci fai qui. Oggi hai dimostrato che sei davvero una delle pochissime in questo istituto che merita il nome di Vedova Nera. Ovviamente dovrai ancora lavorare molto, ma presto potrai diventare una nostra spia e aiutare il tuo paese. Abbiamo in oltre deciso che, appena diventerai maggiorenne dovrai convolare a nozze. È importante per una donna come te avere un compagno. Per questo motivo oggi sei qui. Per conoscere l'uomo che sposerai, Alexei Shostakov. È un pilota collaudatore e, come te, è addestrato a difendersi." Natasha si voltò verso l'uomo seduto accanto a lei che, appena notò di essere osservato, le sorrise.  Lei non provò nulla. Alexei le prese una mano e, portandosela alle labbra, la baciò delicatamente.
"Sono davvero felice di conoscere la Vedova Nera più promettente di tutte. È davvero bella come dicono signorina Romanoff." Natasha arrossì leggermente nonostante non sentisse nulla di speciale per quell'uomo. Era la prima volta che riceveva certe attenzioni da un uomo e si sentì lusingata. Distolse lo sguardo. Alexei tornò a rivolgersi alla donna bionda.
"Pre quanto mi sarebbe piaciuto passare più tempo con questa splendida ragazza, credo sia arrivato il momento di andare, non credi? Sono sicuro che ci saranno altri momenti per stare insieme." Si alzò e si avvicinò alla porta. Prima di uscire però fece un occhiolino a Natasha che arrossì di nuovo. La donna sistemò delle carte sulla scrivania e non fece caso alla ragazza.
"Io devo andare con Alexei, ma ci sono un sacco di cose che ancora devi sapere. Ti lascio qui fuori con Yelena, le ti spiegherà tutto. È la nostra veterana della Stanza Rossa, sono sicura che andrete d'accordo. Eh prima che mi scordi, domani ci sarà l'iniziazione per entrare ufficialmente a far parte del progetto Vedova Nera. Per quanto riguarda il potenziamento inizierai oggi stesso." La donna uscì lasciando Natasha piena di domande. Fu quasi felice di incontrare questa Yelena, magari avrebbe potuto rispondere ai suoi dubbi.

Era una ragazza più grande, non saprebbe dire di quanto. I suoi capelli erano biondi e gli occhi marroni, aveva un bel corpo, proprio come tutte loro, nel complesso una bella ragazza. Per prima cosa iniziò a farle fare un giro nelle parti che non aveva mai visitato. Per prima cosa la portò in una stanza con un letto matrimoniale. Era molto simile alla sua, solo che vi era un solo letto.
"Questa sarà la tua nuova camera, ti porteranno loro le tue cose. Non passerai più tempo con le altre ragazze, ma solo con quelle che sono state selezionate. Non siamo molte ma dicono che siamo sufficienti, io credo solo per il momento. Gli orari saranno totalmente diversi. I pasti, il bagno e gli addestramenti si svolgeranno solo dopo che le altre avranno finito. Li puoi vedere gli orari." Indicò un foglio appeso al muro con aria svogliata, come se quello fosse un copione e lei un'attrice che stava ripetendo la stessa parte per la milionesima volta. Natasha scorse il foglio e notò che mancava una disciplina.
"Ma non faremo più danza?" Yelena scoppiò a ridere ed indicò la parola 'addestramento' prima di 'pranzo'.
"Stronzate. Non hai mai davvero imparato a ballare, solo a combattere. Pensaci: cos'erano tutti i lividi che ti trovavi la sera? Perché non ricordi un solo passo di danza? Non ha più senso così? Sei solo una macchina per uccidere. Come me, come noi del resto. E non credo che saremo mai nulla di più." Natasha non si stupì di quelle parole. Da parecchio aveva scoperto le pillole che le nascondevano nella colazione e le aveva prontamente eliminate ogni mattina. Nascoste sotto la lingua e poi buttate nel primo cesso libero. Però su una cosa Yelena aveva torto.
"Non credo sia vero. Possiamo essere molto di più che delle semplici assassine. Loro dicono  he serviremo il nostro paese, non siamo macchine programmate ad eseguire ordini o cose del genere." Ma forse non era il termine esatto da usare. Alla mente le tornò il soldato con cui aveva lottato la mattina. Lui si che era una macchina per uccidere. Scacciò il pensiero e guardò Yelena accendersi una sigaretta.
"Come ti pare novellina, ma ho smesso di credere alle loro bugie da parecchio tempo ormai. Vieni finiamo il giro." Natasha la seguì e la guardò sorpresa. Come aveva fatto a procurarsi del fumo? Non era vietato? Ma poi pensò che, essendo stata la prima Vedova Nera, doveva conoscere parecchia gente. Il resto del giro fu come una gita scolastica, solo che Natasha non era una studentessa e Yelena non era una maestra.
"Hai domande?" La ragazza ci pensò e fece di si con il capo. C'erano un paio di cose che gli interessava sapere.
"Cos'è l'iniziazione? Me ne hanno parlato oggi, ma non so cos'è." Yelena si leccò le labbra e sorrise senza gioia. Si alzò la maglietta e indicò una piccola cicatrice sul basso vestre. Sul suo volto era dipinto odio.
"Ti rubano della cosa più preziosa per una donna. Ti rubano della possibilità di donare la vita. Ti strappano il bambino che un giorno avrebbe potuto crescere nel tuo ventre. Dicono che quelle come noi non posso rischiare di rimanere incinte, che non possiamo perderci in tali errori. Scelgono il tuo futuro e non ti lasciano scelta. E tutto senza anestesia. Secondo loro dobbiamo imparare a sopportare il dolore. Ma non fa male se paragonato al vuoto che ti senti dentro." Lo sguardo basso e perso di Yelena fece rabbrividire Natasha insieme alle sue parole. Non voleva perdere l'opportunità di essere madre, ma non voleva neanche pensarci in quel momento.
"E-e il potenziamento in cosa consiste?" Si stupì di sentire la sua voce così tremante. Yelena sorrise di nuovo, in modo meno duro ma comunque ancora senza gioia.
"Lo dice il nome stesso. Ti legano ad una sedia e ti ignettato qualcosa nelle vene. Non so cos'è, ma ci rende forti, veloci, insomma ci potenzia. È incredibile come non ci sia qualcosa che non faccia male al KGB. Bhe novellina, credo sia ora di andare. Tra poco proverai questo potenziamento e mi dirai tu stessa cosa si prova. Vai nella tua nuova stanza, ti verranno a prendere li quando sarà il momento." E senza aggiungere altro Yelena tornò nella sua camera singola. Natasha fece lo stesso e si stupì quando ricordò la strada. La testa le vorticava di pensieri e dubbi. Era davvero la scelta giusta? Stava davvero dalla parte dei buoni? Si sedette sul letto e aspettò la sua convocazione.

1) Ovviamente non sappiamo come si svolgevano le pratiche (come il rafforzare le loro capacità ecc...) quindi sono frutto solo della nostra immaginazione.
2)Yelena è una veterana della Stanza Rossa, all'inizio nemica e alla fine alleata della Vedova Nera.
3) La descrizione del personaggio di Yelena è di nostra fantasia (almeno per gli occhi dato che non ne conosciamo il vero colore).
4) Non sappiamo perché inizialmente Yelena era una nemica di Natasha, quindi abbiamo deciso che evidenzieremo piano piano le loro idee diverse riguardo il KGB.
5) Alle ragazze faceva il lavaggio del cervello, ma a noi piaceva di più l'idea di una pasticca nella colazione, così che Natasha ha potuto scoprire l'inganno.

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