Capitolo 7

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Nei giorni successivi la routine di Natasha rimase la stessa. Si alzava, faceva colazione, si allenava, veniva potenziata quando le toccava quella lenta tortura e, alla fine della giornata, veniva a trovarla James nella sua camera. In cuor suo la ragazza non aspettava altro. Da tempo avevano finito di osservare il fascicolo del Soldato D'inverno, ma ciò non aveva interrotto le loro visite. Ad entrambi piaceva la compagnia dell'altro e per nulla al mondo avrebbero rinunciato a quello che avevano. Non importava quanto pericoloso fosse incontrarsi, James sarebbe continuato ad andare da quella Vedova Nera che era tanto diversa dalle altre che conosceva. Ma di tutti quegli incontri clandestini il più bello avvenne in una notte gelida d'inverno, quando la neve cadeva morbida dal cielo scuro illuminato dalla luna. La vide seduta sul suo letto, non si era ancora accorta di lui e lui si dovette prendere qualche secondo per scacciare via i pensieri poco opportuni che la sua mente elaborava guardando il corpo della Vedova Nera fasciato in un paio di pantaloncini ed una leggera camicetta che lasciava poco all’immaginazione. Quelli del KGB non davano alle ragazze abiti pesanti neanche durante l'inverno, così che si sarebbero abituate ancora una volta al dolore. Distolse lo sguardo e si decise a schiarirsi la voce attirando la sua attenzione. Quando Natasha lo vide un sorriso spontaneo le nacque sulle labbra. Si venirono incontro e si strinsero in un abbraccio che di fraterno aveva ormai poco. La ragazza percepì le sue guance diventare rosse quando le braccia del soldato si strinsero intorno alla sua vita esile. Prese un respiro profondo godendosi il suo odore e poi si allontanò leggermente per guardarlo negli occhi.
"Aspetta." Disse e si mise sulle punte per passargli le mani tra i capelli e togliere la neve che vi era rimasta intrappolata. James sembrò apprezzare quel gesto perché un sospiro più pesante degli altri gli sfuggi dalle labbra. La ragazza punto subito gli occhi nei suoi, che ormai erano una pozza nera contornata di azzurro, e tornò a toccare con i talloni per terra. La vicinanza dei loro visi le fece venire la pelle d’oca. Vide gli occhi di James passare dai suoi alle sue labbra, per poi deglutire rumorosamente. Percepì le mani del soldato scendere più giù lungo la schiena e mille brividi si accesero lungo il suo corpo accentuati dal suo sguardo su di lei. Il desiderio di provare la morbidezza delle labbra del ragazzo, o uomo, non sapeva come chiamarlo, davati a lei stava diventando insopportabile. Così si fece coraggio, ma quando fece per baciarlo lui si ritrasse leggermente. Natasha chiamò il suo nome in un sussurro e lui, come se ci avesse ripensato, poggiò le labbra su quelle della ragazza all’improvviso. La Vedova percepiva il suo cuore battere all’impazzata, come se da un momento all’altro potesse uscire dal suo petto. Si staccarono leggermente. Era stato un semplice tocco di labbra eppure la ragazza sentiva il suo corpo in fiamme. Aveva bisogno ancora di quel contatto e così premette di nuovo le labbra su quelle del soldato, che in risposta le fece schiudere le labbra chiedendole l’accesso che lei concesse senza esitazione. Fu un bacio impacciato inizialmente, nessuno dei due lo aveva mai fatto, poi divenne sempre più passionale e disperato. Ad un tratto, tra un bacio e l’altro James tentò di parlare.
"Natasha…" Il suo nome usci quasi come un lamento. Provò ad allontanarsi ma lei lo voleva ancora. Prese il suo labbro inferiore tra i denti e lo tirò verso di se per riavvicinarlo, un suono roco e profondo uscì dalla sua bocca.
"Ti prego...devo...devo andare." Ma la Vedova non si arrese e con un coraggio che non sapeva di avere cominciò a baciargli il collo e a slacciaregli la divisa. James,  che stava facendo di tutto per non perdere il controllo, sapeva che era sbagliato ma quelle mani sul suo petto e quelle labbra lo stavano mandando in tilt. Quando Natasha cominciò a toccare i suoi addominali, il soldato non riuscì a controllarsi e riprese a baciarla con più passione di prima. Le mani di lui trovarono la pelle sotto la camicietta. Le accarezzò i fianchi, ma quanto sentì una piccola cicatrice si ritrasse.
"Sono stato io?" Natasha credette di vedere la cosa più dolce di sempre, allora a lei ci teneva.
"No James non sei stato tu. Sono stati loro a farmi del male. Non avresti mai potuto, lo so." Lui passò le dita del braccio di metallo sulla cicatrice con un delicatezza che non pensava di avere. Sorrise nel vedere dei brividi, di cui il freddo della sua mano non aveva colpa, comparire sulla pelle della ragazza.
"È solo una cicatrice che col tempo sparirà. E poi le hai anche tu, le ho viste." Continuò lei con un sorriso che non presagiva nulla di buono. La ragazza riprese da dove si era interrotta passando le dita sulle cicatrici che, dal braccio di metallo si estendevano sul petto. Quella breve conversazione contribuì nel far ritrovare un po di autocontrollo a James.
"Natasha per favore, non dobbiamo rischiare di farci scoprire." Ma lei parve non sentirlo. Dentro di lei ardeva un fuoco che ormai solo James avrebbe potuto spegnere. La Vedova continuò ad accarezzargli la pelle. Quando però afferrò la cintura dei suoi pantaloni, il soldato le afferrò le mani e le strinse nelle sue.
"Ti prego, fermati. Sono umano, ho dei limiti e non vorrei superarli. Non sta sera." La sua fu una supplica. Il soldato la abbraccio di nuovo affondando il viso nell’incavo del suo collo. Le lascio alcuni cerchietti violacei dove la sua bocca passava. Sorrise quando, alla fine, poggiò le labbra poco dietro l’orecchio della ragazza e, dopo averle mordicchiato il lobo dell'orecchio, con voce roca le disse.
"Nessuno ti impedisce di pensarmi però." Natasha chiuse gli occhi ed avvampò quando un numero indefinito di pensieri poco casti le inondarono la mente. Quando li riaprì lui non c’era più. Nella stanza solo lei e il suo desiderio bruciante che probabilmente non lavrebbe lasciata dormire.

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