Capitolo 17

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Nonostante i problemi e la discussione del giorno prima, Natasha era riuscita a godersi il viaggio. Le strade della nuova città la aiutarono a dimenticare almeno in parte il dolore che provava per Clint, e non potè negarlo, anche Steve aveva aiutato. Di fatti alla fine aveva ceduto alle gentilezze del Capitano e si era ritrovata a parlare con praticamente un perfetto sconosciuto dei suoi problemi. Gli aveva raccontato cose di se che non aveva mai detto a nessuno: come la paura che aveva di poter provare dei sentimenti per qualcuno per paura di ferire Clint; o l'ansia che le anelava attorno all'idea di iniziare una nuova vita. Steve l'aveva ascoltata e consigliata nel migliore dei modi. Neanche Natasha avrebbe saputo dire come ci era riuscito. Prima di tornare a dormire gli aveva rivolto un sorriso di gratitudine, ed era stata contenta di poter dire di aver ottenuto un nuovo amico.
Quando arrivarono a San Francisco e si trovarono davanti al loro appartamento, Matt si scusò.
"Mi dispiace Nat, ma quando ho dovuto affittare la casa non ho pensato di poter avere una coinquilina. Spero che vivere con me per un po non ti turbi." La ragazza sorrise.
"Non preoccuparti. Forza, voglio vedere la casa!" E, in un gesto forse un po affrettato, lo prese per mano e lo guidò dentro l'edificio. Portarono insieme le poche valige di cui erano muniti nell'ascensore. Indugiarono per un secondo davanti la soglia della porta, come se fosse davvero casa loro. Alla fine fu Natasha che inserì la chiave nella toppa e aprì quella finestra sul suo nuovo futuro. L'interno non era molto grande, ma due persone potevano starci benissimo nonostante non ci fossero due letti. Non vi era la cucina, però il salotto era munito di un angolo cottura. Il bagno era la stanza più piccola della casa: riusciva a contenera a malapena il cesso, il lavandino e una doccia minuscola. Nel complesso non era un posto meraviglioso, ma a Natasha parve il più bello che avesse mai visto: con i muri bianchi e blu nel bagno; gli spazi piccoli ma accoglienti; la sedia a dondolo accanto alla televisione che aveva già adocchiato.
"Non è molto, ma..."
"Lo adoro!" Lo interruppe lei ancora intenta a guardarsi intorno. Matt sorrise.
"Sono felice che ti piaccia." Fece una piccola pausa in cui si grattò la testa.
"Senti, prima di arrivare ho visto un bar nelle vicinanze. Che ne dici se dopo aver sistemato le valige ci faccessimo un salto?"
"Certo! Ti avevo promesso che ci sarei tornata, ma purtroppo non ne abbiamo avuto occasione."
Così nel giro di un'oretta (non avevano molti bagagli) si ritrovarono seduti sotto il sole a sorseggiare un caffè. Natasha si guardava attorno affascinata. L'unico posto che avesse mai visto oltre New York era Stalingrado, ma a mala pena ne ricordava qualcosa. L'aria della città le piaceva molto nonostante il rumore dei motori, la puzza di smog e i tipi strani che si potevano incontrare. I palazzi le davano un senso quasi di tranquillità.
"Questo posto è davvero bello. Molto diverso da New York, ma mi piace."
"Già." Natasha non chiese come facesse a saperlo dato che non poteva vedere, ma non fece domande.

Con il passare del tempo e lo svolgersi di molte missioni, la voce che la Vedova Nera e Daredevil fossero in città non ci mise molto a circolare. A Natasha piaceva la sua nuova vita: poteva aiutare gli altri senza uccidere nessuno. Certo, spesso si ritrovavano coinvolti in delle faide, ma nessuno era mai morto. Stava iniziando a capire come poter convivere con il mosto che il KGB le aveva impiantato dentro fin da bambina. Decise anche che sarebbe stato saggio prendere delle decisioni che riguardavano la sua vita privata, in fin dei conti era pur sempre Natasha Romanoff. Così si impegnò per cercare un lavoro adatto da poter svolgere nel tempo libero. Provò con la segretaria di un cantiere, ma si trovò costretta ad abbandonare il lavoro dopo che un incidente le fece quasi rivelare la sua seconda identità; tentò di essere assunta come cameriera in un bar, ma i lunghi turni che spesso aveva nel locale non le permettevano appieno di dedicarsi alla sorveglianza della città e alle molteplici missioni dello S.H.I.E.L.D; perciò alla fine optò per un lavoro che avrebbe potuto svolgere anche nel piccolo appartamentino che condivideva con Matt. Avviò un'attività di fashion designer che, incredibilmente, non si rivelò una cattiva idea. Poteva gestire il suo lavoro di freelancer come meglio preferiva e sentirsi un po più normale.
Quella non fu l'unica svolta che avvenne nella sua vita però. Tornò nel suo appartamento la sera, dopo aver fatto la spesa, e trovò Matt ai fornelli. Dall'odore squisito che affollava la cucina era quasi sicura che avesse preparato il dolce. Natasha posò le chiavi sul mobiletto e le buste sul pavimento prima di sorridere.
"Che buon profumino, cos'hai preparato?" Si mise la mani sui fianchi mentre lui accendeva il forno per farlo riscaldare.
"Una torta per festeggiare il successo della nostra missione di ieri. Spero che il cioccolato vada bene. Hai fatto la spesa?"
"Si, è lì sul pavimento." Fece per andare ad aiutarlo, ma lui la fermò.
"Non preoccuparti, faccio io. Tu rilassati." La ragazza sorrise desiderosa di approfittare di quell'occasione.
"D'accordo. Ti spiace se vado a fare una doccia?"
"Fai pure. Io finisco qui." Natasha ringraziò ancora e si diresse verso il bagno. Evitò attentamente di avvicinarsi al divano. Da quando si erano trasferiti in quell'appartamento Matt era finito a dormire li. Natasha aveva provato a convincerlo a fare a turno, ma lui era stato irremovibile su quella decisione. Un po, doveva ammetterlo, alla Vedova piaceva avere attorno un uomo così gentile, dall'altro era terribilmente a disagio. Non sapeva mai come potersi sdebitare, e ogni volta che provava ad essere carina, lui rifiutava sempre. Si spogliò si mise nella doccia. Si fece scorrere l'acqua fredda sul viso e sul corpo nonostante fuori non facesse caldo così da stimolare la sua mente e per partorire nuove idee. Quando finì nel bagno uscì e si diresse verso l'unica camera da letto. Indossò alcuni vestiti comodi da poter indossare a casa e tornò in cucina. Ora l'odore che aleggiava nell'aria era un misto di cioccolato e sugo, nell'insieme non era male.
"Ok. Ho fatto. Posso rendermi utile?" Matt non si voltò verso di lei, continuò a rimescolare la pasta dentro la pentola.
"Apparecchia che ho quasi fatto." Natasha fece come le era stato detto, e quando finì si accomodò al tavolo. Solo allora notò il giornale che con cura era stato ripiegato e posato da una parte. Lo prese e notò che in prima pagina spiccava un articolo che parlava di loro due.

L'altro giorno, i supereroi noti come Daredevil e la Vedova Nera, sono intervenuti in una rapina alla banca sulla 14esima. Alcuni passanti sono riusciti a scorgere i due e a scattare delle foto durante la loro azione. Nè Daredevil nè la sua spalla hanno voluto rilasciare dichiarazioni. Chi sono i nostri eroi mascherati?

Nonostante fosse un paragrafo molto breve, Natasha lo rilesse più volte. Come si erano permessi quei giornalisti di definirla 'la spalla di Daredevil'? Lei non era assolutamente la spalla di nessuno! Dopo pochi minuti si sentì toccare la spalla, ma non si voltò verso Matt.
"Hai letto quel giornale vero?" Natasha non capiva come facesse, ma Devil sapeva sempre dire la cosa giusta al momento giusto. Lui si sedette su una sedia accanto a lei e le posò una mano sulla spalla.
"Che ne sai tu dell'articolo?" Chiese senza sottrarsi a quel contatto.
"Ho sentito un ragazzo che lo leggeva a suo nonno. Dovevo buttarlo, no portarlo a casa. Ti chiedo scusa Nat. Ma tu non devi darci peso. Sai come sono i giornalisti, si inventerebbero di tutto pur di vendere qualcosa. Ti assicuro che nessuno pensa che tu sei la mia spalla." Fece una piccola pausa interrotto da un sorriso a fior di labbra.
"E se c'è una cosa che ho imparato è che tu non sei la spalla proprio di nessuno. Sei tosta, indipendentemente, sei bellissima e non hai mai bisogno di nessuno. Ti invidio perché a te riesce così bene essere perfetta. Servirebbero più persone come te a questo mondo. Ora sarebbe meglio mangiare prima che si raffreddi." Ma nessuno dei due si voltò verso il piatto. Di tutto il discorso motivazionale di Matt, a Natasha era rimasta impressa solo una frase.
"Che ne sai che sono bellissima? Magari sono un mostro in realtà." Lui le scostò una ciocca rossa dal viso e gliela mise gentilmente dietro l'orecchio.
"Lo so e basta." La Vedova si morse il labbro inferiore. Da un po di tempo non riceveva certe attenzioni. Certo, c'era sempre Clint, ma non sarebbe mai stata la stessa cosa. Sapeva che era brutto da pensare, ma se si fossero messi insieme e le cose fossero andate male con l'amico arcere, non se lo sarebbe mai perdonato. Matt invece sembrava chiederle di provarci. Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che Natasha aveva amato qualcuno che temeva non si ricordasse più com'era. Aveva dimenticato l'emozione del primo bacio; delle farfalle che si fanno largo nello stomaco quando ci si sfiora; dei brividi lungo tutto il corpo che crea la sua voce; della sensazione di completezza che si prova quando è vicino; del sentire il suo provumo; vedere i suoi occhi; assaggiare le sue labbra; ballare sulle note di una melodia che è solo di loro due.
"Matt..."
"Non devi dire qualcosa per forza." No, anche lei la pensava nello stesso modo. Aveva imparato che i fatti valevano più di mille parole. Così si sporse lentamente verso l'altro e gli catturò le labbra in un bacio. Natasha si mosse lentamente, come se avesse avuto paura di fare qualcosa di sbagliato. Sentiva come se avesse tradito Clint nonostante non stessero insieme. Più il bacio veniva prolungato più si sentiva il cuore pesante, eppure non riusciva a smettere. Matt Murdock era riuscito a farla stare bene dopo molto tempo, in un modo che non aveva fatto quasi nessuno. Quando si separarono Natasha lo guardò negli occhi anche se sapeva che lui non poteva vederla. Rimasero in un silenzio assordante per pochi secondi, ma bastò per far scendere un velo di imbarazzo. Fu lui a rompere il giaccio.
"È stato..."
"Già." Matt sospirò e le prese le mani, la loro cena dimenticata sulla tavola.
"Ascolta Nat. Tu mi piaci davvero e secondo me la cosa può funzionare. Se anche per..." Ma la Vedova lo baciò di nuovo non permettendogli di finire la frase.
"Tu parli troppo, lo sai?" Si morse il labbro mentre guardava le labbra dell'altro tendersi in un sorriso.
"Ok me lo sono meritato." Si sporsero di nuovo l'uno verso l'altra, ma il blip blip di qualcosa li interruppe.
"La torta!" Esordì Matt scattando in piedi e facendo rovesciare la sedia sul pavimento. Corse verso il forno e, aprendolo, ne uscì una quantità preoccupante di fumo nero che probabilmente stava ad indicare l'immangiabilità del dolce. Natasha scoppiò a ridere per rilassare i muscoli e far uscire tutta la tensione e l'adrenalina immagazzinate. Si alzò anche lei dirigendosi verso la sua stanza.
"Ti aspetto di là, questa notte non ti permetterò di dormire sul divano, sappilo." E sparì dietro la porta con ancora l'ombra del sorriso sulle labbra.

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