Capitolo 22

62 3 3
                                    

Natasha rimase con Matt per alcuni giorni, il tempo che servì al ragazzo per riprendersi almeno in parte. Tornarono insieme alla Torre dei Vendicatori, Devil con la vergogna impressa a fuoco sulla pelle.
"Non è colpa tua. Non potevi saperlo." Continuava a ripetere la Vedova per carcare di farlo stare meglio, ma nulla di tutto ciò che diceva sembrava sortire un effetto positivo. Non si scambiarono molte parole durante il viaggio di ritorno, e benché Natasha adorasse state con Matt, si sentì sollevata di prendere un po le distanze quando raggiunsero casa. La Torre era grande e incontrarsi per caso divenne difficile. La ragazza sapeva che probabilmente sarebbe dovuta stare vicino al suo amico in un momento come quello, ma proprio non ci era riuscita. Quando era volata da Devil aveva sperato in un po di buon umore, ora non lo riconosceva neppure. Aveva creduto che, riportandolo a casa, sarebbe tornato tutto uguale, eppure nulla fu più come prima. E anche le cose con i suoi amici non si sistemarono. Steve continuava ad essere troppo impegnato per poter scambiare poche e frettolose parole con lei. Natasha si era anche trovata gelosa della ragazza bionda (un agente dello S.H.I.E.L.D sicuramente) che spesso accompagnava il soldato. Presto però scacciò quel sentimento negativo, amica di Steve lo sarebbe sempre stata. Con Clint invece aveva totalmente perso le speranze. Le dispiaceva moltissimo: lui era stato il primo a farle comprendere i propi errori; lui l'aveva portata sulla retta via quando non aveva fatto altro che sbagliare; lui aveva creduto in Natasha quando neanche lei l'aveva mai fatto. A volte le saliva la nostalgia di quel poco tempo che avevano passato solo loro due: quando Clint le aveva guarito le ferite; quando era venuto a casa sua per farle una sorpresa; perfino il tremendo errore di lei quando aveva appena sfiorato le labbra dell'altro con le proprie. Le piaceva salire sul tetto per osservare il cielo nero e senza stelle. Si ritrovava spesso a chiedersi come sarebbe stata la sua vita se fosse rimasta nel KGB. Non voleva pensare a delle cose così tristi, ma non poteva farne a meno. Sapeva di aver fatto la scelta giusta, eppure delle volte aveva bisogno di ammetterlo ad alta voce.

**********

La ragazza era consapevole del fatto che la sua vita non era fatta per essere lineare. Più e più volte le era capitato di cambiare bruscamente direzione, di buttarsi verso l'ignoto per una nuova missione. E quel giorno, quando alla porta bussò qualcuno, stava per cambiare di nuovo.
Natasha aprì e si stupì di trovarsi di fronte proprio Tony Stark. Non aveva scambiato più di cordiali saluti con lui, eppure quella mattina si era presentato sulla soglia di camera sua. Lui si schiarì la voce imbarazzato.
"Ehm...Fury ti sta cercando. Ha detto che si tratta di una cosa molto importante. Ti aspetta nella sala riunioni." Iron Man non aggiunse altro. Si limitò a girare sui tacchi e sparire nel dedalo di corridoi. Natasha sbadigliò assonnata. Si vestì il più velocemente possibile e, prima di raggiungere il suo capo, si fermò a prendere una tazza di caffè dalla cucina.
"Finalmente sei arrivata Romanoff. Ho mandato Stark dieci minuti fa, pensavo di aver detto che si trattava di una cosa importante." Aggiunse imbronciato guardando la colazione. Natasha si accomodò su una delle innumerevoli sedute, la tazza bollente posata davanti a se.
"Bhe sono qui, di cosa si tratta?" Era ancora convinta che fosse una delle solite missioncine che Nick le affidava ultimamente. Qualcosa però le fece cambiare idea, forse l'espessione del capo.
"Nick, va tutto bene?" Chissà perché la sua mente andò subito nella direzione di Clint e di Steve. Non aveva notizie da nessuno dei due da parecchio...e se gli fosse capitato qualcosa di male?
"Occhio di Falco e Captain America...loro..."
"Si stanno bene. Questa è una questione che riguarda te Romanoff, te e il tuo passato." A Natasha il cuore mancò un battito. Sperava che il passato fosse sepolto sotto strati e strati di dolore dentro di lei...e invece quel dolore si era aperto facendola soffrire e facendo scappare il mosto che teneva prigioniero. Fury si schiarì la voce.
"Si tratta di un'altra Vedova Nera. È nota con il nome di Yelena Belova." Cliccò un tasto del telecomando che teneva in mano e lo schermo davanti a loro si accese mostrando la foto di una ragazza. Era cambiata da come Natasha la ricordava, nonostante i capelli biondi e il viso determinato fossero sempre gli stessi. Le fece male guardare il viso di colei che aveva chiamato amica ma che in realtà l'aveva solo ferita. Distolse lo sguardo e lo posò sulla tazza di caffè davanti a se. Improvvisamente non aveva più fame. Fury continuò a parlare, senza sapere ciò che infuriava nel petto della ragazza.
"Ci sono stati vari attacchi in un cantiere abbandonato e abbiamo pensato che saresti perfetta per questo compito." Poi uscì dal ruolo del capo e Natasha lo vide per la prima volta nelle vesti di un amico.
"La conosci?"
"La conoscevo. O meglio ancora, pensavo di conoscerla. A quanto pare mi sbagliavo." Non era forse stata Yelena la prima a non concordare con i metodi utilizzati dal KGB? Non era stata lei a dirle di non fidarsi di ciò che facevano in quella specie di prigione? Allora perché aveva iniziato a comportarsi in quel modo? Sospirò. Fury spense il monitor e si sedette su una delle innumerevoli sedie.
"Vedova, se è una missione troppo personale posso affidarla a..."
"No." Lo interruppe brusca lei.
"Devo farlo io. Quando si comincia?" Era determinata. Sapeva che avrebbe aperto squarci che difficilmente si sarebbero richiusi, ma doveva essere lei ad affrontare Yelena. Per troppo tempo aveva vissuto nell'illusione che tutto ciò che era passato fosse solo un ricordo. Ora le si era presentata l'occasione giusta e l'avrebbe presa al volo.

Il cantiere in cui gli uomini di Fury l'avevano portata era un posto buio e dall'aria abbandonata: il muro scrostato cadeva a pezzi e la puzza di muffa era talmente insistente che Natasha credette che l'avrebbe sentita per giorni e giorni. Nonostante però l'aspetto non fosse dei migliori si decise ad entrare. Non ci fu neanche bisogno di forzare la serratura, qualcuno, un artefice evidente, ci aveva già pensato per lei. Percorse un breve tratto di strada prima di sentire un colpo dietro la schiena. Cadde a terra, ma fu talmente veloce a rimettersi in piedi che quasi non sembrava avesse perso l'equilibrio. Si voltò appena in tempo per schivare un altro colpo con la spranga di ferro, questa volta diretto verso la sua nuca. Una figura ansimante era immobile dinnanzi a lei. Conosceva bene quel viso, e non solo perché Fury glielo aveva mostrato poco prima, ma perché era il viso che accompagnava i suoi primi ricordi. Un milione di domande le sfiorarono la mente: era una Vedova come lei ora? Eseguiva gli ordini convinta fossero giusti? Era ancora dei suoi ideali? Fumava? Era più stata nel loro bagno? Ricordava il loro bussare segreto? Quando parlò, la voce era talmente simile a quella della Yelena di molto tempo fa che fece quasi male.
"Natasha Romanoff, la Vedova Nera in persona. Quale onore ti porta qui?" La ragazza dai capelli rossi provò a rispondere, però per quale motivo la voce non le usciva dalla bocca? Perché all'improvviso si sentiva la gola così secca? L'altra sorrise in modo cattivo, un modo che non le apparteneva. Partì nuovamente all'attacco, solo che questa volta Natasha venne scaraventata a terra. Si ritrovò a rotolare fino a fermarsi contro un contenitore. Il fiato le si spezzò quando il suo corpo colpì il metallo. Yelena non le diede il tempo di rimettersi in piedi. Si scagliò per la terza volta contro la sua vecchia amica. La colpì al viso, allo stomaco, sulla schiena e alle costole, finché la Vedova non rimase immobile. Aveva provato a combatterla, ma non c'era riuscita. E non era il fatto che l'altra conoscesse tutte le sue mosse dato che si erano sempre allenate insieme, ma piuttosto c'era qualcosa dentro di lei che le impediva di far male alla ragazza bionda. Così si fermò sul pavimento, con il sangue che le colava dal naso ai lati delle guance, ad ascoltare Yelena che, a quanto pareva, aveva tanta voglia di buttar fuori ciò che evidentemente si era tenuta dentro per troppo tempo.
"Sai, per tutta la vita, dopo che te ne sei andata, non ho fatto altro che tormentarmi perché volevo essere come te. A chiedermi come mai Strucker non avesse preferito me per quella missione che ti ha permesso di scappare. Se ci fossi stata io al tuo posto, avrei completato l'incarico. Ma adesso mi sono resa conto di aver sbagliato. Io non voglio essere come te, io posso essere migliore. Ho sempre desiderato essere una Vedova Nera e finalmente, quando ti riporterò al KGB, potrò esserlo. Nessuno parlerà più di Natasha Romanoff, sulla bocca di tutti ci sarà il nome di Yelena Belova." A quella parole la vera Vedova Nera sentì il sangue ribbollirle nelle vene. Non le importava se la gente parlasse o meno di lei, figurarsi, ma avrebbe fatto di tutto per impedire a quella ragazz di diventare come lei.

******

Faceva male tutte le volte entrare in quella stanza e guardare Yelena legata e sanguinante. Natasha ricordava bene il dolore che aveva provato lei e le dispiaceva farlo provare all'amica, ma davvero, non vedeva altra scelta. Era riuscita a sconfiggerla in diversi scontri e poi, finalmente, anche a catturarla. Il suo obbiettivo non era farle male, eppure era proprio ciò che Yelena provava quando l'altra iniziava con le torture.
Matt, che dopo la storia di Karen aveva iniziato a riprendersi, non poteva credere a ciò che la sua Natasha stava combinando. Non era da lei far soffrire le persone, soprattutto gli amici. Aveva provato anche a scambiarci due parole, ma non era arrivato a nulla. L'aveva capito che alla Vedova non faceva piacere, allora però non capiva per quale motivo continuasse in modo così determinato. E la cosa peggiore era che erano rimasti da soli! Non c'era neanche più Steve a poterle parlare e Clint ormai non passava più dalla torre. Così, in preda al panico, si trovò costretto a parlare con Fury, l'unico che probabilmente avrebbe potuto fare qualcosa. Ma quando Matt gli riferì tutto, si stupì della calma dell'uomo.
"Devil, se è la possibilità che Romanoff stia diventando cattiva a spaventarti, puoistare tranquillo. Sta solo cercando di far capire a quella ragazzo ciò che significa essere una Vedova Nera. Spera che facendola soffrire ora, le stia evitando una vita fatta interamente di dolore."
"E lei approva questi metodi?" Fury soppesò bene le parole prima di parlare.
"Ognuno ha i propri metodi. Come le proprie ragioni o i propri piani. Ognuno la vede da un modo diverso. Ma chi sono io per impedirle di fare ciò che crede giusto?"

*Allora ragazzi, questa è la fine della storia. O meglio, c'è ancora molto da raccontare, tuttavia ve lo spiegherò meglio nel prossimo capitolo.*

Black WidowWhere stories live. Discover now