Capitolo 13

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Un dolore al fianco e alla testa la fecero svegliare dolorante. Natasha si ritrovò legata ad una sedia in una stanza buia, ad illuminarla solo la fioca luce che passava sotto la porta di metallo. Strattonò violentemente i polsi, nella speranza di trovare la libertà, ma più si muoveva più il fianco doleva. E poi una voce dal buio la fece sussultare.
"Agente Romanoff, non agitarti, peggiorerai solo le cose. Per non parlare dei punti, salteranno tutti se non ti calmi." Un brivido percorse la ragazza. Avrebbe riconosciuto la voce agghiacciante del suo superiore probabilmente ovunque. Strucker si fece avanti finché non fu illuminato parzialmente dalla luce. Natasha continuava caparbia a strattonare le braccia, i capelli rossi appiccicati al viso e il trucco sbavato sotto gli occhi. Il barone le si avvicinò prendendole il mento tra le dita. Glielo fece alzare finché i loro occhi non si furono incontrati.
"E così volevi davvero scappare con il primo ladruncolo che hai trovato? Pensavi davvero che non ti avremmo tenuta sotto controllo? Pensavi forse di essere più furba di noi? Ho le migliori spie del mondo dalla mia parte, tu rimarrai con me finché sarò io a volerlo." Le lasciò il viso in modo violento. Si allacciò le braccia dietro la schiena e iniziò a passeggiare avanti e indietro, pur rimanendo alla luce.
"Non abbiamo idea di chi sia il tuo nuovo amichetto, ma ti prometto che presto sapremo tutto. Non permetterò a nessuno di portarmi via la mia Vedova Nera migliore, tanto meno ad un ladro da quattro soldi." Si voltò verso Natasha, la quale si sentì il sangue ribbollire nelle vene. Non doveva azzardarsi a parlare di Clint in quel modo. Nonostante il suo intento non era mai stato quello di affezionarsi al ragazzo, aveva fallito. Una strana sensazione le percorreva tutto il corpo quando pensava a loro, al fatto che finalmente aveva una persona che riusciva a capirla. Certo, poteva non essere un santo, ma l'aveva salvata dal compiere un'azione terribile, cosa che lo rendeva migliore di lei. Strucker però sorrise, ignaro dei suoi pensieri.
"Per questo sarai tu a dirmi qualcosa in più." A quel punto fu però il turno di Natasha di sorridere.
"Mai."
"Speravo lo dicessi." Il barone si piego sulla ragazza e con la mano destra applicò una leggera pressione sul suo fianco ferito. La Vedova strinse i denti e si limitò ad una smorfia, mai avrebbe urlato per soddisfazione dell'uomo davanti a lei. Quella spinta aumentò ancora, fino a farle mancare il fiato, fino ad farle vedere solo puntini bianchi sui suoi occhi, ma non una parole le sfuggì dalle labbra. Strucker, irritato, diede un'ultima botta più forte delle altre prima di allontanarsi. Natasha riprese fiato. I puntini iniziarono a sparire. Il braccio le bruciava come se mille coltelli ardenti fossero infilati nella sua carne.
"Potrei continuare tutto il giorno ma non importa." Riprese la voce del barone.
"Non ho bisogno di te per avere le informazioni che desidero. Manderò qualcuno. E poi non vorrei rischiare di rovinare quel bel faccino, chi mi andrà in missione altrimenti? Ora..." Si toccò l'orecchio, probabilmente l'auricolare dentro di esso, e in pochi secondi delle guardie del KGB si presentarono dalla pesante porta di ferro. Erano nel loro abbigliamento nero di sempre, armati fino ai denti.
"Solitamente non è un protocollo che mettiamo in atto con le nostre Vedove Nere, ma per te cara Natasha, posso sempre fare eccezioni. È una cosa imprudente da parte mia rischiare che tu dimentichi come combattete, ma sarebbe ancora più grave lasciarti scappare. Procedete" Strucker fece un cenno ad una delle guardie, la quale si avvicinò alla Vedova con in mano una siringa. La ragazza iniziò a capire cosa il KGB ne avrebbe fatto di lei e si mosse sulla sedia. Strattonò di nuovo i lacci che la facevano prigioniera, ignorando completamente il dolore al fianco e la macchia scura che gli si allargava sulla maglietta attorno alla ferita. Altre due guardie si mossero e la tennero ferma mentre la prima le spingeva l'ago nel collo.
"No...n-no....n...o..." Quel liquido iniziò a scorrerle nelle vene e presto attorno a lei il buio della stanza si trasformò nel buio delle sue palpebre.

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Natasha si svegliò di soprassalto nella sua camera. Aveva un fianco fasciato che le faceva davvero male, ma provò a non pensarci. Si passò una mano sul viso e sui capelli, cercando di scacciare quella strana sensazione che aveva addosso. Non aveva sentito la campana della colazione, ma a giudicare dall'altezza del sole fuori dalla sua finestra, probabilmente era passata da un pezzo. Si vestì il più velocemente possibile e scese in mensa cercando di ignorare il più possibile quel mal di testa che aveva di sottofondo. Quando entrò alcuni sguardi si posarono su di lei, la quale guardò invece al tavolo in cui era solita sedersi Yelena. Era vuota, nessuna ragazza dai capelli biondi la occupava. Peccato, le sarebbe piaciuto salutarla. Notò che nei piatti delle altre ragazze vi era il pranzo. Non aveva molta fame, ma per non rimanere digiuna per l'allenamento, si diresse a prendere qualcosa. Mentre sceglieva il vassoio però venne intercettata dalla signora preside, il suo solito sorriso sulle labbra e i tacchi che la rendevano più alta di quanto già non fosse.
"Natasha, sono felice di vederti. Hai due minuti?" Non aspettò una risposta, si limitò a prenderla per un braccio e portarla lontano da orecchie indiscrete. Si ritrovarono al lato opposto della mensa
"Ti ricordi della missione riguardante Iron Man?" La Vedova fece di si con la testa...ma ci era già andata? Provò a ricordare, ma smise subito di tentare, il mal di testa si faceva più forte se continuava a sforzarsi.
"Ottimo. Non so se ti ricorderai degli esiti però. La missione è fallita, Dinamo Cremisi e il suo creatore sono morti e tu sei rimasta ferita. Purtroppo hai avuto un incidente e credo che tu abbia fatica a ricordare le tue ultime due settimane. Abbiamo fatto tutti gli accertamenti necessari. Non hai nulla al livello fisico e crediamo che la tua amnesia, se così possiamo definirla, passerà presto. Se nel frattempo hai dei dubbi è scritto tutto sul tuo verbale. Puoi controllarlo quando più ne hai voglia. Hai il resto della giornata libera. Ora scusa ma devo andare." La preside le posò una mano sulla spalla, la quale si piegò e le fece male al fianco fasciato. Sicuramente, se c'era una cosa che voleva davvero sapere, era come si era procurata quella ferita. Così uscì dalla mensa con ancora molti sguardi posati su di lei. Si diresse verso l'archivio, decisa a leggere quel rapporto. Non si fidava pienamente di quelli del KGB, c'era qualcosa di strano e Natasha avrebbe scoperto di cosa si trattava.

Black WidowWhere stories live. Discover now