Capitolo Diciassettesimo

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Cocci di vetro infranti ricaddero sul pavimento, le finestre furono distrutte quasi completamente da quel che a Victoria parve come una forte esplosione. Voltun e Noel sostennero Cravios e la sorella, che per un attimo perdettero l'equilibrio.

''Non è possibile, non qui!'' Testra strinse i pugni e si girò a osservare i fratelli, sbigottiti da ciò che era appena accaduto. La sala dei ricevimenti piombò nel silenzio più totale, i tre fratelli maggiori si lanciarono una rapida occhiata prima di uscire celermente dalla stanza, seguiti a ruota libera da Noel e Cloudel.

''Sorella, ti prego di seguire Sael. Ti condurrà in un luogo sicuro e lontano dal pericolo.'' Testra adesso era stato chiaro e coinciso, la ragazza avrebbe dovuto seguire Sael e rimanere al riparo finché le acque non si fossero calmate. Victoria annuì e uscì dalla stanza in compagnia del fratello, ripercorsero insieme il corridoio di Cristallo di Efisio, che adesso presentava dei punti di rottura. Sael parve nervoso, affrettò il passo e la sorella con lui. Il ragazzo possedeva due occhi azzurro cielo che incantarono Victoria, sembravano di gran lunga più chiari di quelli di Zelion o di Arvalon stesso. Portava i capelli raccolti in una lunga treccia, color rosso amaranto. Il volto del giovane possedeva tratti fini ed eleganti, quasi femminili. I suoi modi erano aggraziati, ma qualcosa in lui fece intuire a Victoria che avrebbe potuto star tranquilla finché ci fosse stato il fratello.

''Mi dispiace non averti conosciuta in circostanze piacevoli, sorella. Sono sicuro che avremo molto di cui dialogare una volta che tutto questo sarà finito.'' Ci fu un'altra scossa, un altro boato e il pavimento sotto i due tremò e ruzzolarono al suolo. Sael poggiò le mani in tempo per attenuare la caduta, la sorella non riuscì a fare lo stesso e si lasciò andare a un piccolo gemito di dolore. Il ragazzo aiutò Victoria a rialzarsi porgendole la mano, lei l'afferrò dolcemente e si tirò su. Proseguirono per il lungo corridoio fino ad incrociare una statua raffigurante una ninfa, i cui capelli ricadevano sui seni sodi e lo sguardo, seppur di pietra, era ben lontano dal sembrare spento e vuoto. Svoltarono a sinistra, si addentrarono in una sala, ricolma di armi affisse alle pareti e qualche finestra. Erano presenti anche due armature, dovevano rappresentare uomini, alti e incappucciati, privi di volto e con le mani strette sull'elsa di una spada rivolta con la punta verso il piedistallo su cui erano apposte. Un brivido gelido percorse la schiena della giovane quando le oltrepassarono, anche se, in compagnia del fratello, si sentiva protetta. Usciti dalla sala svoltarono a destra, proseguirono per un po' finché non arrivarono alle scale. Adesso non vi erano più finestre che davano sull'esterno, tutta la luce presente proveniva da delle torce sparse per tutta la parete. Il fuoco ardeva di una luce più intensa di quanto Victoria ricordasse, il fratello le spiegò che non era uguale al fuoco del mondo degli umani, ogni fonte di luce in quel mondo diveniva più intensa.

''Secondo te cosa è accaduto?'' la ragazza era in pensiero, dopo il secondo boato parve calare il silenzio su tutto il palazzo. In quel momento, probabilmente, lei e Sael erano gli unici non ancora a conoscenza del pericolo che incombeva. Svoltando sulla destra, dopo l'ultima rampa di scale, trovarono Lavior, accasciato contro un muro con una daga di Cristallo di Efisio a perforargli il petto sulla destra. Victoria si portò le mani alla bocca mentre Sael scattò in avanti a soccorrere il fratello, ferito gravemente.

''No... no no NO. Non farmi questo fratello, non farmi questo, te ne prego, resisti!'' la voce del giovane riecheggiò per il corridoio, rimbombando contro le pareti.  Un suono metallico proveniva dal fondo del corridoio, dove Victoria notò, non vi fossero luci. Sael si rimise in piedi, lasciando Lavior accasciato vicino al muro, lo avrebbe soccorso subito dopo aver sistemato l'essere che aveva fatto questo.

Un bagliore accecante ricoprì Sael, proprio come Arvalon a Londra. Una volta che la luce si dissolse, la ragazza non poté credere ai suoi occhi. Sael adesso portava un'armatura splendente, color oro e con venature rosso vermiglio.
"Resta dietro di me sorella." Victoria non accennò a controbattere, posizionandosi poco dietro al fratello. Un frastuono, metallo pensò Sael, si propagò dalla fine del corridoio fino ai due giovani. Dall'ombra uscì un'armatura, vuota all'apparenza ma ricolma di tenebra. Reggeva una lancia dal manico bianco, che Sael riconobbe subito come l'arma di Lavior. Che il fratello l'avesse perduta durante lo scontro e l'armatura gliel'avesse soffiata sotto il naso? Impossibile, Lavior era abile con le parole, ma ancor di più con la sua lancia.
Sael congiunse le mani, come in preghiera, ma ciò che ne scaturì fu soltanto un altro bagliore che una volta dissolto diede vita ad uno spadone ricurvo, impugnabile a una mano.

"Ascoltami bene sorella, corri a cercare aiuto per Lavior. Io cercherò di attirarlo il più lontano possibile da qui."
Ancora una volta Victoria si sentì in qualche modo rassicurata dal tono stabile del fratello, il cui sguardo era puntato in avanti, verso quell'armatura che trasudava tenebra.
"Giovane sole, credi veramente di uscirne vincitore?"
La sentirono, la voce di quell'ombra, la sentirono forte nella propria testa. Si fece largo fra i loro pensieri, fu così forte che i due quasi caddero in ginocchio solo udendola. Non vi erano dubbi, l'armatura... o meglio, la tenebra che vi era all'interno, aveva parlato loro.

Sael cambio postura, impugnando meglio che poté la spada, lo sguardo gentile del ragazzo si tramutò in rabbioso, quasi furioso.
"Sorella, va'." La giovane annuì e corse nuovamente su per le scale, lasciandosi dietro i due fratelli e quell'armatura maledetta.

Ripercorse la strada fatta di lì a poco col fratello, a passo svelto, col cuore che le martellava in petto e per la testa mille pensieri. Una volta arrivata alla sala delle armature, Victoria sentì un tuffo al cuore. Entrambe erano svanite, i piedistalli su cui erano apposte poco prima, adesso erano vuoti.
Rallentò, sgattaiolò all'interno della sala con passo felpato, guardandosi intorno e sperando, sperando che uno dei suoi fratelli passasse di lì e la salvasse da quell'incubo.

Ci fu un ulteriore boato, un ulteriore scossa, il pavimento tremò così forte che la ragazza cadde a gattoni sul pavimento della sala. Non si mosse da lì, sentì che qualcosa non andava. Alzò la testa e vide una delle due armature levare la spada su di lei, pronta a colpire. Victoria Morrison in uno scatto, quasi istintivo, si gettò a lato, schivando il colpo che si concluse contro il suolo. Si rimise in piedi, fronteggiando l'armatura senza sapere cosa effettivamente dovesse fare. Non ebbe il tempo di pensare che la seconda fece la sua comparsa, sorprendendola alle spalle e ferendola al braccio sinistro con un fendente.
La giovane urlò, balzando in avanti poco dopo per sottrarsi al colpo successivo, che avrebbe potuto essergli fatale. Adesso le due armature gemelle si trovavano una di fianco all'altra, entrambe silenziose e letali come quella che Sael stava fronteggiando al piano inferiore, e che probabilmente anche Lavior aveva fronteggiato poco prima.

Senza un'arma con cui combattere, Victoria Morrison si ritrovò a pensare a come sfuggire alla morte, come evitare l'inevitabile.
La sua mente lavorava senza sosta per cercare qualcosa che si avvicinasse alla risoluzione del dilemma.
Nel frattempo evitava i gli affondi dei due, gettandosi da una parte all'altra della stanza. Le due armature coprivano le uscite, parevano spostarsi con una rapidità impressionante. Per un attimo credette di essere spacciata, poggiò le mani al muro, alla ricerca di qualunque cosa potesse esserle utile, finché non tastò l'elsa di un pugnale che riconobbe esser fatto di Cristallo di Efisio, ma avente, a quanto pare, un colorito particolare. Tendeva al violaceo, quasi rossastro.
L'armatura di destra scatto avanti facendo sibilare la spada, fendendo l'aria orizzontalmente. La ragazza si abbassò in tempo per evitare il colpo, la spada si conficco contro una delle otto travi presente parallelamente nella stanza. Utilizzò il pugnale colpendo al polpaccio l'essere incappucciato. Dalla ferita uscì del fumo nerastro, l'oscura figura cadde sulle ginocchia e Victoria Morrison ne approfittò per sferrare un altro colpo. Lo indirizzò alla nuca, il pugnale si conficcò nel tessuto e la ragazza tirò, tirò forte verso il basso così da squarciare anche parte della schiena.
Ora l'armatura era avvolta in quel suo fumo nerastro e non dava più cenno di volersi muovere.
La ragazza riprese il pugnale e lo strinse forte, si voltò a guardare la gemella della figura ai suoi piedi. Seppur in modo fortuito, si era sbarazzata di una di loro, adesso sapeva che potevano essere distrutte, adesso sapeva che erano mortali, adesso sapeva che poteva farcela.

Il Venditore di SogniWhere stories live. Discover now