Capitolo Terzo

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Abigail tornò nella stanza del signor Forster, con il pranzo, la mela e il coltello da lui richiesto.
Posò sul comodino di fianco al letto il vassoio e uscì dalla stanza con un lieve zoppicare, che il ragazzo mai aveva notato prima. 
Guardò al di sopra del vassoio, si fiondò sul suo pranzo senza indugiare oltre, si ingozzò per scacciare momentaneamente il pensiero di ciò che avrebbe fatto dopo.
Il piatto vuoto fu poggiato nuovamente sopra il vassoio, nell'angolo a sinistra dello stesso si trovavano la mela e il coltello.
Mentre la vecchia percorreva il corridoio un espressione di confusione e perplessità le apparve in volto, poiché Alan non aveva mai richiesto frutta prima d'ora.

Il giovane infatti non aveva alcuna intenzione di mangiare quella mela, pur essendo a detta di Abigail, la più rossa e succulenta che avesse trovato.
Tese una mano a prendere il coltello, lo strinse in una presa non salda quanto avrebbe voluto, tremante e con un senso quasi di nausea avvicinò la lama alla mano sinistra.
Il silenzio regnava nella stanza, sentiva il proprio respiro farsi affannoso e sentiva il suo cuore in preda alle palpitazioni per ogni millimetro che la lama percorreva prima di raggiungerne il palmo.
La lama toccò la sua mano sinistra, sfiorò il palmo come per prendere confidenza con l'acciaio della lama stessa.
"Basta esitazioni" pensò in un attimo sfuggente di coraggio, con un movimento veloce la lama si fece largo tra la carne di Alan Forster, chiuse gli occhi quando avvenne, ne avvertì il dolore, ciò che invece non riuscì ad avvertire fu il sangue, di cui la mano sembrava priva.
Riaprì gli occhi e fissando il palmo rimase sbigottito, non vi era nulla. Nessun taglio, nessuna carne lacerata o sangue presente che facesse pensare che si fosse tagliato.
Aveva avvertito il dolore ma non vi era più nulla, anche quello scomparve non appena lui riaprì gli occhi.

La sera Abigail aveva preparato la cena in modo che comprendesse anche della frutta, pensando che ormai il Signor Forster avesse cambiato i propri gusti o la propria alimentazione.
Alan non disse nulla, non si lamentò o non rimproverò Abigail, anzi fu lieto di vedere come prendesse subito atto di ciò che lui faceva.
"Abigail, stasera potreste non aspettarmi sveglia? Credo mi attarderò più del previsto."
"Come desidera, le devo dare le chiavi signore?"
Alan annuì e attese la domestica, già partita alla volta dell'ingresso per portare le proprie chiavi al signorino.

Finita la cena Alan Forster si alzò dalla tavola, per dirigersi a passo svelto verso la sua stanza.
Sul suo letto come era stato richiesto ad attenderlo c'erano un cappotto color sabbia con un foulard scuro. Indossò entrambe le cose per poi percorrere il corridoio fino alle scale e scendere a elevata velocità.
Uscì di casa e senza alcun piano per la mente, assorto nei suoi pensieri raggiunse Queensbury Road, dove scorrendo di fronte alle varie case, prestò molta attenzione al numero civico presente su di esse.
Una volta arrivato tra il 42 e il 44 non vide nulla, aveva immaginato ogni cosa? Stava forse impazzendo?
Chiuse gli occhi portandosi le mani in volto dalla disperazione che aveva preso il posto della paura mista a curiosità, una volta tolte le mani e una volta aperti gli occhi rimase ancora più sconvolto.
Un negozietto dall'aria familiare comparve in mezzo a due abitazioni, esso stesso aveva un numero civico, 43S.

La porta parve riaprirsi come la prima volta che vi era passato davanti ma notò subito che qualcosa era cambiato. Le luci alle vetrine che rendevano il tutto più vivace parevano aver mutato colore, tendenti più allo scuro, anche le forme dei vari lumi non erano più le stesse, quelle che una volta risultavano soavi e tondeggianti adesso possedevano spigoli e punte che la volta prima, il ragazzo, era sicuro non vi fossero.

"Qualche problema signor Forster?"
Una voce inquietante lo fece sobbalzare, per un attimo si guardò alle spalle dove era sicuro di trovarvi la persona che lo avesse chiamato ma non vi era nessuno, girandosi ancora una volta verso il negozietto notò come sulla soglia della porta ora vi era una figura che pareva conoscere.
"Cosa ne è stato di Charles Green?!"
"Pensavo ve ne foste accorto da solo, signor Forster, non esiste più nessun Charles Green, a esclusione di omonimi."
"Siete stato voi?"
"Alan, mio caro"
ora la voce dell'uomo suonava più calda e inquietante allo stesso tempo, cosa che fece rabbrividire Forster.
"Siete stato voi stesso a far scomparire Green da questa vita, nessuno si rimembrerà più di lui, tranne voi e me. Ovviamente ciò va a mia completa indiscrezione."
Le luci calde all'interno del negozietto parvero, anche solo per un attimo, diventare di colpo più fredde.
"Ma ciò che state dicendo è impossibile, non è umanamente possibile..."
"Avrà notato anche lei come funziona questo negozio, le ho dato una dimostrazione di ciò che può fare, ora sta a lei."
Una volta detto ciò il negoziante rientrò in maniera silenziosa all'interno del negozietto, Alan Forster rimase per un attimo immobilizzato ma poco dopo si rese conto che si stava muovendo da solo, senza la benché minima volontà di farlo.

Varcò la soglia del negozio, l'odore familiare che lo accompagnava la volta precedente sembrava aver ceduto il posto a un odore acido.
Il bancone era all'apparenza più malconcio rispetto alla notte in cui era stato lì, mostrava solchi che una volta non vi erano, rendendolo alla vista più logoro.
"Allora Alan, cosa posso fare per lei oggi?" dietro al bancone il negoziante sfogliava uno strano libro dalla copertina colorata.
"io non-"
"Signor Forster, le consiglio di pensarci bene, lei ha firmato un contratto."
Il giovane ricordò di aver firmato con una penna apparsa misteriosamente sul bancone all'occorrenza, come ricordò di aver scritto il nome del suo domestico con quella stessa penna, rimase in silenzio a sguardo basso, la testa sembrava pulsare tanto che i suoi pensieri si dimenavano all'interno, poi alzando lo sguardo disse :
"Mi faccia veder ancora una volta ciò che ha da offrire..."
"Bravo ragazzo" il negoziante parve compiaciuto, e si affrettò a tirar fuori da un sotto bancone il catalogo, anche quello, pensò Forster, possedeva un aspetto più logoro, ma non ci badò.

Da subito stavolta il catalogo mostrò ciò che vi era scritto sopra, un'occhiata più attenta permise al ragazzo di constatare che vi erano più cose di quanto ricordasse.

Sapienza : 4 Anime
Fama : 5 Anime
Amore : 6 Anime
Ricchezza : 7 Anime
Visioni : 15 Anime
Futuro : 30 Anime
Passato : 50 Anime
Fortuna : 70 Anime
Immortalità : 100 Anime
Controllo sulla gente : 150 Anime
Felicità Perenne : 1000 Anime

"Non sono un ladro mio caro ragazzo, per questo la informo che le anime sono comulative, ha speso l'anima di Charles Green per un giorno di prova di Immortalità dico bene? Sappia che se adesso, per puro esempio, volesse avere la sapienza, della durata di una settimana, le verrebbe a costare solo 3 Anime."
Alan Forster rimase per un momento atterrito da ciò, ma poi tentennante chiese cosa fossero Visioni, Passato e Futuro.
"Vede mio caro ragazzo, queste cose vanno aldilà della comprensione umana, le consiglio di seguire i miei consigli e solo più tardi pensare a ciò."
"Va bene, allora... vada per Sapienza..."
"Ottima scelta ragazzo" il negoziante sfoggiò ancora una volta uno dei suoi sorrisi inquietanti.
"Non devo firmare... o mettere alcun tipo di nome?"
"Signor Forster quella era solo una prassi, ora lei è in buone mani, lasci fare a me. Gestirò io il tutto."
Dette queste parole la stanza prese a vorticare, la spirale era nuovamente sul pavimento di quarzo ingiallito, ancora una volta lo sguardo non si staccò da esso, fino a che le palpebre non si chiusero da sole e non vide più nulla.
Alan Forster riaprì nuovamente gli occhi, dopo quella che pareva essere un eternità, ritrovandosi ancora una volta appiattito contro il suo letto, nella sua stanza odor lavanda.

Il Venditore di SogniWhere stories live. Discover now