Capitolo Ottavo

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Scese per la cena, la sala da pranzo era già pronta. Abigail e Ismael Davis si dedicarono alla tavola, mentre altri due domestici alla cucina. Alan Forster si sedette a capotavola, poggiò i gomiti sul tavolo e si portò le mani in volto, ancora in attesa della cena. Una volta tolte le mani e riaperto gli occhi, Alan Forster sentì un brivido percorrergli la schiena. Si ritrovò in piedi, di fronte al negozietto 43S in Queensbury Road. Alan Forster rimase impietrito, non poteva capacitarsi di ciò che fosse appena successo. Il negozietto si mostrava sempre più logoro, travi graffiate, lumi pungenti e adesso vi era anche un vetro rotto. La porta cigolò spalancandosi, Alan Forster fu attratto all'interno di esso come una falena dalla luce di un lume. Il bancone vuoto, la tenda oscillante nel retro, le luci soffuse, tutte cose che rendevano Alan Forster inquieto, avvertiva come un pericolo, lo sentiva dalle viscere.
''La vedo teso signor Forster'' una voce, pungente tanto quanto una lama, parlò da dietro la tenda. Ne uscì poco dopo il Venditore. Le vesti erano esotiche, un odore quasi speziato proveniva da esse.
''Come sono giunto fin qui?'' il tono di Alan Forster era tremolante, incerto. Il Venditore non si lasciò sfuggire questo particolare.
''Mi ha richiesto, mio caro Alan. Voleva vedermi''
''Nono, quello che dice non ha alcun senso, io ero altrove, in casa mia, questo lo rimembro'' Alan Forster si ritrovò al centro di quel bizzarro e inquietante negozietto. Per un attimo l'aria all'interno di esso parve mancare, lo sguardo del Venditore si posò su Alan Forster e sui suoi occhi grigiastri.
''Sa, credo che io sia la cosa migliore che le sia mai capitata. La società in cui vive è così complicata, piena di problemi e pensieri per la testa. Una ricchezza infinita e un popolo così triste.'' il Venditore poggiò entrambe le mani sul bancone.
''Signor Forster, lei ha molto di suo padre. Vuole negarlo a Ballance, vuole negarlo a sé stesso, ma non può negarlo a me.''
Quelle parole gelarono Alan Forster, la paura cedette spazio alla rabbia mista a curiosità.
''Come conosce mio padre e il signor Ballance, che ne sa lei della mia famiglia?'' la voce di Alan Forster risuonò decisa all'interno della stanza.
''So ogni cosa di lei e al contempo non so nulla, sono solo un umile venditore'' un ghigno quasi beffardo apparì sul volto di esso.
''Adesso basta con questi giochetti, mi dica chi è lei!''
Gli occhi del Venditore si fecero chiari, si potrebbe anche dire che cambiarono totalmente, anche se solo per un istante, divenendo di un giallo simile allo zolfo. I lumi parvero spegnersi, fu un attimo, ma Alan Forster sentì il gelo nelle ossa. Due occhi simili a due Lune lo scrutarono nel buio. La luce fu ripristinata, il Venditore scomparso, la tenda oscillò nuovamente, i lumi assunsero forme più spinose, il bancone si mostrò più logoro. Alan Forster rivide sotto i suoi piedi la Spirale e cadde al suolo addormentato.

''La Millesima è solo un granello di sabbia a confronto...''

L'aria gelida investì ogni cosa quel giorno, anche se le stelle ricopersero il cielo ancora per un po'. Un'uomo uscì dalla sua abitazione, vestiva una pelliccia d'orso per scaldarsi e imbracciava uno dei primi prototipi di doppietta. Lasciò orme sul bianco candido della neve. Prese il sentiero per la foresta, alberi di abete e pini sovrastarono il tutto. Il silenzio regnò sovrano, i passi dell'uomo si fecero sempre più svelti. Lo sguardo sfrecciò da una parte all'altra di quell'immensa foresta, in cerca di una preda, presa di mira ormai da tempo. La neve, per l'uomo, giocava un ruolo fondamentale. Permetteva di distinguere al meglio ciò che vi si spostava al di sopra. Il volto dell'uomo risultava essere allungato, capelli e barba portavano i segni della vecchiaia, occhi azzurri e limpidi come pochi, una cicatrice percorreva parte della fronte e spezzava di netto il sopracciglio sinistro. Della neve si andò a posare su barba e capelli, così come sulla pelliccia d'orso. La brezza colpì le rughe sul suo volto, i fiocchi di neve resero la pelle gelida. Passò all'incirca un'ora prima che avvistasse qualcosa. Un manto nero come le tenebre o forse blu come la notte, a ogni sguardo pareva quasi che cambiasse. Era un maestoso maschio di cervo, lo intravide per la prima volta vicino di un lago, intento ad abbeverarsi, il pensiero di cacciarlo tormentò l'uomo per giorni. Mai in vita sua l'uomo aveva visto un simile esemplare. Oltre al manto scuro, le corna di quest'ultimo erano più candide della neve stessa. Non vi era neve presente sull'animale, come se avesse schivato ogni singolo fiocco di neve caduto, non vi erano tracce di ferite inflitte da animali o da altri cacciatori. La luce della Luna e delle stelle si rifletteva negli occhi del cervo, scuri e profondi come la notte nel grigio pieno inverno. Gli zoccoli dell'animale schiacciavano la neve sotto di essi, sciogliendola al suo passaggio. Il volto scarno dell'uomo, compensato dalla folta barba grigiastra, seguì la bestia. L'animale attraversò il sentiero principale, l'uomo fece lo stesso, così come quando l'animale si spostò con grande agilità tra gli alberi saltando e evitando radici esposte. Per un attimo l'uomo si fermò, una foschia leggera lo circondò in poco tempo, questo bastò a impedirgli di continuare il suo 'inseguimento'. La coltre di nebbia si infittì, solo una cosa fu visibile all'uomo per tutto il tempo, la Luna. Un fruscio, foglie secce schiacciate sotto la neve, questo fece voltare l'uomo. Si ritrovò di fronte il Cervo dal manto scuro, gli occhi profondi e le corna candide. L'uomo guardò dietro di esso, ne scorse l'ombra e rabbrividì, la doppietta gli cadde dalle mani raggrinzite e tremolanti. Gli occhi del Cervo assunsero un colore rosso purpureo, le corna divennero di ghiaccio, l'unica cosa immutata fu il manto scuro. Altri fruscii e dalla nebbia fuoriuscirono altri Cervi, altri diciassette cervi. Circondarono l'uomo così come la foschia. L'uomo si guardò intorno, notò qualcosa di particolare in ognuno di essi, proprio come le fiamme che ardevano negli occhi di un Cervo poco più a sinistra di un pino. Sentendo il pericolo imminente, l'uomo con uno scatto prese l'arma da terra e la puntò proprio in mezzo agli occhi del Cervo che aveva seguito tutto il tempo. Poi il colpo. La nebbia si diradò poco dopo, mostrò un'uomo con il volto completamente distrutto, il sangue ricoprì ogni cosa, la canna della doppietta ancora fumante. Non vi erano orme oltre alle sue, nessuno sa perché l'uomo compì quel gesto. Nessuno, tranne la Luna. Diciannove cervi dal manto scuro correvano ora per la foresta.


Il Venditore di SogniWhere stories live. Discover now