Capitolo Quinto

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''Adesso si diverte con i giochi di luce signora Carson?'' la voce dell'uomo risuonava bassa nelle orecchie della donna, vestita quasi come una domestica, si rallegrava nel accendere vari lumi circondati di vetro colorato in giro per la casa.
''Ho sempre amato i colori e la vivacità che portano, da quando mio marito non è più fra noi mi rasserena pensare che viva ancora attraverso i colori e la luce, che Dio lo abbia in gloria'' la signora Carson era una donna molto credente, la sua casa ne era una prova. Altarini e crocefissi erano presenti in ogni ambiente della casa, umile e a tratti spoglia. Entrando dalla porta d'ingresso si poteva scorgere la sala da pranzo con annessa cucina sulla destra, si veniva investiti da un forte odore di spezie e aromi orientali, probabilmente comprati in qualche mercato nei sobborghi di Londra.

''Piuttosto caro ragazzo, che posso fare per voi?'' domandò l'anziana signora Carson al ragazzo sull'uscio della porta, un bel ragazzo pensò, non c'era che dire.
''Vede signora, la scorsa notte, come credo già sappia, è avvenuta un aggressione ai danni di un certo signor Wallaby. Purtroppo sappiamo che non è riuscito a riprendersi, è deceduto ieri notte. Ma prima di morire il medico riferisce di aver sentito il suo nome, lei lo conosceva?'' l'agente ora si era lasciato la porta alle spalle, rimasta socchiusa.
''Sisi... conoscevo il signor Wallaby, non era riuscito a pagarmi, questione di volontà credo, ho dovuto farlo!'' gli occhi dell'anziana incontrarono quelli dell'agente, sotto il suo sguardo l'anziana mutò. Le rughe piano a piano presero a svanire, gli occhi socchiusi diventarono più vispi, divenne più alta e più massiccia, ciò che adesso il ragazzo aveva di fronte a sé era l'esatta copia di sé stesso. L'agente arretrò velocemente cercando a tentoni la maniglia della porta, non riuscendo a trovarla fu costretto a girarsi e con ancora più sgomento si rese conto che la porta si era allontanata, quella che prima era a pochi passi da lui ora era a metri di distanza. Il ragazzo in preda al panico cercò di correre verso di essa ma la porta sembrava allontanarsi sempre di più ad ogni passo che faceva, quando a un tratto il pavimento cessò di esistere sotto i suoi piedi facendolo così cadere a picco tra le viscere della terra, le sue urla disperate cercarono di raggiungere la luce, finché il tutto non si richiuse e di lui non restò nulla.

Alan Forster si alzò dalla panca, pensieroso e sconcertato per ciò che era successo. Possibile che il tempo si fosse fermato? Era stato tutta una sua invenzione o quel negoziante esisteva davvero? I dubbi aumentarono, così come il vento gelido, pungente sulla pelle scoperta del viso. Il sole stava calando, il tramonto era vicino. Camminando a passo sostenuto, Alan Forster si spostò nuovamente. Dalla torre dell'orologio era tornato sino alla via di casa. Le strade erano ormai completamente deserte, tanto che non incontrò nessuno nel viaggio di ritorno verso casa. Arrivato ormai quasi di fronte alla propria dimora notò che Abigail era fuori la porta, sembrava con uno sguardo perso e confuso, a pensarci bene forse aveva sempre avuto quello sguardo. Senza neanche rendersene conto Alan Forster rallentò il passo e questo non fece che renderlo ancora più inquieto, poiché notò alle finestre delle case dei sorrisi, solo dei raccapriccianti sorrisi, volti senza alcun tratto umano se non un deforme sorriso. Il cuore martellava nel suo petto, prima che se ne rendesse conto si voltò verso Abigail che nel frattempo si era portata le mani sul viso, proprio come quando si è tristi e non si fa altro che piangere. Ma un'altra immagine raccapricciante si mostrò a Alan Forster, la pelle dell'anziana si stava sciogliendo sotto le sue stesse mani, rivelandone un volto privo di ogni cosa se non di un sorriso deforme, proprio come i presenti alle finestre. Le case cominciarono a muoversi, scosse da qualcosa che non si sarebbe detto come un terremoto, Alan Forster pensò che non vi fosse spiegazione a ciò che stava vedendo, quando a un tratto vide solo il buio.

Il terreno lo abbandonò, cedette sotto di lui, e lui sprofondò. Fu rapido, non se ne accorse neanche. La sensazione di cadere finì, come finì il silenzio, rotto da una voce che Alan Forster pareva ricordarsi, quella di un giovane ragazzo, che sussurrava :

La millesima è solo un granello di sabbia a confronto...

Quella frase, si, l'aveva già sentita, ma dove? Un tonfo sordo, un rumore che bastò a farlo sobbalzare oltre al far chiudere gli occhi, ma una volta riaperti si sorprese di non essere più nel buio. Si trovava vicino a una panca, sotto il Big Ben, circondato da persone allarmate per la sua salute, era crollato a terra e non si muoveva da diversi minuti, vani erano stati i tentativi di svegliarlo da quello che pareva come un sonno profondo.
Si mise seduto per un po', un uomo raccontò di averlo visto col capo chino per un po' di tempo prima di cadere al suolo privo di conoscenza. Possibile che si fosse immaginato ogni cosa? Questa volta le prove erano lampanti, era stato tutto frutto della sua immaginazione, si sorprese a scoprire quanto fosse fervida, tanto da creare una figura così inquietante come il negoziante. Scrutò il cielo, il sole stava nuovamente calando, l'uomo si offrì di accompagnarlo a casa onde evitare una ricaduta, Alan Forster accettò di buon grado.

Arrivò a casa ringraziando l'uomo di essersi offerto di accompagnarlo. Bussò alla porta come suo solito fare quando non portava con sé le chiavi di casa ma rimase impietrito quando ad attenderlo oltre la soglia non vi era come suo solito l'anziana Abigail ma bensì il ragazzo conosciuto la mattina stessa, Ismael.

''Cosa fate voi qui? Dove si trova Abigail?!''
''Si calmi signor Forster, non la riconosco. E poi chi sarebbe Abigail?''
''Cosa va dicendo, come sarebbe a dire chi sarebbe Abigail? Non mi prenda in giro.'' urtò il ragazzo entrando in casa, invocò a gran voce il nome dell'anziana ma non ricevette nessuna risposta. Abigail... possibile che anche lei come Charles Green si sia dissolta? Poi un lampo.
''Tu... la tua voce...'' adesso Alan Forster stava quasi sussurrando.
''Ha detto qualcosa signor Forster?'' il ragazzo si avvicinò di qualche passo verso di lui, ma Alan Forster arretrò guardandolo negli occhi terrorizzato.
''Dimmi che ne hai fatto...''
"Io non so di cosa lei stia parlando... forse è meglio che riposi un pò prima di cen-'' il ragazzo non riuscì neanche a finire la frase che Alan corse dritto al piano di sopra, diretto alla sua stanza. Quando entrò all'interno trovò Abigail intenta a rassettare il letto.
''ABIGAIL!'' la vecchia si voltò di scatto verso il giovane alla porta, c'era qualcosa di strano in lei, notò Alan, teneva gli occhi chiusi.
''Abigail perché non mi avete risposto poco fa? E perché avete gli occhi chiusi?''
''Mi scusi signor Forster, ero indaffarata a sistemare la sua stanza, non devo averla udita, per quanto riguarda i miei occhi signore sa benissimo che sono cieca'' Alan Forster rimase immobile, ricordò il sogno, la pelle che si scioglieva, lo sguardo perso della sua anziana governante, occhi vuoti, spenti, persi. Ricordò il buio e la voce del ragazzo, Ismael, si ne era sicuro, era la sua voce, ma a cosa si riferiva con le parole da lui pronunciate? La testa doleva, pulsava. L'odore di lavanda aveva pervaso tutto l'ambiente circostante, ma ora Alan Forster si rese conto che lo stava abbandonando, la vista si stava offuscando ancora una volta e ancora una volta cadde al suolo, svenuto.

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