18🌼 Pago io, paghi tu.

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Una scrivania, una sedia marrone di quelle comode, un piccolo divano, un porta penne nero, alcuni fogli e un computer. Queste erano le cose che mi circondavano nel mio ufficio, nient'altro, tutto così da "studio legale".

Ecco perché ho chiesto il permesso a Trevor, qualche giorno fa, per rendere il piccolo ufficio un po' più confortevole, e per fortuna ha detto sì.
La scrivania si è riempita, oltre che di fogli da lavoro, anche di alcune piantine finte prese in un negozietto poco distante da casa di Logan, la foto mia con Logan e la mamma incorniciata affianco a quella con Carol. Il porta penne l'ho cambiato con uno rosa, alla sedia marrone ci ho messo su un copri sedia rosa e sul piccolo divano alcuni cuscini con lo stesso colore. Se devo lavorare, che sia con uno dei miei colori preferiti intorno, o no?

Quando sento picchiettare sulla porta alzo il volto dai documenti che stavo leggendo e faccio segno ad Austin di entrare. Devo ammetterlo, non mi piace molto l'idea degli uffici con le vetrate, perché quando sono concentrata entro in un mondo tutto mio e mi mette un po' a soggezione il fatto che qualcuno passando possa notarlo.
«Ehi pink lady buongiorno» mi saluta con un sorriso affettuoso e mi porge un caffè.
«Oh ma grazie» lo prendo come un assetata e ne bevo un goccio, poi notando che è ancora bollente lo ripoggio sulla scrivania «mi hai chiamata pink lady?» Alzo un sopracciglio e lui alza le mani colpevole.
«Beccato» sorride sarcastico
«Guarda che ti perdono solo perché mi porti sempre il caffè» sono ormai giorni che si premura di portarmene uno ogni mattina e io non posso fare altro che ringraziarlo.

Lui è uno dei pochi che cerca di avere un rapporto con me a parte Lena, Judie e Jacob, che ho scoperto essere molto amico, oltre che colleghi, con Trevor. Gli altri non mi tendono molto la mano, sarà perché sanno dell'amicizia con Trevor, e quindi si sentono infastiditi, o semplicemente gelosi della complicità che abbiamo, anche se evitiamo di mostrarla in pubblico quando possiamo, non so cosa pensare. Per carità mi salutano, sono cordiali, ma non vanno oltre.
Non è un mio interesse essere amica di tutti, però ammetto che non mi piace essere esclusa da un discorso o sentirli zittire quando vado in sala relax per prendere un caffè, non è proprio una bella sensazione.

«Basta un caffè per essere perdonato da te allora? Mmh facile» scherza lui e io sorrido, magari bastasse così poco a perdonare. Lo guardo meglio e noto che i suoi ricciolini non ci sono più, ha tagliato i capelli e questo credo che lo renda estremamente più sexy, i ricci lo rendevano più dolce, nonostante nel suo fisico, detto francamente, non ci sia niente di dolce. Proprio mentre sto per chiedergli come mai questo cambiamento, un caschetto biondo si affaccia alla porta del mio studio, quando sta per bussare, anche se c'è la porta aperta, le faccio segno di entrare.
«Scarlett ti cerca il signor Miller» così annuisco, prendo il mio cellulare e le carte che immagino voglia controllare, e dopo aver salutato Austin, che torna nel suo studio, busso alla porta di Trevor. È praticamente accanto alla mia, lui è al centro e al lato opposto c'è Austin, in uno studio praticamente identico a quello mio, senza cose rose sparse di qua e di là.

«Ciao Trevor, mi hai fatta chiamare?» Oggi quando sono arrivata lui era già nel suo studio quindi non lo avevo ancora visto. Entro e mi fa accomodare con un gesto della mano.
«Sì, devi accompagnarmi tra un po' in tribunale, poi mangiamo insieme, ti va?» Mi guarda attendendo una risposta che non tarda molto ad arrivare.
«Certo» sorride soddisfatto e dopo ci sediamo vicini per controllare se tutti i documenti che abbiamo preparato per il caso nuovo sono apposto e possono essere ristampati in bella copia.

Quando Isabel entra nello studio, dopo aver stranamente bussato, resto un po' stranita per il suo comportamento insolito, non mi riserva nessun tipo di sguardo e a mala pena alza la testa quando porge alcuni documenti a Trevor per farglieli firmare, sembra imbarazzatissima.

In questi giorni mi ha guardata sempre con insufficienza e superbia, come se lei fosse la regina e io un'inutile schiavetta al suo servizio. Per fortuna che sono segretaria di Trevor e non sua, altrimenti mi avrebbe fatto passare le pene dell'inferno, ne sono sicura.

«Cosa l'è preso?» Chiedo una volta che va via in assoluto silenzio.
«Mah niente» risponde lui vago negandomi l'accesso ai suoi occhi tenendoli puntati su un punto fisso del foglio che stava leggendo, ma ora non sta leggendo, i suoi occhi mi stanno solo evitando
«Trev?» come pensavo, e speravo, lui alza gli occhi e mi guarda.
«Niente davvero, cose nostre» annuisco un po' dispiaciuta dopo quella risposta.

Ma che mi aspettavo? Che mi raccontasse tutto senza problemi? Stranovisto che poi io sono la prima a non dire nulla di me e dei miei problemi, faccio davvero ridere.

In effetti...

Quando usciamo dal tribunale con la vittoria in mano siamo molto più sollevati. Era un caso da niente rispetto a molti altri, ma comunque non sai mai come si ribaltano certe situazioni quindi resti sempre con l'agitazione fino alla fine, anche se magari non lo mostri, nessuno se ne accorge, ma c'è. Era la prima volta che guardavo Trevor in aula, è stato impeccabile, mai una parola sbagliata, mai un tentennamento, portamento sicuro, preciso su tutto, su ogni cosa.
«Dove andiamo a mangiare?» Domando mentre mi metto comoda sul sedile cercando di scaldarmi le mani che nel tragitto fino all'auto si sono congelate.
«Ho prenotato in un ristorante italiano, ho pensato ti potesse piacere» i miei occhi si illuminano perché adoro il cibo italiano e credo che lui se ne sia ricordato.

Lo guardo mentre si sfila la cravatta lanciandola sul sedile di dietro e poi comincia a sbottonarsi tre bottoni della camicia.
«Hai pensato bene» mi schiarisco la voce e nel frattempo la mia pancia comincia a brontolare in modo poco carino, così Trevor dopo avermi presa in giro, fa partire l'auto.

Il posto è molto carino e i camerieri che salutano con "buongiorno signora e buongiorno signore" con un accento poco italiano, mi divertono tantissimo. Tutto di questo ristorante e italianizzato, fin troppo, dalla tovaglia rossa ai piatti bianchi fino al tovagliolo verde.

Trevor dopo avermi gentilmente aiutata a sedere spostandomi la sedia, mi ha spiegato che è già stato qui spesso, e il venerdì, cioè oggi, fanno gli spaghetti con il pomodoro che sono una goduria per il palato, tant'è che quando chiedo il bis Trevor davvero non la smette di prendermi in giro chiamandomi "ingorda".

Parliamo del più e del meno, di vecchi ricordi, vecchi amici e di che fine hanno fatto durante questi anni che è andato via. Non so proprio di tutti perché ognuno poi ha preso le proprie strade, com'è triste e giusto che sia. Mi ha sorpresa sicuramente il fatto che lui abbia mantenuto alcuni rapporti con alcuni di loro, mentre con me no. Tra me e lui non c'è mai stato nemmeno un ciao inviato per sbaglio.
Non so perché, ma non gli espongo questa mia curiosità, quindi tra un ricordo e un bicchiere di vino continuiamo a mangiare.

Quando arriva il conto lui fa per prenderlo ma io sono più veloce.
«Scarlett non voglio sembrare un cavernicolo, ma ti prego fai pagare me» tende la mano ma io scuoto la testa.
«Ti devo ripagare in qualche modo per avermi salvata da tartine con sopra chi sa cosa»
«Mi hai ripagato alla grande invece» le guance che vanno a fuoco dimostrano quanto non mi aspettassi questa sua risposta così diretta, come al solito.

Per fortuna a salvarmi è il cameriere che torna per ritirare il conto e sotto lo sguardo abbastanza irritato di Trevor gli porgo il denaro e anche la mancia.
«Grazie» il cameriere che ha imparato credo solo queste parole sorride e va via.

«Ti devo una cena» mentre sto per ribattere continua «e non ne voglio discutere» alzo gli occhi al cielo perché so che è inutile farlo.
«Però stai attento, che poi sono costretta a baciarti per ripagarti, altrimenti non né usciamo più dal paghi tu e pago io» sorrido maliziosamente quando noto Trevor ammutolito mentre si gratta la nuca con una mano mentre l'altra continua ad averla sul manubrio, e per una volta mi sento vittoriosa per non essere io quella presa alla sprovvista.

Senza dargli modo di dire altro apro lo sportello e scendo dall'auto lasciandolo sorridere come un ebete, il bello è che io faccio lo stesso.

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Spazio Autrice 🌼

Ebbene sì, la questione bacio spunta sempre 😂

E a quanto pare Isabel è molto imbarazzata, sarebbe strano il contrario, no? 😂

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𝑪𝒉𝒊𝒍𝒍𝒔Where stories live. Discover now