Prologo

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Le cose più belle della vita, arrivano quando meno te l'aspetti. Regalano gioia immensa, felicità allo stato puro, ma non sono facili da raggiungere. Il destino te le mostra, te le fa bramare e crea per te la strada diretta per arrivare ad esse ma, quando fai il primo passo per raggiungerle, interpone tra te ed esse mille ostacoli, dolori e difficoltà. La rende una sfida, come una prova, un gioco a premi. Alla fine però, quando tutte le difficoltà sono svanite e abbattute, quando tutte le preoccupazioni, le ansie e i dolori svaniscono, rimane ciò che di più bello c'è alla fine del gioco, la cosa che hai bramato e voluto per tutto quel tempo, e non la scambieresti per nulla al mondo.

Questo, era ciò che Newt pensava di suo figlio Caleb.

Lo aveva avuto a diciannove anni, con la sua ragazza dell'epoca. Erano stati stupidi e da ubriachi avevano commesso l'errore di non usare precauzioni, e dopo due settimane, lei aveva capito di essere rimasta incinta. In un primo momento, decisero entrambi di abortire, non volendo rovinarsi la vita per un piccolo errore, poi avevano cambiato idea, quando si resero conto che ce l'avrebbero potuta fare, rimanendo insieme. Portarono perciò a termine la gravidanza, e lei diede alla luce un bambino biondo, paffutello ma piccolo di statura, che aveva un viso dolcissimo. Quando aprì gli occhi li videro di un azzurro splendente, ereditato dalla mamma di Newt. Quest'ultimo lo aveva amato con tutto se stesso dal primo momento in cui l'aveva visto, e lo aveva amato come mai aveva amato nessuno in vita sua.

Tornarono nel piccolo appartamento che avevano preso in affitto dopo tre giorni dalla nascita, e iniziarono la loro nuova vita insieme. La serenità durò solo sei mesi, dopo i quali una mattina, Newt si svegliò nel letto da solo, e notò metà camera completamente spoglia. Andò a controllare l'armadio che le apparteneva e lo vide completamente svuotato. Il bagno era stato liberato di tutti i suoi trucchi, dei suoi profumi e dei prodotti che utilizzava. La paura si impossessò di lui, e tornò nella camera da letto, correndo verso la culla di Caleb, trovandolo beatamente addormentato. Fece un sospiro si sollievo, prendendolo tra le braccia e stringendolo a se.

Si diresse verso la cucina, notando anche lì la mancanza di alcuni oggetti alla quale teneva. Sul tavolo, il biberon di Caleb sorreggeva una lettera, con il nome di entrambi scritto sopra.

Quando la lesse, gli si ricoprì il volto di lacrime, e continuò a stringere Caleb al proprio petto, incredulo. Li aveva abbandonati perché si era innamorata di un altro, e non avrebbe più voluto essere la mamma di quel bambino, che fin dall'inizio non sentiva suo. Newt continuò a piangere, guardandosi intorno sperando che tutto quello fosse un sogno sapendo, nel profondo, che ciò che stava vivendo era troppo nitido per poterlo essere. Quella notte rimase sveglio, poggiato al divano, stringendo Caleb e cullandolo. Rimase immobile, mentre fissava la televisione spenta davanti a lui, iniziando a ragionare su come avrebbe fatto senza di lei.

Guardava suo figlio, e si sentiva in colpa per avergli donato la vita, per averlo messo al mondo e odiava lei per avergli tolto la mamma, la persona che avrebbe dovuto amarlo più di tutti al mondo. Si sentiva in colpa per il futuro che li attendeva, per gli ostacoli che avrebbero incontrato.

Quella notte parlò con lui, sottovoce, per non svegliarlo. Gli promise che lo avrebbe amato per sempre, che non lo avrebbe mai deluso e che sarebbe stato al suo fianco in ogni momento. Gli promise amore eterno, come se servisse effettivamente, ma voleva che lui ne fosse al corrente. Gli giurò che sarebbe stato all'altezza della situazione e che non gli sarebbe servita una mamma, perché c'era lui che faceva per entrambi. Gli promise il doppio dell'amore che un bambino normale avrebbe avuto, e promise a se stesso che quella non era la fine, ma solo l'inizio di una grandissima vita.

Lightning || Newtmas AUWhere stories live. Discover now