Capitolo 14

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Il lavoro, per Newt, era sempre stata una valvola di sfogo. Quando si sedeva alla sua scrivania, apriva il computer e prendeva la matita e la gomma tra le mani, il mondo smetteva di esistere. Era sempre stata l'unica cosa in cui si riteneva bravo, ed era grato ogni giorno a Minho per aver creduto in lui. Si sentiva fiero di se stesso, quando le idee per nuovi progetti gli balenavano nella mente, costringendolo all'incessante bisogno di disegnare, di creare un ambiente per qualcuno, per farlo felice. Poi, quando vedeva i progetti diventare realtà, si rendeva conto che era bravo e che, effettivamente, aveva reso qualcuno felice. Amava vedere il volto dei bambini, quando finalmente avevano la camera dei loro sogni, oppure amava vedere le mamme, innamorate della loro nuova cucina. Amava vedere negli occhi dei suoi clienti, la felicità di avere un posto dove sentirsi bene, a proprio agio e a casa. Quella fu la sensazione che provò quella mattina, la sensazione di estrema felicità, goduria e orgoglio per se stesso. La sensazione di gratitudine per la fiducia che gli era stata concessa e si sentì ripagato per tutte le ore passate a lavorare. Aveva provato tutto quello, guardando il volto di Thomas, mentre entrava nel proprio ufficio per la prima volta.

«Mio Dio Newt, è pazzesco» disse, portando le mani alla bocca e girando su se stesso, mentre sorrideva con gli occhi. Si guardava intorno con sguardo incredulo, ma le labbra erano ferme in un sorriso che difficilmente sarebbe scomparso. Iniziò a toccare ogni cosa, partendo dalla scrivania, toccando ogni angolo e facendo il giro di essa, ritrovandosi davanti quella sua amata finestra. Osservò il panorama, grigio e buio a causa della tipica pioggia londinese, ma lui non smise comunque di sorridere. Continuò a camminare e toccò la cassettiera, aprendola e notando i raccoglitori, ancora vuoti, che erano stati messi all'interno e il sorriso divenne ancora più grande. Fece un ultimo giro su se stesso, guardandosi ancora intorno per poi fermarsi, con il respiro corto e gli occhi fissi su Newt.

«È meraviglioso» disse in un sussurro, voglioso di correre verso di lui, per baciarlo ripetutamente.

«Sono contento ti piaccia» sorrise Newt, contento di averlo reso felice, sicuro che se fossero stati soli gli si sarebbe avvicinato, baciandogli quel sorriso.

«Newt è magnifico tutto, veramente. Posso tornare di nuovo nel mio ufficio? Due minuti e poi possiamo andare» disse Mark, che era rimasto sulla soglia della porta.

«Ma certo, ormai è vostro ragazzi fate come volete» rispose Newt, vedendo subito dopo Mark sorridere, sparendo dietro l'angolo.

In un secondo, le mani di Thomas gli circondarono i fianchi, e venne spostato dietro la libreria, in modo tale che nessuno li vedesse. Thomas unì le loro labbra, sorridendo nel bacio, troppo felice per contenersi.

«To..Tommy, dai siamo in pubblico»

«E quindi? Tu hai detto che potevamo fare come volevamo perché ormai è tutto nostro»

«Si ma il mio "fate come volete" non comprendeva una sveltina dietro la libreria, con Mark nella stanza accanto, con la ditta di pulizie per tutto l'ufficio e la porta aperta per giunta» disse Newt, sistemandosi la camicia, e subito dopo i capelli che si erano scompigliati nel bacio.

«Quindi se fosse stata chiusa, avrei potuto togliere questa camicia, magari baciarti il collo come ti piace tanto, e poi scendere in ginocch-»

«Ho capito Tommy, ho capito» disse Newt, mettendogli una mano sulla bocca per farlo stare in silenzio, cercando di nascondere che avrebbe voluto che il mondo intorno a loro sparisse per poterlo spogliare lì, in quel momento.

Thomas rise, per poi staccarsi da lui, facendogli segno di passare per uscire finalmente da quell'ufficio. Mark li seguì poco dopo, così come la ditta di pulizie, che aveva finito il suo lavoro.

Lightning || Newtmas AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora