Capitolo 1.

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«Caleb, corri o farai tardi a scuola» disse Newt, farfugliando a causa dei biscotti masticati che aveva in bocca, mentre infilava la camicia del lavoro e la giacca. Prese poi lo zaino di Caleb, assicurandosi che ci fosse tutto il necessario per la giornata, e infilò al suo interno la merenda e anche qualche frutto.

«Ho fatto» disse Caleb, correndo giù per le scale, con la mano poggiata al corrimano per paura di cadere. Fece l'ultimo scalino, per poi correre verso il padre, che gli passò lo zaino mentre beveva un goccio d'acqua. Newt prese poi le chiavi della macchina, quelle di casa e spinse Caleb fuori dalla porta, controllando l'orario e rendendosi conto che avrebbe dovuto sfrecciare per le strade di Londra, essendo tremendamente in ritardo. Fissò bene Caleb sul seggiolino posto nei sedili posteriori, e si diresse velocemente verso la propria portiera, entrando e mettendo in moto alla velocità della luce.

Non accese nemmeno la radio, cosa che lo fece stressare doppiamente. Continuò a guidare, senza prestare attenzione a ciò che lo circondava, tranne a Caleb, seduto dietro di lui. Lo osservava ogni tanto, attraverso lo specchietto retrovisore, e sorrideva nel vederlo giocare con il suo nuovo supereroe, che gli aveva regalato la zia qualche giorno prima. Lo faceva volare, mimando con la bocca il suono del vento.

Newt sperò che il tempo si fermasse, per poter rimanere insieme a lui per altre ore, giorni e anni. Lo aveva visto crescere in un batter d'occhio e gli sembrava solo il giorno prima, che lo aveva visto nascere, aprire gli occhi ed emettere qualche suono. Lo guardava in quel momento, e lo vedeva cresciuto, i capelli sempre più presenti sulla sua testa e il volto che iniziava a definirsi sempre di più, mostrandogli la somiglianza con se stesso, ma soprattutto con la mamma.

Gliela ricordava ogni giorno della sua vita, la rivedeva in lui in ogni gesto, nella smorfia che prendeva la sua bocca quando sorrideva, o quando piangeva. La rivedeva in lui quando si addormentava, e le ciglia si appoggiavano lunghe e folte sulle guance morbide. La rivedeva in lui nei sorrisi, nei discorsi e nei suoi modi di fare.Ci aveva messo anni per dimenticarla, e ancora più tempo per odiarla. Ma, nonostante la odiasse con tutto se stesso, non riusciva a pentirsi del periodo in cui l'aveva amata. Non riusciva a rimpiangere di averla conosciuta, perché lei gli aveva donato la cosa più bella e preziosa che aveva, e avrebbe potuto solo ringraziarla, per sempre.

Arrivarono davanti la scuola, ormai quasi vuota. Newt parcheggiò alla velocità della luce, per poi scendere e tirare fuori dalla macchina anche Caleb, che nel frattempo aveva messo il cappellino per non sentire il freddo di metà Novembre.

Lo prese in braccio, per poi iniziare a correre verso l'entrata, sperando che non l'avessero chiusa. Vide poi la bidella chiudere la porta, poco prima che potessero arrivare.

Newt smise di correre, per poi sospirare stremato. Guardò Caleb, che sorrideva, avendo capito che quel giorno avrebbe saltato la scuola.

«Ridi eh?» Disse, accennando anche lui un sorriso, per poi tornare indietro verso la macchina. La aprì, togliendo lo zaino di Caleb dalle sue spalle, per poi posarlo sul sedile. Sistemò nuovamente Caleb sul seggiolino, accarezzandogli il volto. Si andò poi a sedere al posto del guidatore, mettendo in moto la macchina. Solo dopo essere uscito dal parcheggio, prese il telefono dal cruscotto e fece partire la chiamata che più odiava fare.

«Pronto Newt?» Disse l'amico, con evidente sorpresa.

«Ciao Minho, so che mi odierai ma farò tardi oggi. Rimarrò di più nel pomeriggio promesso»

«Ma figurati, che è successo?» Chiese l'amico dall'altro capo del telefono.

«Ho fatto tardi e hanno chiuso la scuola. Devo portare Caleb dai miei»

Lightning || Newtmas AUWhere stories live. Discover now