Capitolo 13

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«Lui com'è?»

«In che senso?»

«I primi giorni lo odiavi, ora state insieme, cosa ti ha fatto cambiare idea?» Chiese Minho, mentre sistemava gli ultimi fogli della giornata, riponendoli nel cassetto apposito.

Il tramonto illuminava la stanza, e Newt era seduto davanti la scrivania, con il sorriso sulle labbra. Avevano finito l'ultimo incontro con i nuovi clienti, e si godevano gli ultimi istanti prima di tornare a casa, ognuno alle proprie vite. Erano entrambi stanchi, stremati dalle settimane passate a lavorare senza sosta, grazie all'aumento di progetti da realizzare. Avevano due costruzioni in corso, e si erano ritenuti obbligati ad assumere una nuova ditta di lavori, che potesse aiutarli.

«Non saprei dirlo con precisione, forse il suo essere così fastidiosamente insistente. In quel mese l'ho conosciuto meglio e mi sono ricreduto, la sua è una facciata e voglio conoscere ogni sua sfaccettatura»

«Io so cosa ti ha fatto cambiare idea a tal punto da fidanzarti dopo quattro anni di nulla» disse Minho, mentre spegneva il computer.

«E cosa? Il suo fisico e gli addominali?» Rise Newt.

«No idiota, anche se quelli migliorano solo la situazione. Hai cambiato idea perché non è scappato quando ha saputo di Caleb. Tu non ti fidi di nessuno, a tratti non ti fidi nemmeno di me, con lui invece ti riesce facile. Ti fa sentire al sicuro» disse Minho, mentre entrambi uscivano, finalmente dal suo ufficio.

«Si forse hai ragione» rispose Newt, grattandosi la testa imbarazzato. Ed era vero, aveva ragione. Thomas gli trasmetteva serenità e fiducia, gli faceva dimenticare delle cose brutte successe in passato e lo rassicurava sul fatto che non avesse minimamente intenzione di lasciarlo. Non se lo dicevano, Thomas non parlava delle proprie emozioni, ma Newt lo capiva. Lo capiva dai suoi gesti, dalla gentilezza con cui gli accarezzava il viso, dal trasporto quasi maniacale che aveva quando si baciavano, e dal sorriso e il battito accelerato che ne conseguiva. Lo capiva dal suo sorriso, stampato sul volto durante la maggior parte del tempo che trascorrevano insieme.

Aprirono la porta dell'ufficio, e Newt lo vide, sorridente e felice, che aspettava appoggiato al palo della luce. Ogni volta che i loro sguardi si incontravano, Newt si sentiva a casa. Quella pozza scura gli trasmetteva emozioni che non provava da anni, e che si era ripromesso di non voler più provare. Quando era con lui, si sentiva finalmente completo, come se la parte del puzzle mancante, fosse finalmente al suo posto.

«Ciao Minho, ci vediamo domani» disse, girandosi verso l'amico, che stava chiudendo la saracinesca.

«Ciao Newt, ciao Thomas» disse Minho, per poi fare un cenno con la mano libera al ragazzo poco distante da loro, che ricambiò.

«Ehy» disse poi a Newt, prendendo i lembi del suo giacchetto e unendo le loro labbra. Lo fece con delicatezza, ma mettendo all'interno di quel bacio tutta la mancanza di quelle ore in cui non si erano visti.

«Andiamo?» Chiese Newt, staccandosi dal bacio, per poi aprire la macchina voglioso di arrivare a casa e mettere una tuta comoda.

«Si, andiamo» rispose Thomas, facendo il giro del veicolo ed entrando dal lato del passeggero. Newt fece lo stesso, sistemando il sedile per guidare meglio, e accendendo subito i riscaldamenti. Salutò con la mano Minho, per poi partire, diretto verso casa.

«Com'è andata a lavoro?» Chiese Thomas, mettendo le mani sulle bocchette dell'aria, sentendo il freddo abbandonare il suo corpo.

«Bene, manca poco e l'ufficio sarà finito. Minho mi ha detto che sta venendo perfetto. A te invece?» Rispose Newt, tamburellando le dita sul volante, al ritmo con la canzone che passava alla radio.

Lightning || Newtmas AUDär berättelser lever. Upptäck nu