SETTE GIORNI IN PARADISO

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Ci sentiamo sempre in dovere di fare qualcosa. Di dire qualcosa. Di correre da qualche parte, di postare certe foto, di agire solo per il gusto di farlo.

Pensiamo che far parte dello spettacolo ci spetti, che durante in ogni atto dobbiamo essere in scena. Be', non sempre è così.

Ogni tanto bisogna lasciare che le cose seguano il corso prestabilito, incastrandosi con gli eventi e scivolando lungo la propria strada.

Ci sono delle volte in cui non dobbiamo fare niente, perché non c'è niente che possiamo fare.

Il detto "il tempo cura le ferite" non è l'insieme di parole messe in un ordine causale di cui ci serviamo per consolare un nostro amico. E' semplicemente la pura verità.

Il passare dei giorni, lo scorrere del tempo, i ticchettii dell'orologio, sono in grado di farci capire che ci stiamo muovendo nel nostro spazio temporale. Che la nostra vita sta continuando.

Nonostante quello che ci è successo, la vita va avanti.

Il tempo fa da disinfettante.

E si porta dietro tutto il necessario: gli amici. Ossia, le bende.

Lunghi brandelli di cotone che usiamo per tamponarci le ferite e che, pian piano, diventano loro stessi color del sangue, assorbendolo.

Ecco, Harry è grato ai suoi amici per non averlo lasciato solo, anzi, è grato per non aver dovuto pregarli per farlo. Sono rimasti perché sapevano che ne aveva bisogno.

Harry in realtà, ne ha ancora bisogno. Ma cerca di non darlo a vedere.

Louis gli dice che però è normale che si senta ancora così. Glielo dice la sua psicologa, e glielo dice anche sua madre con la quale ha riagganciato i rapporti.

L'omega aveva fatto una sfuriata tremenda quando i suoi genitori erano venuti a trovarlo non appena avevano saputo dell'accaduto.

Tra piatti che volavano e pianti disperati, il riccio li incolpava, dicendo che erano stati loro a costringerlo a trovare un compagno e a generare figli.

Si era anche spinto oltre dicendo: <<Avete sempre detto che ero troppo giovane per fare figli. Bene. Sarete contenti adesso.>>

<<Ti ho cresciuto meglio di così.>> Anne aveva risposto con un ceffone in pieno viso mentre <<Non abbiamo mai detto che non li volevamo. Io e tuo padre non vedevamo l'ora di diventare nonni. Anzi, non vediamo l'ora>> gli accarezzò la pancia sorridendo <<Non dimentichiamoci di questa principessa.>>

Harry sorrise di rimando, ricoperto di tremori, e fece un segno al padre affinché si unisse all'abbraccio di gruppo.

<<Siamo sempre stati così orgogliosi di te Harry, in una maniera tale da non poterla neanche immaginare>> gli baciò la fronte l'alpha, mormorando
<<Ma fare i genitori non è facile, nemmeno se lo fai da un po'.>>

Lì stretto, avvolto dal calore familiare, Harry sentì i pezzi di cuore iniziare a tornare al proprio posto.

Voleva bene alla sua famiglia, gliene aveva sempre voluto.

Ma ogni tanto può capitare che le stesse persone che si prendono cura di te, ti facciano sentire a disagio pretendendo che tu ti trovi all'istante un posto nel mondo.

E tu, piccolo come Dio t'ha fatto, sei costretto a sgomitare tra la gente per farti spazio, mentre la paura di deludere i tuoi genitori ti si è legata al polso.

I genitori però, sono anche altro. Sono amici, quando siamo onesti e lo ammettiamo.

Perché noi possiamo odiarli mamma e papà, dobbiamo odiarli in alcune situazioni, fa parte della crescita. Ma ci hanno messo al mondo e, vivi o morti, non smettono mai di prendersi cura di noi.

L'alpha che non voglioWhere stories live. Discover now