Reload

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Titolo: The Lady of the Ring
Capitolo: 19. Reload
Fandom: Katekyo Hitman Reborn - Miraculous
Numero Parole: 4.499
 
 
 
 
La porta sbatté violentemente, facendoli sobbalzare tutti, e il potente "Voi" di Squalo rieccheggiò per la casa così forte da far tremare le finestre: - Quante cazzo di volte devo dirti di bussare?! - urlò con tutto il fiato che aveva in gola, seguito da uno strillo altrettanto assordante proveniente da Marinette, intenzionata a voler esprimere tutto il proprio disappunto fino a svuotarsi i polmoni.
- E io quante volte devo dirti di chiudere questa dannata porta a chiave?! -
Dino sospirò, versandosi del caffè nella tazza, sperando che Sabine non lo avesse sentito poiché aveva vietato categoricamente l'utilizzo delle parolacce in casa da quando Squalo aveva messo pianta stabile in famiglia. - Si era sentita la sua mancanza, eh? - commentò allegramente.
Bianchi addentò un biscotto con una scrollata di spalle. - Avranno molto da recuperare. -
Marinette scese in cucina borbottando tra sé, rossa in volto, ed era difficile sapere se fosse per l'incazzatura o per l'imbarazzo; la donna bevve un sorso di caffè e alzò lo sguardo su di lei, inarcando le sopracciglia.
- Oh, suvvia - esclamò e sembrava quasi divertita - L'hai visto una volta, l'hai visto due… che differenza fa? Non penso che sia cresciuto nel frattempo. -
Marinette arrossì ancor di più tanto che la sua faccia sembrò andare a fuoco: - Bianchi, ti prego! - si lamentò capendo perfettamente a cosa si stava riferendo, sparendo in camera sua con la voglia di sotterrarsi nel pavimento. Era contenta che Squalo fosse tornato ma non poteva negare di detestare alcune sue pessime abitudini, soprattutto quando la coinvolgevano in prima persona; la cosa ironica era che aveva passato le ultime quattro settimane a bussare ad una stanza vuota per poi dimenticarsene quando lui c'era davvero. Era ovvio che non lo avesse fatto apposta, però si sentiva terribilmente a disagio e in colpa per aver violato la sua privacy in quel modo, senza contare l'imbarazzo di averlo visto nudo per la seconda volta.
Scacciò quel pensiero dalla testa e ficcò un paio di libri dentro lo zaino, mentre Tikki la guardava da sopra la scrivania senza proferire parola. Era stata molto silenziosa nell'ultimo periodo, quasi sempre sovrappensiero, e nonostante Marinette le avesse chiesto diverse volte se ci fosse qualcosa che non andava lei aveva sempre negato, sviando l'argomento, e questo la preoccupava molto: non le aveva mai nascosto nulla, erano sempre state un libro aperto l'una per l'altra, e quell'improvviso silenzio non era affatto un buon segno.
- Tutto bene? - domandò, cercando di suonare allegra e naturale. Il Kwami annuì semplicemente e lei si chiese se fosse il caso di insistere, ma sua madre interruppe quel pensiero avvisandola di sbrigarsi o avrebbe fatto tardi a scuola.
Chiuse lo zaino e se lo mise in spalla, mentre Tikki spariva nella sua borsetta: avrebbe pensato più tardi, con calma, a cosa fare a riguardo, sperando che non fosse nulla di troppo grave.
 
 
Picchiettò con la penna sul foglio, cercando di concentrarsi sul compito che aveva davanti sebbene nella sua mente continuassero ad affollarsi ben altri pensieri: il comportamento strano di Tikki, l'allenamento con Colonnello, le Akuma che diventavano più frequenti, Radi che stava perdendo il controllo dell'anello… tutte cose che non avevano niente a che fare con le domande di storia a cui avrebbe dovuto rispondere. Ma più leggeva quelle parole più non ci capiva niente, come se il suo cervello le cancellasse automaticamente subito dopo averle registrate.
La risposta è B, disse Radi tutto ad un tratto facendole sgranare gli occhi.
« Ma che… non mi devi suggerire! » esclamò.
Non voglio contraddirti ma l'ora è quasi finita e non hai risposto neanche ad una domanda, notò lui e Marinette trasalì guardando l'orologio, Sei troppo distratta.
« Ho troppe cose a cui pensare » sospirò affranta e, seppur riluttante, spuntò con un segno la lettera corrispondente: non le piaceva imbrogliare ma di quel passo avrebbe consegnato il compito in bianco ed era ingiusto dal momento che le cose le sapeva, aveva studiato, eppure non riusciva a concentrarsi come avrebbe voluto.
Credo di sapere cosa preoccupa il tuo Kwami, disse d'un tratto Radi e Marinette rinunciò totalmente a cercare di comprendere cosa ci fosse scritto sul foglio, volgendo la propria totale attenzione a lui.
« Davvero? »
Beh, immagino che ci abbia pensato per forza visto come stanno le cose, continuò, Il fatto che tu non ci abbia prestato attenzione, però, non migliora molto le cose.
La ragazza inarcò le sopracciglia, non sapendo se dovesse sentirsi offesa oppure no: « Cioé? » sbuffò, un po' impaziente. Radi rimase in silenzio per qualche secondo.
Lo sai che l'attuale Decimo vive in Giappone con tutti i suoi guardiani, ricordò infine, E i Vongola hanno la loro sede fissa in Italia. Arriverà il momento in cui dovrai raggiungerlo, in qualunque luogo lui scelga di andare.
Quella consapevolezza colpì Marinette come un secchio d'acqua gelida in pieno volto e la serietà con cui Radi ne aveva parlato le fece uno strano effetto: era vero, non ci aveva pensato neanche per un momento nonostante sapesse già tutto. Eppure non le era passato neanche per l'anticamera del cervello che far parte della Famiglia significava anche essere presente in essa fisicamente dovunque il boss fosse, anche dall'altra parte del mondo.
Non potrai restare a Parigi per sempre, continuò Radi e stavolta c'era una nota amara nella sua voce, E a quel punto non potrai più continuare ad essere Ladybug.
Sentì la penna scivolare dalle proprie dita tremanti prima che Radi saldasse la presa sulla sua mano e iniziasse a farla scorrere sul foglio, rispondendo a tutte le domande con una rapidità quasi anormale, ma Marinette non ci fece neanche caso o, semplicemente, non le importava: aveva totalmente ignorato una cosa così importante, troppo presa da tutti quegli eventi che le erano piombati addosso in cosi poco tempo, mentre Tikki si tormentava al pensiero che un giorno lei avrebbe dovuto rinunciare al Miraculous e lasciare Parigi (forse) per sempre. Essere Ladybug era il suo impegno di vita, una cosa che le avevano imposto, vero, ma che aveva preso a cuore e il pensiero di rinunciarvi le stringeva lo stomaco. Ma non era solo quello: lasciare la Francia significava anche lasciare la sua casa, i suoi genitori, i suoi amici… la sua intera vita e solo per recarsi a "lavorare" per un perfetto sconosciuto in un luogo totalmente diverso e così lontano. Non era sicura di avere la forza per riuscirci.
So che sembra difficile ora, momorò Radi voltando il foglio per concentrarsi sulla pagina successiva, ma non dovrai affrontarlo da sola.
Marinette sapeva che stava cercando di aiutarla ma, in quel momento, niente avrebbe potuto tirarla su di morale: l'impatto emotivo era stato troppo forte e la paura di lasciare tutto, di perdere tutto, l'aveva assalita in modo incontrollato.
Avrebbe dovuto parlare con Tikki di tutto quello ma non sapeva cosa dirle e temeva di peggiorare soltanto la situazione, ed era l'ultima cosa che voleva.
- Ancora dieci minuti, ragazzi - annunciò l'insegnante. Radi scrisse l'ultima parola nella domanda aperta e posò la penna, restituendole la mano, e Marinette guardò quei tre fogli spillati tra loro perfettamente compilati senza provare alcuna emozione a riguardo: aveva solo la nausea e una gran voglia di tornare a casa per infilarsi sotto le coperte e restarci fino al giorno successivo, ma l'aspettavano ancora due ore di lezione dopo pranzo e non poteva uscire prima o Lal si sarebbe incazzata e non ci teneva per niente a farsi sgridare/malmenare nuovamente da lei. E poi c'era anche l'allenamento con Colonnello a cui sarebbe dovuta andare subito dopo.
Si sentiva emotivamente e fisicamente stanca, era stressata, preoccupata, affranta e non sapeva più neanche lei cosa: aveva troppo a cui pensare tra la scuola, le akuma, gli allenamenti, lo studio delle lingue e ogni giorno sembrava aggiungersi un nuovo problema alla già lunghissima lista. Radi cercava di aiutarla come poteva arrivando ad occuparsi delle akuma al posto suo quando lei proprio non ne aveva la forza e le forniva un incredibile supporto psicologico; Marinette apprezzava ogni suo singolo gesto e, ne era certa, probabilmente sarebbe impazzita o avrebbe avuto un crollo emotivo già da un pezzo se lui non fosse stato lì a sostenerla.
La campanella suonò qualche istante dopo. - Girate i fogli e lasciateli sui banchi, passerò io a prenderli - illustrò l'insegnante, mentre i ragazzi ubbidivano e si alzavano per dirigersi in mensa. Marinette aveva il pranzo preparato da sua madre, rigorosamente secondo le istruzioni di Lal, e si ritagliò l'angolo più isolato del cortile, sedendosi dietro uno dei pilastri in cemento che reggevano il tetto. La giornata era tiepida e il cielo limpido ma neanche quello bastò a rallegrarla un po', mentre apriva il suo portapranzo e osseravava con aria triste il petto di pollo alla piastra e i broccoli al vapore ordinatamente riposti all'interno, rimpiangendo amaramente il Big Mac del giorno prima. Sapeva che Lal lo faceva solo per lei, che l'alimentazione che le aveva imposto era totalmente salutare e volta a dare il giusto nutrimento al suo fisico per far fronte agli allenamenti, ma le mancava davvero il sapore del cibo spazzatura. Iniziò a mangiare, ignorando le voci dei pochi ragazzi al'interno del cortile, sentendosi incredibilmente sola: con tutto quello che aveva da fare non trovava più il tempo neanche per uscire con le sue amiche. Non ricordava neanche quando era stata l'ultima volta che aveva passato un po' di tempo con le ragazze fuori dalla scuola che, tra una lezione e l'altra, lasciava poco tempo per chiacchierare; non poteva neanche recuperare in pausa pranzo poiché non era concesso portare in mensa cibo dall'esterno e dato che lei se lo portava da casa non vi poteva nemmeno entrare.
Le mancava parlare con Alya e, se n'era accorta, ormai lei faticava a credere a tutte le scuse che usava per giustificare la sua totale assenza nella loro vita sociale: non poteva assolutamente dirle la verità, né sul Miraculous e né sui Vongola, quindi doveva per forza inventarsi qualcosa ma non voleva che pensasse che cercava di evitarla o cose del genere. Avrebbe dovuto occuparsi anche di quello, in un modo o nell'altro.
- Ancora depressa? -
La ragazza sobbalzò, rischiando di strozzarsi con il pollo, e alzò lo sguardo sulla figura snella di Chloé in piedi accanto al pilastro. Aveva tra le mani un vassoio in legno pieno di sushi di ogni genere e lo zaino che le pendeva da una spalla; sapeva che era troppo schizzinosa per mangiare il cibo della mensa ma fino a quel momento aveva sempre consumato i pasti in classe. Era la prima volta che la vedeva pranzare in cortile.
- Non sono depressa - rispose, deglutendo un po' a fatica il boccone - Solo stanca. -
Lei inarcò un sopracciglio, per nulla convinta: - Beh, hai l'aria di qualcuno che si impiccherebbe volentieri con quei broccoli - ammise prima di guardarsi intorno in cerca di qualcosa. Marinette non poté darle torto ma non aveva scuse credibili da offrire e non voleva, né poteva, dire la verità; sospirò e rimase quindi in silenzio, mentre Chloé poggiava lo zaino per terra e vi si sedeva sopra, accanto a lei, poggiandosi il sushi sulle gambe. Quel gesto la sorprese e la vide sistemarsi con la confusione ben evidente sul viso: certo, ora andavano un po' più d'accordo e parlavano più spesso rispetto a prima, ma non avevano mai fatto nulla di più. Era la prima volta che pranzavano insieme da quando si conoscevano e la situazione era abbastanza strana ai suoi occhi.
- Sono un po' stressata - ammise titubante.
Chloé scoperchiò il proprio vassoio e prese le bacchette, alzando gli occhi su di lei: - Non vorrei dire qualche idiozia, ma ho come l'impressione che tu sia stressata da quando quella bambina è venuta a vivere a casa tua. -
Marinette gelò sul posto, fissandola ad occhi sgranati, e si chiese da quando Chloé fosse diventata così attenta a ciò che accadeva nella sua vita privata.
E' più perspicace di quanto credessi, commentò Radi sorpreso.
« Sono sconvolta quanto te » ammise lei.
- Beh… - rispose dopo qualche istante di esitazione, cercando di non far trasparire troppo nervosismo - Lal è un'insegnante molto severa - e quella era la più assoluta verità. Chloé raccolse un rotolino di sushi e lo intinse leggermente nella salsa di soia, prima infilarselo in bocca e alzare gli occhi su di lei, che si sentì estremamente a disagio sotto quello sguardo indagatore.
- Non ti chiederò come fa una bambina alta un tappo e una vigorsol ad essere un'insegnante, anche perché non è affar mio, ma se non vi date entrambe una calmata finirai per diventare matta e insopportabile - ammise schiettamente, lasciandola senza parole - A quanto dice Nino, è da un po' che non esci con le tue amiche e Alya non sta prendendo molto bene il fatto che tu praticamente non esista al di fuori di queste mura. -
E se Marinette era stata sconvolta fino a quel momento, dopo quelle parole il suo stomaco si contorse dolorosamente. Abbassò lo sguardo sul proprio pranzo, ormai quasi freddo.
- Sono stata… impegnata - momorò.
- Questo era ovvio - rispose Chloé, scrollando le spalle. Nel silenzio che seguì, Marinette si chiese se stesse davvero facendo la cosa giusta: tutta quella storia della mafia era iniziata praticamente sotto costrizione e finché lei avrebbe posseduto il Miraculous non c'era modo di uscirne; non si fidava per niente di Reborn e aveva preso sul serio la sua minaccia di spifferare tutto al resto del mondo. Ma se avesse davvero dovuto lasciare Parigi per seguire il Decimo e, quindi, il suo ruolo come Ladybug, tutto quello non avrebbe avuto più alcun senso; poteva disfarsi prima del Miraculous e di conseguenza del pericolo che la sua identità segreta venisse scoperta: ciò implicava automaticamente prendere le distanze dai Vongola senza ripercussioni.
Per quanto apprezzasse la gentilezza con cui Dino e Bianchi la trattavano e per quanto amasse la compagnia di Radi, non aveva mai accettato (e probabilmente non lo avrebbe fatto mai) di fare parte di una famiglia mafiosa. Il desiderio di mollare tutto era sempre dentro di lei, bloccato solo dalle circostanze, e se si fosse presentata l'occasione di andarsene lo avrebbe fatto senza esitare, ne era perfettamente consapevole. Eppure, per quanto volesse, non aveva la più pallida idea di chi le avesse dato il Miraculous e quindi non sapeva a chi doverlo restituire né a chi darlo in caso volesse cercare direttamente un sostituto.
Era bloccata in un più che frustrante circolo vizioso.
Prese qualche broccolo e lo mandò giù a forza mentre Chloè la guardava di sottecchi: - Non ti fa bene continuare così - disse d'un tratto. Marinette alzò lo sguardo su di lei e la ragazza distolse il proprio. Tossicchiò leggermente e sembrò a disagio - Dovresti prenderti una pausa… sai, per rilassarti un po' - mormorò.
Stava realmente cercando di darle un consiglio e Marinette ne rimase davvero stupita, ma riuscì comunque ad apprezzare il gesto.
- Credo che tu abbia ragione - disse. Mandò giù il boccone e si sforzò di sorridere - Grazie, Chloé -
Lei scrollò le spalle, ritrovando il proprio cipiglio altezzoso, sebbene fosse un po' imbarazzata: - Non ti ci abituare - borbottò, ficcandosi in bocca un rotolo di sushi, facendola ridacchiare.
 
 
 
Quando Marinette uscì dal seminterrato quel pomeriggio, dopo cinque estenuanti ore di allenamento, decise che era davvero arrivato il momento di prendersi una pausa. Si abbandonò sul divano con un sospiro stanco mentre Collonnello si fermava sulla porta della cucina per parlare con Lal; Dino ne uscì subito dopo, scavalcando i due bambini, avvicinandosi a lei per porgerle un bicchiere di thé alla pesca.
- Grazie - mormorò, prendendone un sorso per idratarsi un po'. Il ragazzo sorrise.
- Sta andando tutto bene, a quanto vedo - esclamò, sedendosi accanto a lei.
Marinette fece una piccola smorfia, non tanto sicura che fosse davvero così, ma troppo esausta per mettersi a discutere: stava pensando ancora a quello che era successo quella mattina e alle parole di Radi e per un attimo valutò seriamente l'idea di chiedere consiglio a Dino su come affrontare la situazione con Tikki, ma credeva di conoscere già la risposta che le avrebbe dato quindi decise di lasciar perdere.
Cinque minuti dopo Lal saltò sul tavolo dinnanzi a loro, evidentemente irritata, e Marinette sperò che non ce l'avesse con lei. - Per questa settimana la finiamo quì, riprenderai gli allenamenti lunedì - informò, lasciando ben intendere tutto il proprio disappunto: evidentemente era stata una decisione di Colonnello con cui lei non era affatto d'accordo. - Riposati come si deve - concluse e lei si chiese perché avesse voluto proprio sottolinearlo. Ad ogni modo, era proprio ciò di cui aveva bisogno e ringraziò con tutto il cuore quell'improvviso colpo di fortuna: forse, per la prima volta dopo settimane, sarebbe riuscita a godersi un pomeriggio in tranquillità con le sue amiche. Il giorno dopo era sabato quindi sarebbero uscite di sicuro, doveva solo ricordarsi di scrivere ad Alya una volta rientrata a casa e sperare che nessuna di loro facesse troppe domande su ciò che la stava tenendo così impegnata in quell'ultimo periodo.
Mezz'ora dopo Dino la riaccompagnò a casa. C'era ancora tempo per la cena e lei non aveva aperto neanche un libro per studiare, troppo impegnata con l'allenamento pomeridiano: si fece quindi una doccia veloce e racimolò tutti i compiti assegnati per la settimana successiva, decisa a finirli quella sera stessa così da avere il fine settimana completamente libero e potersi rilassare senza intoppi. Lal non le disse nulla e si rintanò in un angolo del suo letto a leggere un libro mentre Tikki si sedette sullo schermo del computer a sgranocchiare un biscotto, in un ormai familiare quanto opprimente silenzio. Ma sebbene Marinette ne conoscesse finalmente la motivazione, non aveva ancora idee su come affrontare l'argomento con lei e si concentrò al meglio sui suoi esercizi di matematica.
Finì nel giro di un'ora e iniziò a rimettere in ordine la stanza, giusto per avere qualcosa da fare prima di cena e tenere il cervello impegnato così da non pensare a tutti problemi che ancora la opprimevano. Doveva prendersi due giorni di pausa senza ansia e preoccupazioni, ne aveva bisogno per il bene della propria salute fisica e mentale, e poi a mente riposata sarebbe riuscita a ragionare meglio sul da farsi. Raccattò i vestiti sporchi e li portò giù in lavanderia, dove Bianchi stava togliendo alcuni suoi reggiseni dall'asciugatrice, e si prodigò a riempire la lavatrice per metterla già in funzione.
La donna la guardò di sottecchi un paio di volte, come se fosse in dubbio se parlare oppure no, ma Marinette decise di non chiederle nulla sperando che rimanesse in silenzio: aveva come il sentore che, qualunque cosa avesse detto, avrebbe distrutto ogni suo proposito di ignorare la propria valanga di problemi.
- Sai, ho parlato con Tikki qualche giorno fa - disse d'un tratto Bianchi e Marinette capì immediatamente che non avrebbe mai avuto pace. - E' preoccupata per quello che accadrà al Miraculous quando ti unirai alla famiglia di Tsuna. -
L'ammorbidente per poco non le sfuggì di mano quando si voltò di scatto verso di lei ad occhi sgranati, quasi non credendo alle proprie orecchie: - Aspetta… ne ha parlato con te? - domandò confusa e stizzita, guadagnandosi un'occhiata sorpresa da lei. - Perché ne ha parlato con te? Avrebbe dovuto parlarne con me! - esplose. Erano settimane che se ne stava lì, triste e sconsolata, a tormentarsi per una cosa che le riguardava entrambe e invece di affrontare il discorso con lei andava a confidarsi con Bianchi? Dire che fosse incazzata in quel momento era un eufemismo.
- Tu lo sapevi? - chiese invece la donna. Marinette scosse il capo.
- Me lo ha fatto notare Radi stamattina - ammise amaramente, chiudendo il cassetto dei detersivi e impostando il programma della lavatrice. Sospirò e si abbandonò contro di essa, rassegnata al fatto di non poter ignorare la faccenda - Perché non me lo ha detto sin da subito? Credevo che la sincerità reciproca fosse la base del nostro rapporto… con una cosa così importante, poi. -
Bianchi rinunciò a districare un reggiseno dalla sfera di plastica, abbandonandolo nel cesto insieme agli altri, e lo sguardo che le rivolse non le piacque neanche un po'.
- Non è facile per lei - spiegò - Tutto ciò che può fare è aspettare e vedere come si evolveranno le cose. Non può impedirti di andare avanti con la tua vita. -
Marinette sentì qualcosa muoversi dentro di lei, qualcosa di molto pesante e fastidioso che premeva selvaggiamente per liberarsi, e quando aprì bocca ciò che le uscì lo avvertì quasi come una specie di ruggito. - Il punto è che questa non è la mia vita - sputò e il disprezzo che mise in quelle parole stupì anche lei - Prima il Miraculous, ora i Vongola… la gente non fa altro che spuntare fuori dal nulla e dirmi cosa devo fare e chi devo essere, come se la mia opinione non contasse nulla. Non ho mai voluto essere Ladybug, sono praticamente stata costretta a prendere questi orecchini, e non voglio essere il Guardiano di nessuno, se sono arrivata fino a questo punto è solo perché Reborn mi ha praticamente minacciata. Come potrei chiamarla vita questa? E' solo un susseguirsi di doveri, problemi e responsabilità che non ho mai accettato ma che sono obbligata ogni giorno a sobbarcarmi! -
Era la prima volta che si sfogava con qualcuno a quel modo ma sentiva di non riuscire a reggere più nulla, era troppo stressata e depressa per poter sopportare oltre e l'espressione stupita di Bianchi dinnanzi alla sua improvvisa confessione la fece sentire sia in colpa che incazzata allo stesso tempo: non voleva prendersela con lei ma non ci voleva certo un genio per capire quanto detestasse tutta quella situazione, che diamine!
Inspirò a fondo cercando di calmarsi e Bianchi, dopo un attimo di esitazione, le poggiò dolcemente una mano sulla spalla: - Mi dispiace che ti senta così ma la situazione è più grande di quel che sembra e non c'è nulla che possiamo fare per cambiare le cose - mormorò e sembrava davvero dispiaciuta per lei. Marinette non rispose, sapeva che non era colpa sua e che stava solo eseguendo degli ordini ma in quel momento non riusciva a dire nulla di sensato per alleviare la tensione; aveva bisogno di conforto ma lo stava pretendendo dalle persone sbagliate: nessuno di loro poteva aiutarla o anche solo comprenderla.
O meglio, una persona c'era ma l'ultima cosa che poteva fare era parlare con lui dal momento che ancora non si erano presentati o anche solo visti in faccia: stando alle parole di Dino e ciò che aveva letto nella chat della Vongola Famiglia, Tsunayoshi Sawada era nella sua stessa identica situazione, costretto al ruolo di Decimo Boss che non solo non voleva ma che provava a rifiutare con tutte le sue forze in ogni momento propizio. Ammirava la sua determinazione scaturita dalla più pura forza della disperazione e le venne spontaneo chiedersi cosa sarebbe accaduto quando finalmente si sarebbero incontrati, ma quello non era decisamente il momento adatto per pensarci.
Sabine le chiamò per la cena, interrompendo i suoi pensieri. Seppur con lo stomaco chiuso, Marinette si sedette a tavola e mandò giù qualunque cosa ci fosse nel suo piatto, facendo del suo meglio per ignorare gli sguardi preoccupati che Bianchi le rivolgeva; la vide con la coda dell'occhio bisbigliare qualcosa a Dino che rivolse la propria attenzione su di lei e una punta di fastidio le risalì lungo lo stomaco, ben sapendo cosa gli stesse dicendo. Un'altra cosa che odiava di tutta quella faccenda era che qualunque cosa facesse diventava quasi immediatamente di dominio pubblico: non aveva più privacy o anche solo un briciolo di riservatezza nella sua vita e questo la stava facendo diventare alquanto restìa a confidarsi con loro nonostante, fino a poco tempo prima, li avesse presi come veri e propri punti di riferimento per… beh, praticamente tutto.
Ormai l'unica persona con cui poteva parlare liberamente era Radi: sebbene la sua visione delle cose fosse piuttosto di parte, almeno non andava in giro a spifferare tutto a tutti (anche perché non poteva essendo bloccato nell'anello). Squalo tirò un calcio a Dino da sotto il tavolo, facendola sobbalzare, e riuscì distintamente a sentire un "Dalle pace!" ringhiato sottovoce; solo in quel momento si rese conto che l'unica persona fisica di cui potesse sinceramente fidarsi fosse proprio lui.
Certo, Squalo era indubbiamente un gran ficcanaso dal momento che voleva essere aggiornato su tutto in tempo reale ma, di contro, si teneva il resto solo per sé. Marinette aveva parlato più volte con lui, sia per chiacchierare che per sfogarsi un po', e molte delle cose che gli aveva detto non avevano mai raggiunto le orecchie di Bianchi o di Dino. Era chiaro che lui non avesse la più pallida idea di come consolare qualcuno e spesso e volentieri mancava totalmente di tatto, però era un ottimo ascoltatore e sapeva tenere la bocca cucita quando ce n'era bisogno.
Marinette non sapeva se trovare assurdo o ironico il fatto che l'unica persona in cui potesse riporre la propria fiducia fosse un assassino totalmente fuori di testa, ma d'un tratto non aveva più così tanta voglia di uscire con Alya: in fin dei conti, sarebbe stato solo uno sporadico momento di finta normalità che le avrebbe solo fatto pesare ancora di più la situazione che stava vivendo. No, ciò di cui aveva bisogno era di passare un po' di tempo lontana da tutti i percusori dei suoi problemi o da coloro che cercavano malamente di tirarle su il morale e farle accettare tutta quell'assurda vicenda. Le serviva un giorno fuori da quella casa con qualcuno disposto a sopportarla ma abbastanza distaccato da fregarsene dei suoi stati d'animo e quindi per niente interessato a farle la morale.
Dopo aver formulato quel pensiero si rese conto che c'era solo una persona a rispecchiare quella descrizione e alzò lentamente gli occhi su Squalo, intento a servirsi una seconda porzione di patate con espressione cupa. Era uscita diverse volte in sua compagnia ma mai da soli dal momento che Bianchi era sempre con lei, ovunque andasse.
Ora invece… ci stava pensando sul serio? Tentennò, abbassando gli occhi sul proprio piatto: doveva decidere se passare la giornata in compagnia di Alya o di Squalo e, sorprendentemente, trovava più allettante la seconda opzione. Anche se non sapeva se lui avrebbe accettato non le restava che provare almeno a chiederglielo; non in quel momento, però. Era tardi e avrebbe preferito che fossero lontani da orecchie indiscrete.
Sembrava quasi che stesse pianificando qualcosa di illegale, in effetti, e si chiese spontaneamente come fosse arrivata a quel punto, ma decise di lasciar semplicemente perdere: dopotutto, non era sicura di voler davvero conoscere la risposta.

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