In punizione

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REVISIONATO IL 01/01/2021

Titolo: The Lady of the Ring
Capitolo: 06. In punizione
Fandom: Katekyo Hitman Reborn - Miraculous
Numero Parole: 6.558
 

- In punizione?! -
Marinette guardò Lal ad occhi sgranati, la forchetta a mezz'aria e la bocca ancora aperta.
- Te l'avevo detto che eri nei guai - ribatté la bambina continuando tranquillamente la cena.
Sabine e Tom si scambiarono uno sguardo.
- Che cosa è successo? - chiese Tom, guardando dalla figlia all'istruttrice.
Marinette esitò: non poteva raccontare la verità ma non sapeva neanche come mentire. Fu Lal a tirarla fuori da quella situazione.
- Ha messo a repentaglio il segreto della Famiglia - riassunse - Questo è sinonimo di irresponsabilità e sconsiderazione: è giusto che si assuma le conseguenze delle sue azioni - tagliò corto.
- Ma... non puoi farlo! - esclamò la ragazza - Può farlo? - aggiunse, incerta, rivolta ai genitori, che alzarono le spalle non sapendo cosa dire.
- Certo che posso farlo - rispose tranquillamente Lal - Sono la tua Istruttrice: dal momento in cui ho accettato questo incarico sei divenuta una mia responsabilità. Posso addestrarti così come posso punirti - spiegò, guardandola negli occhi - Ricordati che è per il tuo bene. -
- La classica scusa - sbuffò la ragazza, posando il gomito sull'isolotto e la testa sul palmo della mano - Che cosa dovrei fare? Stare chiusa in casa per una settimana? - sospirò.
- Assolutamente no - rispose Lal, posando coltello e forchetta e pulendosi le labbra con un tovagliolo - C'è una villa abbandonata poco distante da qui che Dino ha comprato di recente: visto che probabilmente la useremo, in futuro, voglio che domani dopo la scuola tu ti diriga lì e la rimetta a nuovo - spiegò. Marinette sbatté le palpebre.
- La mia punizione sarebbe... pulire una villa? - chiese, sconcertata.
- Non c'è niente di meglio del lavoro manuale per schiarisi la mente - rispose - O almeno questo è ciò che ho imparato in accademia - aggiunse, bevendo un sorso d'acqua. La ragazza boccheggiò e si voltò verso i genitori, come in cerca di aiuto.
- Beh... - Tom si scambiò un'occhiata con la moglie - Scusa, Marinette, ma sono d'accordo con lei - asserì l'uomo - Non so cosa tu abbia fatto ma se lo ritiene necessario... -
- Ma papà! - protestò la ragazza.
- Tesoro, abbiamo promesso di non interferire con il lavoro di Lal - spiegò Sabine, dispiaciuta.
- Oh, perfetto! - sbuffò la ragazza, abbandonando la forchetta nel piatto. Con un sospiro si alzò da tavola e marciò al piano di sopra, incurante dei richiami della madre.
Lal sospirò.

- Mi ha messa in punizione, ti rendi conto?! - sbottò, incredula - Non è giusto: avevo tutto sotto controllo! -
Dino trattenne una risata, guardandola con occhi accesi di divertimento, senza però commentare.
- Ho capito: la cosa ti diverte - sbuffò Marinette, alzando gli occhi al cielo.
- Scusa, ma sei troppo buffa quando ti indigni - spiegò lui, nascondendo il sorriso dietro la mano.
La ragazza sospirò, girando intorno ad un idrante per non caderci sopra.
- Siamo sicuri che possa farlo? - domandò poi, sospettosa.
- Oh, eccome se può - rispose Dino - Però, adesso che ci penso, Reborn non mi ha mai messo in punizione - aggiunse, pensieroso - Ma i suoi modi di fare sono molto diversi da quelli di Lal. -
- Lei ha detto che non è quel tipo di istruttore che va troppo per il sottile - ricordò Marinette, attraversando la strada.
- E ha ragione: Reborn è un tipo pratico, del genere "o lo fai o ti ammazzo". Non so se mi sono spiegato - rispose.
- Sì, lo hai fatto - annuì Marinette, ricordando con un brivido il breve incontro avuto con il bambino. Osservò Dino carezzare il gatto dal pelo arancione vivo poggiato sulle sue gambe incrociate, curiosa.
- Oh, lei è Akai-chan - rispose lui, seguendo il suo sguardo - È di Tayou11 ma dato che non può tenerla in casa se ne occupa Tsuna. Sai, Mitomi ha paura dei gatti e Ren12 ne è allergico - spiegò.
- Mi sono sempre piaciuti i gatti - rispose lei, guardando con occhi sbrilluccicosi il cucciolo che sbadigliava.
- Lei è così tranquilla e dolce, ti viene voglia di strapazzarla tutta - informò Dino, prendendola in braccio e strofinando la propria guancia sulla sua; Marinette provò una punta di invidia: i suoi genitori non le facevano tenere animali in casa.
- Che amore! - acconsentì, intenerita.
- Potrei vomitare - s'intromise una terza voce, pacata, facendoli sussultare tutti e due: Rika si era parata alle spalle di Dino, seduta sul letto a cui il ragazzo era appoggiato.
- Ah, Rika! - esclamò lui, allegro, per poi farsi crucciato - Tu non avevi un appuntamento con Kyoya, oggi? - chiese.
La ragazza assunse l'espressione più seria che Marinette avesse mai visto, voltandosi inquietantemente verso di lui... poi afferrò un cuscino e glielo gettò in faccia.
- Se non la finite con questa storia giuro che vi strozzo - sibilò.
- Scusa - rispose Dino, con voce soffocata e il cuscino ancora spalmato sul proprio viso: Marinette non poté trattenersi dal ridere. Rika spostò i sottili occhi viola verso di lei e sorrise.
- Io sono Rika Isogai, è un piacere conoscerti Marinette - salutò.
- Il piacere è mio - rispose lei, imbarazzata: perchè tutte le donne di quella famiglia sembravano più grandi di lei? Quanti anni poteva avere Rika: diciannove, venti?
- Ne ho diciotto - rispose lei, come se le avesse letto nel pensiero - Se è questo ciò che ti chiedevi - aggiunse - So di sembrare più grande di quello che sono - sospirò, rassegnata.
- Teme che Kyoya possa considerarla troppo grande per lui, anche se hanno solo un anno di differenza - spiegò Dino, togliendosi il cuscino dalla faccia... per poi gelarsi: Rika aveva assunto un'espressione assassina degna di un film dell'orrore.
- Ancora? - sibilò lei, con una vena che pulsava pericolosamente sulla sua tempia - Quante volte devo ripetervelo che a me non piace Hibari! - sbottò, staccando i tre tubi di metallo che aveva appesi alla cintura e montandoli con un gesto secco, creando così un lungo bastone. Dino saltò in piedi e si diede alla fuga, abbandonando il gatto sul pavimento della stanza che soffiò stizzito, con Rika alle calcagna.
Marinette sbatté le palpebre, osservando la porzione di letto che le veniva offerta, mentre in lontananza si sentivano rumori sinistri e molto inquietanti che le fecero temere per l'incolumità del ragazzo.
Si fermò davanti le scale della propria scuola, aspettando di veder apparire qualcuno: quella casa era sempre piena di gente, qualche povera anima pia di passaggio ci sarà pur stata.
Si udirono delle voci in sottofondo mischiarsi vorticosamente in un tripudio di grida, poi il rumore di passi che si avvicinavano la destò: tre paia di piedi entrarono nel campo visivo e un paio di braccia si chinarono a raccogliere Akai-chan.
- Oh, tesoro mio! - l'esclamazione, in italiano, venne dalla ragazza dai lunghi capelli arancioni apparsa dal nulla.
- Falla sparire prima che Mitomi la veda - disse una seconda voce, stavolta maschile.
- E io che credevo di potermene stare un po' tranquillo - sospirò un'altra voce, sempre maschile, ma pacata e lievemente irritata.
Qualcuno s'inginocchiò davanti al computer e un paio di occhi grigi si pararono nel suo campo visivo: era un ragazzo sui sedici anni, con la pelle abbronzata e dei corti capelli argentati che, stranamente, le ricordarono un prato13. Aveva un cerotto bianco sul naso ed entrambe le braccia coperte di bende fino alle dite. Era un bel ragazzo e, a giudicare dalla tuta che indossava e dal fisico asciutto, era evidente che praticasse qualche sport.
- Ehi, tu sei Marinette! - esclamò, dopo averla osservata per qualche istante con lo sguardo crucciato.
- Marinette? Dove? - la ragazza si sporse oltre la sua spalla, mostrando due grandi e brillanti occhi arancioni: poteva avere sui quindici anni o poco meno. Poi sorrise - Sì, è proprio Marinette! Sei identica a come ti ha descritta Dino! - informò, sorridendo. Ma Dino l'aveva descritta a tutti?! - Era da tanto che volevo conoscerti - ammise, inginocchiandosi e allontanando il ragazzo dallo schermo, così che lei potesse avere una visuale completa del terzetto - Io sono Tayomu Tokiwa - si presentò - Lui è Ryohei Sasagawa, e il musone laggiù è Kyoya Hibari - aggiunse, indicando i due ragazzi.
Marinette spostò lo sguardo sull'ultimo ragazzo: era vestito in modo abbastanza elegante con un paio di pantaloni neri, una camicia bianca e una giacchetta nera poggiata sulle spalle. Aveva corti capelli neri, con la frangia che gli copriva la fronte arrivando fin quasi agli occhi, sottili e di un azzurro chiarissimo.
Marinette si fece un altro appunto mentale: tutti i ragazzi di quella famiglia erano belli in modo anomalo.
- Ehm... salve - rispose lei facendo un cenno con la mano, sentendosi d'un tratto piccola e insignificante.
- Mh. Sei più carina di come ti avevo immaginato - commentò Ryohei, serio, con le braccia incrociate sul petto. Marinette arrossì.
- G-grazie - balbettò.
Ci furono un paio di secondi di silenzio, poi Tayou sospirò: - Non fare caso a Mr. "sono qui ma ti ignoro" - disse, indicando Hibari - A lui non interessa nessuno che non sia Rika. -
Il ragazzo sgranò gli occhi, assumendo la classica espressione da "WTF?!" riuscendo però a mantenere una certa dignità.
- Quando la pianterete con questa storia? - sbottò, voltando il capo di lato, seccato: Marinette poté giurare di vedere il suo viso farsi più roseo: vuoi vedere che...?
- Mai! - esclamò Tayou, esibendosi in un'espressione malvagia - È un po' come sfottere Gokudera per la sua cotta per Mikoto14: è troppo divertente - spiegò, sorridendo un po' più normalmente.
Marinette iniziò ad avere seriamente paura.
- Vogliamo parlare di te? - sospirò Hibari. Tayou gelò sul posto mentre Ryohei passava lo sguardo da l'uno all'altra.
- Parlare di cosa? - chiese, ingenuamente.
- Niente! - rispose lei, arrossendo vistosamente - Assolutamente niente che tu debba sapere! - aggiunse, afferrando il cuscino abbandonato sul pavimento e sbattendoglielo in faccia.
Marinette sgranò gli occhi: - Un attimo - disse prima di riuscire a trattenersi - A te piace... - iniziò, posando lo sguardo sul ragazzo che stava soffocando. Hibari si limitò ad annuire e Tayou arrossì ancora di più.
- Cambiamo argomento! - si affrettò a dire.
- Ehm... - cominciò la ragazza, venendo interrotta da qualcuno che si parò alle sue spalle.
- Buongiorno, Marinette! - esclamò una voce. La ragazza sussultò, rischiando di far cadere il telefono che fece un paio di salti in aria prima di tornare al sicuro nelle sue mani.
- A-ehm... giobuorno... cioè, buongiorno! - esclamò, quando si voltò, incontrando i grandi occhi verdi di Adrien.
- Che fai? - domandò il ragazzo, sporgendosi verso il telefono della ragazza.
- Oh, io... ehm... amici con parlavo... ma che dico?! Parlavo con amici... - spiegò, sorridendo nervosamente.
- T-Tayou... non respiro... - annaspò Ryohei, attirando la loro attenzione.
- Se non muoiono prima - aggiunse la ragazza, incerta, osservando lo spettacolino con Adrien che fissava lo schermo perplesso.
- Tayou! Non uccidere Sasagawa! - urlò una voce femminile, da fuori campo.
- Quello è un gatto?! - sbottò una voce maschile; una serie di starnuti seguì l'affermazione - Tayou! Falla sparire! - aggiunse, con la voce soffocata.
- Esci tu dalla camera: la mia Akai-chan da qui non si muove! - rispose lei, liberando finalmente il ragazzo che quasi svenne.
- Ren! Esci di qui! E porta via Mito! - sbottò la voce di Rika - Se vede Akai sono casini - aggiunse rientrando in camera. I due ragazzi videro i suoi piedi scalzi fermarsi di fianco al terzetto e scese il silenzio; Tayou abbozzò un sorrisetto, Ryohei si stava riprendendo e Hibari guardava in su.
- Hibari - salutò pacata la voce di Rika.
- Isogai - rispose lui, altrettanto pacato.
- Che mortorio, dichiaratevi amore eterno e fatela finita! - sbuffò una voce e un paio di calzini colorati entrarono nel loro campo visivo, seguiti da una ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi verdi: poteva avere quindici anni, anche se sembrava più piccola.
Rika sospirò, spalmandosi una mano sul viso - Io ci rinuncio - sbottò, rassegnata.
La ragazza ridacchiò ma si fermò di colpo di fronte a Tayou, sbiancando. I presenti s'irrigidirono.
- Mitomi... - cominciò Ryohei, serio - Allontanati. Lentamente - decretò.
Ma Mitomi sembrò non sentirlo e cominciò a tremare vistosamente. Dopo due secondi di silenzio la ragazza lanciò un urlo agghiacciante che fece sobbalzare Marinette, rischiando di farle cadere il telefono di mano, e sussultare Adrien... poi scappò via.
- Mitomi! - girando i tacchi Rika si precepitò all'inseguimento.
- Quel gatto deve sparire! - strillò una voce femminile in lontananza.
- Mizu15 non ti ci mettere anche tu! - rispose Tayou.
- Questa casa è un incubo - sospirò Hibari.
Il rumore di una porta che veniva aperta mise a tacere qualunque altra parola: - Ok, adesso basta, non c'è più niente da vedere! - esclamò la voce di Bianchi apparendo nella visuale - Tutti fuori! Sciò! Si dia il caso che questa fosse una conversazione privata - ricordò.
- Prima che Rika ammazzasse Dino, vorrai dire - commentò Tayou. Evidentemente Bianchi la guardò male perché lei si affrettò ad alzarsi - Ok, ok, abbiamo capito, ce ne andiamo! - disse, afferrando Hibari per la giacca e trascinandolo via - Muoviti, signor "vi mordo tutti" - aggiunse.
- Odio quando mi affibbi soprannomi - mormorò il ragazzo, impassibile, lasciandosi portare seguito da Ryohei.
- I soprannomi sono estremi! - esclamò lui, alzando le braccia in aria.
Bianchi alzò gli occhi al cielo e li seguì, chiudendo la porta alle loro spalle.
- Tayou! Non giù per le scale! - urlò la voce di Rika.
Il rumore di qualcosa che rimbalzava giù dai gradini fece rabbirividire Marinette e Adrien assunse un'espressione inorridita.
- Qualcosa mi dice che si è fatto male - commentò.
- Ops - mormorò Tayou - Scusa, Hibari. -
- Vi morderò a morte - rispose lui, con voce bassa e tranquilla. Troppo tranquilla.
Bianchi sospirò - Scusali, Marinette, non sanno cosa sia la privacy - rispose, piazzandosi davanti lo schermo.
- Oh, ehm... non ti preoccupare, Bianchi - rispose lei - Piuttosto, come sta Dino? - chiese, lievemente preoccupata.
- È vivo - tagliò corto la donna, sorridendo, prima di togliersi i goggles arancioni dal viso e poggiarli sul collo, mostrando i grandi occhi verdi - Ho saputo che Lal ti ha messa in punizione - disse. Marinette sospirò.
- Non ne voglio parlare - rispose, rassegnata.
- Vedrai che... - ma non finì la frase perché la porta venne spalancata ed una voce gridò quello che suonò come un "Juudaime16!"
Bianchi gettò un'occhiataccia al suo fianco - Cos'è che non capite di "conversazione privata"? - sbottò. Dei passi s'incespicarono, poi un gemito di dolore e il corpo di Hayato cadde a pancia in sotto tra Bianchi e il computer, regalando a Marinette una perfetta visuale del busto e della vita, compresa qualche ciocca di capelli argentei.
- Che ci fai tu, qui...? - mormorò, sofferente.
- Oh, insomma! - sbottò la voce di una ragazza - È la terza volta da stamattina! -
- Seriamente, non è possibile che svenga ogni volta che ti vede, Bianchi! - aggiunse una seconda voce femminile.
- Gokudera-kun! - una terza voce, stavolta maschile ma dai toni leggermente infantili, fece irruzione nella stanza - Cosa succedere qui? Perché Hibari cercato di uccidere me appena ho entrato e come mai Dino sta mezzo morto in salotto? - chiese.
Marinette inarcò un sopracciglio, stupita: evidentemente, chi aveva parlato non era molto esperto di francese perché la pronuncia era pessima, senza contare gli errori lessicali e sintattici.
Bianchi sbatté le palpebre, poi voltò lentamente il capo dall'altro lato - Non lo so - decretò.
Era una pessima bugiarda.
Due paia di gambe offuscarono la visuale e due ragazze si piegarono per prendere il ragazzo steso sul pavimento, per poi caricarlo sul letto alle loro spalle.
- Volete uscire? Sono in videochiamata! - informò la donna.
- Ma questa essere camera mia! - ripeté la voce.
Bianchi sospirò di nuovo - Ci sentiamo un'altra volta, scusami Marinette - rispose. La ragazza sorrise, incerta - Ok, tanto dovevo entrare a scuola - rispose, salutando con la mano. La donna sorrise e pigiò un pulsante sul computer, chiudendo la chiamata, non prima che un'accesa discussione (rigorosamente in giapponese) scoppiasse all'interno della stanza.
Marinette sospirò, chiudendo Skype - Mai una volta che riesca ad avere una conversazione decente con Dino - momorò, dimentica per un secondo del ragazzo in piedi accanto a lei.
- È con lui che stavi parlando? - chiese, facendola sussultare.
- Cos... io... ah, sì - ridacchiò - O almeno ci provavo, i suoi amici sono molto... ehm... vivaci - spiegò, portandosi una mano dietro la testa, imbarazzata che proprio lui avesse dovuto assistere a quel teatrino. "E molto inclini alla violenza", aggiunse, ma quello se lo tenne per sé.
Adrien rise - Sembrano simpatici - commentò. Anche Marinette sorrise, abbassando lo sguardo.
- Sì, lo sono - ammise - Un po' strani, a volte - aggiunse, lisciandosi nervosamente un codino: era il momento più imbarazzante della sua esistenza. Quando Alya apparve alle sue spalle, proferendosi in un malizioso: - Interrompo qualcosa? - per poco Marinette non la baciò.
- Cosa? Oh, no, assolutamente! - rispose lei, rivolgendosi all'amica e cercando di trattenere il sollievo: non era pronta per intraprendere una conversazione privata con Adrien, non ce l'avrebbe fatta.
- Avete saputo quello che è successo ieri? Pare che Chloé sia stata akumizzata - ridacchiò Alya, all'espressione di gratitudine dell'amica.
Marinette sgranò gli occhi - Cosa? Sul serio? - chiese, nervosamente, fingendosi sorpresa.
- Già. Mi chiedo come mai - commentò la ragazza, pensierosa. Marinette alzò le spalle.
- Chi lo sa? - rispose, torturandosi le mani: non voleva spargere la voce che Chloé era stata akumizzata per colpa sua. Più che altro per non far sapere a tutti che la ragazza aveva tentato di trasformarla in un insetto. Certe cose era meglio tenerle segrete, specialmente in un luogo in cui già molti la odiavano.
Neanche a farlo apposta la macchina di Chloé parcheggiò proprio di fronte al marciapiede e lei ne uscì con Sabrina al seguito: sembrava tornata la stessa di prima, cosa che diede un po' di conforto a Marinette.
La bionda si fermò di fronte ai gradini, davanti al terzetto, poi sorrise.
- Buongiorno, Adrien - salutò, col suo solito fare civettuolo.
- Giorno, Chloé - rispose lui, alzando la mano, anche se sembrava un po' a disagio. Gli occhi azzurri della ragazza si posarono sulla corvina e un'atmosfera di tensione avvolse il gruppo, che guardavano da l'una all'altra come aspettandosi di vederle saltarsi addosso.
- Marinette - fu tutto ciò che si limitò a dire, schiva.
Tutta l'ansia venne ridotta in mille pezzi in un colpo, come se Chloé avesse distrutto il muro di vetro che le divideva con un martello gigante. Senza neanche aspettare una risposta salì i gradini che portavano all'istituto, seguita a ruota da una Sabrina molto confusa.
Marinette si lasciò scappare un sorriso.
- No, un momento! - esclamò Alya, ad occhi sbarrati - Chloé... ti ha appena salutata? - chiese, incredula, indicando il punto in cui la ragazza era sparita.
- Tu dici? - domandò Marinette, fintamente vaga - Andiamo, o faremo tardi - tagliò corto, prendendo l'amica per il braccio che balbettava cose sconnesse, non potendo proprio trattenersi dal ridacchiare. Sembrava assurdo ma, dall'arrivo di Lal, tutto sembrava andare per il verso giusto.

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