Il mio San Valentino all'insegna della morte - Parte 1

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  Marinette si rigirò tra le lenzuola, con un mugolio indistinto: un raggio di sole le finì dritto in faccia e fece una smorfia, infastidita, sprofondando sotto le coperte; un attimo dopo un dolcissimo aroma di cioccolato le arrivò alle narici, facendole venire l'acquolina in bocca, e si decise ad aprire piano un'occhio.
Si stiracchiò attentamente, gettando le braccia in alto e tendendo ogni singolo muscolo, prima di alzarsi e scendere la scaletta: la stanza era vuota, la chaise-longue sgombra e l'amaca vuota, persino Tikki non c'era.
Eppure non era così tardi.
Prese qualche abito a casaccio dall'armadio e si diresse verso il bagno, fece la doccia, si vestì, preparò lo zaino e scese in cucina. Fu leggermente sorpresa di trovare tutti seduti a tavola, davanti ad una tazza di cioccolato caldo e qualche cestino di biscotti.
- Buongiorno, tesoro - salutò Sabine, allegra, facendo saltare una crêpe in padella.
- 'Giorno - rispose lei, un tantino perplessa, posando lo zaino sul divano e sedendosi a tavola: erano rari i momenti in cui tutti gli abitanti di quella casa se ne stavano seduti nello stesso punto, a colazione. Di solito Bianchi era sul divano a guardare la televisione e Dino girava per il salotto come uno zombie, con una tazza di caffé tra le mani nel tentativo di svegliarsi; solo Lal e Squalo erano a tavola, ma entrambi sempre persi in chissà quali altri pensieri, quindi se non ci fossero stati fisicamente sarebbe stato lo stesso.
Oltretutto, una colazione così ricca non era roba da tutti i giorni. Certo, quel giorno era San Valentino, ma di solito sua madre si limitava a fare dei cioccolatini o un dolce particolare, niente di più. Prese la tazza davanti a sé e ci soffiò sopra per raffreddare il cioccolato prima di berlo. Sabine sembrava di ottimo umore mentra faceva scivolare un piatto davanti ad ognuno di loro e Marinette si chiese come mai, mentre prendeva la nutella e la spalmava sulla propria crêpe. Vide di sfuggita Dino prendere un biscotto dal cestino al centro del tavolo e, stando attento che Sabine non lo vedesse, ficcarlo sotto il tavolo con una nonchalance spaventosa. Si sporse leggermente oltre il bordo, perplessa, solo per trovare Tikki seduta sulle sue ginocchia che lo sgranocchiava.
E, come era solita fare ormai da settimane, si astenne dal fare domande. Non era neanche sicura di volere una risposta, a dire il vero.
Finì la sua colazione in perfetta indifferenza, salutò Sabine, recuperò il Kwami e lo zaino e si apprestò ad uscire. Solo quando fu a metà della rampa di scale, la porta alle sue spalle si aprì.
- Aspetta un attimo - la richiamò Bianchi, raggiungendola - Prendi questo - aggiunse, porgendole un pacchettino avvolto in carta gialla con un fiocco nero.
- Cos'è? - chiese lei, curiosa.
- Cioccolato avvelenato - rispose la donna, con naturalezza, facendole sgranare gli occhi - Se vuoi uccidere qualcuno, questo è il giorno migliore per farlo con qualche cioccolatino - spiegò, saccente. Marinette aveva almeno una decina di motivi per contestare tale affermazione, tuttavia decise che era meglio non mettersi a discutere.
- Ehm... grazie, Bianchi, lo terrò presente - annuì, convinta.
La donna sorrise, evidentemente divertita - Torna presto, dobbiamo prepararci per stasera - ricordò, voltandosi e risalendo le gradinate.
- D'accordo! - rispose Marinette, mettendo il pacchetto nella tasca esterna dello zaino e sfrecciando fuori, essendo già in ritardo. Rischiò di essere investita un paio di volte ma, per non sapeva quale grazia divina, riuscì ad arrivare a scuola pochi secondi prima che suonasse la campanella. Si fece tutto l'atrio di corsa eppure, arrivata a metà della rampa di scala, inciampò in un gradino e cadde all'indietro, travolgendo almeno tre o quattro persone che stavano salendo.
Insomma, la normalità.
- Buongiorno anche a te, Marinette - disse una voce, allegra, proprio sotto di lei. Marinette si massaggiò la schiena, mettendosi seduta.
- Scusa, Nino - sospirò, dispiaciuta. Il ragazzo l'affiancò, aggiustandosi la visiera del cappello.
- Figurati, è sempre stato il mio sogno avere una ragazza che mi cade tra le braccia - rispose lui, con un gran sorriso. Marinette gli tirò una gomitata sulla spalla.
- Goditela, perché sarà l'ultima volta - lo informò, divertita.
- Se avete finito di prendere il thé, voi due, vi dispiacerebbe alzarvi? - chiese una voce gelida dietro di loro.
- Oh. Scusa, Chloé - mormorò Marinette, tirandosi su. La ragazza si alzò, seccata, iniziando a raccattare le cose che le erano cadute dalla borsa. Con sommo orrore, Marinette vide che il pacchetto con il cioccolato di Bianchi le era sciolato via dallo zaino, quindi si affrettò a farlo sparire salendo poi le scale per entrare in classe.
Nino le diede un colpetto sul braccio. - Allora, preparato qualcosa per qualcuno in particolare? - chiese, ammiccando. Marinette lo fissò per qualche istante, non capendo, infine sgranò gli occhi sbattendosi la mano in fronte.
- Giusto! Me ne sono completamente dimenticata! - esclamò. Come aveva potuto non pensare di fare qualcosa ad Adrien? L'ultima settimana aveva aiutato suo padre con il cioccolato che avrebbe dovuto mostrare alla festa, era vero, ma di certo non bastava a farle dimenticare una cosa simile.
No, il punto era un altro, ben più grave ed impegnativo.
- Sono stata molto... impegnata, ultimamente - ammise, esitante, abbassandosi la manica destra della giacca in un gesto automatico - Non ho proprio avuto il tempo di pensarci. -
- Ho sentito che casa tua è molto affollata - commentò Nino, varcando la porta.
- Sì, ma non è un problema questo - rispose lei, sedendosi al proprio posto mentre Nino si abbandonava sulla panca accanto al compagno. - È solo che... - cominciò, nervosa.
- Marinette, che hai fatto al braccio? - la interruppe Adrien, scrutando le mezze maniche della giacchetta della ragazza con le sopracciglia aggrottate: sull'avambraccio destro, poco sotto l'orlo, spuntava un cenno di bende mediche. Solo allora Nino sembrò accorgersene.
- Ti sei fatta male? - chiese, sporgendosi per vedere meglio. Marinette si morse il labbro inferiore, titubante: e adesso, come avrebbe spiegato loro Squalo le aveva quasi staccato il braccio mentre l'addestrava con la spada?
Da lì a qualche giorno Lal aveva deciso che il ragazzo dovesse insegnarle le basi dell'utilizzo delle armi bianchi, quindi si erano appartati ogni pomeriggio nel seminterrato della villa di Dino (dove la ragazza aveva scoperto alloggiavano Romario, Roberto e il resto della Famiglia Cavallone) sotto la supervisione di Bianchi.
Beh, Squalo era un'istruttore severo, certo, ma evidentemente non si era sturato bene le orecchie quando gli era stato detto che lei non aveva mai toccato una spada in vita sua prima di allora. In compenso, era stato divertente vederlo scappare per tutta la villa con una Bianchi incazzata al seguito, mentre Romario la medicava.
- Non è niente, mi sono scottata con il forno - mentì, cercando di non farsi venire i sensi di colpa - Tu, invece? - si affrettò a cambiare discorso.
Nino scrollò le spalle, prima di sospirare teatralmente affranto - Avevo tanta voglia di scrivere una poesia per esprimere tutto l'amore che provo per il mio tenero raggio di sole - disse, a voce abbastanza alta, sporgendosi oltre la spalla di Adrien.
Chloé non si voltò neanche, tenendo gli occhi fissi sul suo cellulare - Estinguiti, polpettina ripiena - rispose, eterea.
- Ah, questa fa male! - ammise lui.
- Cosa mi sono persa? - chiese Marinette, guardandoli entrambi. Adrien rise.
- Il padre di Nino ha avuto un colloquio con il signor Bourgeois, ieri - spiegò.
- Mio padre ha scelto il momento sbagliato per chiamarmi "polpettina ripiena" - sospirò il ragazzo - Però, in compenso, ho potuto assistere al "tenero raggio di sole" di Chloé - aggiunse, sogghignando.
- Polpettina ripiena? - domandò lei, perplessa ma divertita.
- È un nomignolo con cui i miei genitori mi chiamavano da piccolo - spiegò lui, seccato - Sai, ero basso e paffuto. -
- Oh, ma che carino! - commentò Alya, dolcemente, prendendolo educatamente in giro.
- Ah, ma che spiritosa. -
- È divertente bullizzarti. -
- Perché proprio tu? Io ti amavo! - esclamò Nino, tendendo la mano verso di lei con finta disperazione.
- L'amore è platonico! - rispose Alya, portandosi il dorso della mano alla fronte - Va e viene: ieri amavi me, oggi amerai un'altra, domani un'altra ancora... nel dubbio, io ti bullizzo! -
Tutti e quattro si guardarono per un'istante, poi scoppiarono a ridere.
- Oh, cielo - Marinette si asciugò una lacrima con l'indice, ridendo - Voi due dovreste fare gli attori. -
Nino si esibì in un'inchino, compiaciuto - Tu mi lusinghi. -
Il resto della giornata lo passarono a chiacchierare del più e del meno, badando pochissimo alle lezioni della mattina. Quando Marinette ed Alya scesero in cortile, all'ora di pranzo, la corvina ormai quasi non pensava più a San Valentino e connessi. In un certo qual modo fu Alya a ricordarglielo, quando notò il pacchetto con i cioccolatini spuntare dalla tasca esterna dello zaino della ragazza. Da lì fu l'inferno.
- Uuuh, per chi sono questi? - chiese Alya, maliziosa, tirando fuori il pacchetto e osservandolo. Marinette per poco non sputò il succo di frutta che stava bevendo.
- Ah, no! - esclamò, sporgendosi per riprenderlo - Non sono per nessuno... me li ha regalati Bianchi... - disse, in preda al panico, cercando di raggiungerli benché lei li tenesse in alto, fuori dalla sua portata.
- Davvero? - chiese Alya, perplessa, osservando il pacchetto sospeso sopra il suo viso - Allora perché qui c'è scritto "Per Adrikins"? -
Marinette smise di arrampicarsi sulla testa dell'amica, agghiacciata. - Cosa? - sbottò, afferrando finalmente il pacchetto: in effetti, vicino al fiocco di velluto nero, vi era un bigliettino che era sicurissima non ci fosse quando Bianchi glielo aveva dato. Con una calligrafia elegante e ondulata vi era scritto "Per Adrikins, con affetto..."
- ...Chloé?! - esclamò lei, stranita - Non è possibile! Questo me lo ha dato Bianchi stamatti...! - un brivido gelido le corse giù per la schiena al ricordo dell'epocale caduta giù per le scale d'ingresso, nel quale aveva coinvolto Nino, Chloé e Sabrina. Si sbatté una mano in fronte, dandosi della stupida - Ma certo, che scema! - sbottò - Stamattina ci siamo scontrate sulle scale e devo aver preso il suo pacchetto credendo fosse il mio! -
- Sì, però... - continuò Alya, sbirciando dentro la tasca - ...qui non c'è nient'altro - notò, mostrando il contenuto vuoto. Marinette impallidì paurosamente, tanto che per poco non si confuse con l'intonaco alle sue spalle. Guardò il pacchetto tra le proprie mani, e lì sentì nitidamente i dieci anni di vita che scivolavano via dal suo corpo.
- Quindi... se io ho il suo... - mormorò, sentendosi malissimo - ...lei ha il mio. -
- E allora? - domandò Alya, scrollando le spalle. Marinette scattò in piedi, portandosi le mani nei capelli in preda al panico.
- E allora Adrien sta per morire intossicato! - urlò, girando i tacchi e sfrecciando attraverso l'atrio dritta verso le scale, ignorando gli sguardi allucinati di chi la vedeva passare.
Quando piombò sulla soglia della classe, quasi scardinando la porta, rimase pietrificata per qualche secondo nel vedere Chloé e Adrien davanti le finestre: la prima tutta sbrillucicosa e più civettuola del solito, il secondo che fissava decisamente perplesso quel cioccolato dall'aria mortale.
- Nino! - urlò, adocchiando il ragazzo poco sopra le scale, proprio mentre Adrien prendeva un cioccolatino, sospettoso. Lui si voltò verso di lei, sentendosi interpellato, e Marinette indicò il biondo con la mano - Placcalo! - ordinò, scattando verso il duo.
Il ragazzo non fece domande, di questo bisognava dargliene atto, ma schizzò giù dalle scale e si gettò di peso saltando gli ultimi tre gradini. Successe tutto molto velocemente: il dolce era a pochissimi millimetri dalle labbra di Adrien quando Nino gli saltò addosso, prendendolo per le spalle e mandandolo al tappeto. Marinette era schizzata alle spalle di Chloé, travolgendola e finendo entrambe sui due ragazzi.
Allungando le mani in un gesto disperato, la ragazza riuscì ad afferrare il pacchetto aperto, evitando che tutti i cioccolatini cadessero sul pavimento.
Poi scese il silenzio.
- Oh, grazie al cielo - sospirò Marinette, sollevata, vedendo che tutti i dolci erano al loro posto: ne mancava solo uno, quello che aveva preso Adrien, che nell'impatto era volato sul banco alle loro spalle.
- Voi due! - la voce indignata di Chloé le arrivò chiara e nitida, schiacciata tra il suo petto e la schiena di Nino, mentre Adrien era all'ultimo strato cercando di capire cosa fosse successo... e di tornare a respirare.
- Ok - annuì Nino, alzandosi la visiera del cappello che gli era calata sugli occhi - Perché li abbiamo placcati? - chiese, alzando lo sguardo verso Marinette.
Adrien sgranò gli occhi - Cioé... tu ci sei venuto addosso senza neanche sapere perché? - chiese, allibito. Nino scrollò le spalle.
- Me l'ha ordinato lei - rispose, tranquillamente - Sembrava così convincente - aggiunse, a mo di scusa. Marinette scosse il capo per scacciare quel senso di nausea e paura che aveva avuto addosso fino a quel momento, e si alzò.
- Marinette! - Alya li fissava allibita dalla soglia dell'aula, insieme agli altri ragazzi presenti.
- Marinette... che succede? - domandò Adrien, cercando di scrollarsi Nino di dosso.
- Posso spiegare - si affrettò a rispondere lei, zittendo le proteste di Chloé con un gesto della mano - Questi cioccolatini non sono i tuoi - aggiunse, recuperando il pacchetto che si era infilata nella borsetta durante il tragitto dal cortile alla classe, identico a quello che stringeva tra le mani - Questi sono tuoi. Ce li siamo scambiati stamattina sulle scale - spiegò, spazzolandosi i vestiti.
Chloé lo fissò sospettosa poi aprì il biglietto, stupita - Oh, mi stavo giusto chiedendo perché non ci fosse - ammise. Marinette richiuse il proprio pacchetto alla meno peggio e si astenne dall'infilarlo nella borsetta per non rischiare di intossicare Tikki.
- Che cos'hanno questi che non va? - chiese Nino, vedendola maneggiare l'involucro con cura.
- Sono avvelenati - rispose lei, semplicemente. Tutti e quattro la fissarono, straniti, poi Nino rise pensando che la ragazza scherzasse.
- Dai, sul serio - la spronò, divertito. Marinette lo fissò, impassibile.
- No, davvero - annuì lei, serissima.
- Non penserai davvero che ci crediamo? - esclamò Chloé, scettica.
Alla ragazza bastò lanciare un'occhiata al banco alle loro spalle per trovare la risposta, e tossì leggermente - Ehm... - disse, indicandolo col dito. Tutti e quattro si voltarono e impallidirono, con un espressione di sorpresa e orrore dipinta sul volto: il cioccolatino, scioltosi, aveva formato un buco nel legno dove di solito si sedeva Sabrina.
- Pensa, avrebbe potuto essere il tuo stomaco - commentò, rivolta ad Adrien, troppo scioccato per proferire parola. - Beh... continuate pure come se non fosse successo niente - consigliò, stirando un sorriso forzato, ricevendo un'occhiata sconvolta dai suoi compagni. Marinette ridacchiò nervosamente, fece un passo indietro e scappò via.
Si fiondò direttamente in cortile e riprese il proprio zaino, gettando il cioccolato nel cestino più vicino. Adesso come l'avrebbe spiegata una bomba tossica in suo possesso? Quale scusa avrebbe trovato per il quasi omicidio di Adrien? E cosa avrebbe detto se le avessero chiesto perché un uomo vestito di nero con la permanente stava salendo le scale che portavano all'edificio, borbottando imprecazioni in italiano?
Non sappe come reagire quando il portone d'ingresso venne quasi buttato giù da un calcio e Squalo apparve tutto trafelato sulla soglia, incazzato come al solito.
- Vooooi! - sbraitò, alzando la mano destra col dito a puntare proprio lei - Che cazzo ti porti dietro, deficente?! - urlò, evidentemente riferito alla cioccolata.
Marinette fissò, allucinata e sconvolta, i boccoli albini che spuntavano dalla coda di cavallo sulla nuca del ragazzo. - Cosa... che hai combinato? - balbettò, incredula. Poté giurare di vedere le guance di Squalo tingersi leggermente di rosa mentre marciava verso di lei.
- Non ne voglio parlare - ringhiò, incazzato - Quella pazza mi ha preso per Barbie Parrucchiera! -
Marinette sbatté le palpebre - Bianchi? - domandò.
- Quante altre pazze conosci? - sbottò lui, ironico.
- Beh... - "Parecchie. Te in primis" avrebbe voluto rispondere, ma si astenne.
- Perché hai accettato quella roba? - cambiò discorso lui; lei ci mise un po' a capire che si riferiva al cioccolato.
- Mi sembrava maleducato rifiutare, sopratutto da lei - ammise, alzando le spalle.
Squalo sbatté le palpebre un paio di volte, incredulo - E ti porti a scuola un'arma assassina solo per questo? -
- Detto da te è quasi un'insulto - ribatté lei, offesa, tirandogli un calcio sullo stinco.
- Difatti, ti stavo insultando - rispose lui, colpendola sulla fronte con uno schiocco secco di dita.
- Che ci sei venuto a fare qui? - borbottò Marinette, massaggiandosi il punto leso con stizza.
- Ti prelevo - tagliò corto lui, circondandole la vita con il braccio e mettendosela in spalla.
- Ma che fai? - si lamentò la ragazza, trovandosi con la sua spalla nello stomaco.
- Ormai il danno lo hai fatto, tanto meglio che sparisci prima di dover rispondere a domande scomode - tagliò corto lui
- Non ce n'è bisogno! E poi tu come fai a saperlo? -
- Questo non è importante. E poi dimmi, grandissimo genio, come pensi di spiegare un pacco di cioccolata avvelenata in tuo possesso? - chiese lui, sarcastico, gettando occhiate alla "Che cazzo mi guardi?" a tutti coloro che, in piedi nell'atrio, fissavano lo spettacolo del tipo poco raccomandabile con i boccoli che trasportava una minorenne in spalla come un sacco di patate.
- Certo, perché tu che spunti dal nulla e mi sequestri è normale! - sbottò lei, incrociando le braccio al petto - Questo, tra l'altro, è un reato penale. -
- Fosse il primo - commentò Squalo, sarcastico, tirandola su con un gesto.
- E vedi dove metti quelle mani! - aggiunse, tirandogli una ginocchiata nelle costole quando lo sentì vagare un po' troppo al di sopra delle cosce.
- Ma per chi mi hai preso, mocciosa? - si lamentò lui, offeso - Piuttosto, ringrazia che non ti molli sul marciapiede! -
- Posso camminare da sola! -
- Sei troppo lenta. -
- E tu sei proprio un... - ma si trattenne dallo sparare un'insulto con i fiocchi: lo diceva, lei, che la compagnia di Squalo era qualcosa di nocivo.
- Piuttosto - cambiò discorso lui - Questa roba... si può togliere? - chiese, nervoso. Marinette fissò la sua nuca e si trattenne dallo scoppiare a ridere quando si rese conto che, sì, erano abbastanza ridicoli... ma gli stavano veramente bene!
- Sì, se li ha fatti con il phon basterà lavarli. O spazzolarli parecchio - mugugnò, sopprimendo una risata.
- Non è divertente! - sbraitò Squalo.
- Ma ti donano - ammise lei, soffocando il riso nella giacca di lui.
- Sei proprio una... -
- ...mocciosa, sì, sì - borbottò lei, alzando gli occhi al cielo.
- Del cazzo - aggiunse lui.
- E mettimi giù che mi sta venendo la nausea - borbottò, sentendo la bile risalirle dallo stomaco. Squalo non le rispose, avanzando velocemente sul marciapiede, ignorando gli sguardi di chi li vedeva passare. - Ci stanno guardando tutti - gli fece notare lei, seccata.
- Che guardino - fu la risposta.
- Se non mi metti giù entro tre secondi mi metto ad urlare - minacciò, venendo ignorata. - Giuro che ti faccio arrestare - aggiunse, stizzita.
- Peggio per loro - rispose pigramente Squalo.
Marinette respirò a fondo, alzò il viso e lanciò un urlo che per poco non gli fece saltare un timpano - AIUTO! UN PERVERTITO CON I BOCCOLI MI HA RAPITA! -
Il ragazzo si fermò di botto e tutti i presenti si voltarono verso di loro, guardandoli storto.
- Vooooi! Ma che cazzo ti prende?! - urlò lui - Mi hai quasi stonato! -
- Te lo avevo detto - bisbigliò lei, indignata - Mettimi giù! -
- Col cazzo! -
- Aiutatemi! Vuole stuprarmi! - aggiunse, a pieni polmoni, voltandosi verso i passanti più vicini.
- Ma non è vero! - sbottò lui.
- Allora mettimi giù! -
- Non badate a lei, è pazza - consigliò, tranquillamente, aggiustandosela in spalla con un gesto e riprendendo a camminare - Sente le voci. È un pericolo per sé stessa. -
- Squalo! Lasciami andare! -

The Lady of the RingWhere stories live. Discover now