Ancora il bambino venuto dall'Italia

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Titolo: The Lady of the Ring
Capitolo: 23. Ancora il bambino venuto dall'Italia
Fandom: Katekyo Hitman Reborn - Miraculous
Numero Parole: 4.433
 
 
 
 
 
Ci vollero molte tazze di camomilla per calmarli ma la parte più difficile fu affidata a Romario, incaricato di spiegare all'allegro trio che tutti gli abitanti di quella villa sapevano perfettamente della donna morta nello sgabuzzino ma non avevano voluto dire niente per non spaventarli. Almeno una volta alla settimana sentivano quei rumori e quasi tutti avevano assistito alla stessa scena ma non era mai accaduto nient'altro, nessun episodio paranormale, niente oggetti che si spostavano o porte che si aprivano da sole: al di fuori di quelle fatidiche notti, era una casa normalissima.
Squalo si era incazzato parecchio ma Marinette si era sentita quasi sollevata nel saperlo, sebbene fosse ancora molto turbata da ciò che aveva visto; Dino ci aveva messo un po' di più a tranquillizzarsi ma alla fine aveva accantonato l'idea di vendere la villa ed erano tornati ad una parvenza di normalità per i giorni restanti, prima di tornare a casa di Marinette.
Dal canto suo, la ragazza ci aveva messo un po' ad abituarsi al nuovo arredamento della sua stanza e qualche volta faceva ancora confusione (il che era un problema se doveva muoversi al buio), ma sapeva che il peggio sarebbe giunto con l'arrivo di Tsuna quindi non si lamentò.
- Beh, alla fine è carina - disse Tikki, guardandola sbuffare mentre si dirigeva verso il letto e fare dietrofront per puntare alla scrivania.
- Ma è difficile togliersi delle abitudini vecchie di anni - borbottò lei, aprendo il cassetto per mettere a posto le forbici.
- Le abitudini si possono sostituire, basta solo crearne di nuove - fece notare Squalo, sfogliando distrattamente una rivista di abbigliamento seduto sulla chaise-longue.
- E questo lo dici dall'alto dei tuoi ventidue anni di saggezza, presumo - commentò sarcastica, cercando il filo giallo.
- Ovviamente - replicò lui, girando pagina - E comunque sono ventitrè - la corresse.
Marinette smise di scavare nel cassetto e si voltò di scatto verso di lui, aggrottando le sopracciglia, con la sensazione di essersi persa qualcosa di importante: - Avevi detto di averne ventidue quando ci siamo conosciuti - ricordò, credendo di aver capito male per tutto quel tempo.
- Ma nel frattempo sono diventati ventitré - rispose Squalo, indifferente.
Lei abbandonò definitivamente la sua ricerca drizzando la schiena: - E quando?! -
Lui alzò gli occhi dalla rivista, pensieroso: - La settimana scorsa. -
Cosa?! - sbraitò lei, incredula e sconvolta - Perché non lo hai detto?! -
Non poteva credere che fosse stato il suo compleanno e lei non ne aveva saputo assolutamente nulla, era assurdo. Avevano festeggiato il compleanno di Dino a febbraio e aveva dato per scontato che avrebbero festeggiato quello di Squalo, una volta arrivato il momento, invece nessuno l'aveva informata; nemmeno lui.
- Perché non mi interessa - rispose semplicemente il ragazzo, tornando a leggere - Mi serve giusto per tenere il conto degli anni, il resto è irrilevante. Già mi secca abbastanza che Lussuria cerchi di rifilarmi una festa ogni anno. -
Marinette fece una smorfia e non si premurò neanche di nascondere la delusione: aveva sperato di fargli una festa a sorpresa, con tanto di torta e regali, ma se Squalo decideva di non voler fare qualcosa niente poteva smuoverlo, soprattutto se c'era già qualcuno che provava da anni a fargli festeggiare il suo compleanno senza alcun successo. No, decisamente non avrebbe gradito anzi, probabilmente si sarebbe solo incazzato.
- Beh, potevi dirlo. Almeno per gli auguri - insistette, decisa a scoprire il giorno esatto. - E quando è stato di preciso? -
Squalo sospirò, seccato, ma si arrese abbastanza velocemente: - Il 13. -
Tredici marzo. Marinette si appuntò la data mentalmente per il prossimo anno e, fu solo in quel momento, che si fece un rapido calcolo. - Oh… sei nato nell'anno della tigre - constatò, non troppo sorpresa, e lo vide inarcare le sopracciglia.
- Non credevo seguissi il calendario cinese - ammise, sinceramente stupito: conosceva le origini di Sabine, ma Marinette era nata e cresciuta in Francia e non sembrava molto preparata su ciò che riguardava la Cina (aveva anche iniziato a studiare da poco la lingua); aveva dato per scontato che fosse più "europea" che "asiatica".
Lei alzò le spalle: - Mamma non simpatizza con lo zodiaco tropicale - ammise divertita.
- E quando sei nata, tu? - chiese, come se si fosse reso conto solo in quell'istante di non averle mai chiesto la data di nascita.
- Ventidue agosto. -
- Anno del serpente. Ti si addice. -
- Non ti credevo così informato. -
- Ho viaggiato molto in Asia e trovo il capodanno cinese e quello giapponese molto interessanti. -
- In Italia non lo è? -
- Non particolarmente: solo tanta gente che fa casino per strada - ammise seccato - Quando vincemmo i mondiali di calcio s'impegnarono di più. -
Marinette non riuscì a trattenere una risata: non le piaceva ficcanasare, ma avrebbe voluto chiedere come organizzassero le festività nei Varia o se tornassero dalle proprie famiglie… sempre ammesso che ne avessero una. Squalo non aveva mai accennato a genitori, fratelli, sorelle o cugini; una sola volta aveva parlato del padre ma non aveva detto cosa era accaduto dopo la sua partenza dall'Italia. Immaginava che il discorso fosse delicato o che lui semplicemente non volesse parlarne, ma la curiosità era tanta: di Squalo si potevano dire molte cose, ma non che non fosse una persona interessante.
- Suppongo che tu non faccia parte di quel casino - buttò lì, cautamente, onde evitare di allargarsi troppo. Squalo scrollò le spalle.
- Ovviamente. Di solito ceniamo in salone e poi aspettiamo la mezzanotte per brindare - rispose - Lussuria mette ogni anno il concerto di capodanno sul maxischermo. Almeno non ci ammazziamo di noia. -
- Oh, quindi restate con la squadra - notò, stupita e incuriosita - Nessuno di voi lo passa in famiglia? Non avete le ferie? - si lasciò sfuggire ma se ne pentì quasi subito: c'erano alcuni argomenti di cui Squalo non amava parlare e, sopra ogni altra cosa, detestava gli interrogatori; Marinette sapeva che si stavano addentrando in una zona pericolosa.
Lui, di fatti, sembrò infastidito da quelle domande e tornò a sfogliare la rivista: - Abbiamo un tot di giorni feriali all'anno - rispose a labbra strette - Possiamo chiederne altri di congedo, ma devono essere approvati dal Boss. E no, nessuno di noi torna a casa. -
- Oh - Marinette colse il campanello di allarme e capì di dover chiudere la conversazione lì, ma Tikki non fu altrettanto acuta.
- Perché? - domandò innocentemente.
Zona rossa. Zona rossa!
Marinette cercò di farle segno con lo sguardo di lasciar perdere, ma Squalo fu più veloce e rispose senza nascondere l'irritazione: - Perché Xanxus ha cercato di uccidere il Nono due volte, Bel ha ammazzato tutta la sua famiglia anni fa, i genitori di Lussuria si vergognano di lui, quelli di Mammon ormai saranno decrepiti e di Levi non frega niente a nessuno - tagliò corto.
A quel punto, anche Tikki colse l'antifona e tacque mentre Marinette ingoiò a forza il "E tu?" che le era salito alla gola: l'argomento "famiglia" era chiaramente uno di quelli taboo e si ricordò di non nominarlo dinnanzi agli altri ufficiali, semmai li avesse conosciuti.
Si schiarì la voce e cercò di sviare l'argomento: - Beh, dovrai scalarti parecchie ferie con tutto il tempo che hai passato qui - esclamò con il tono più leggero che le riuscì, tornando a concentrarsi sul proprio cassetto.
- Con tutti i giorni che ho accumulato non è certo un problema - rispose Squalo, rilassandosi un po'. Marinette trovò il filo di cotone e si sedette alla scrivania, mordendosi la lingua per impedirsi di fare altre domande, prestando la propria totale attenzione alla trousse che doveva ricamare. Il mese successivo sarebbe stato il compleanno di Chloé e, visto il loro rinnovato rapporto, le aveva già preparato un regalo; e cosa dare a qualcuno che ha già tutto quello che si può desiderare se non un lavoro artigianale?
Aveva visto la trousse che lasciava nell'armadietto scolastico e, sebbene fosse un Dolce e Gabbana, era decisamente datato e usurato dal tempo: evidentemente lo lasciava lì per le emergenze prestandogli poca attenzione, altrimenti era raro vedere Chloé avere qualcosa di vecchio o obsoleto. Per questo aveva deciso di cucirne una nuova, con un motivo trapuntato che non passava mai di moda, di un bianco candido ornato da piccoli cristalli dorati nelle cucitore, anch'esse sui toni del giallo; ci avrebbe ricamato le sue iniziali per dargli un tocco personale, sperando che avrebbe apprezzato il gesto e non si fosse fermata a criticare l'estetica… come faceva per ogni cosa.
Era arrivata a metà della C quando lo sguardo le cadde sul braccialetto con lo squalo e un lampo di genio la folgorò con prepotenza: non aveva potuto festeggiare il suo compleanno ma avrebbe comunque potuto fare a Squalo un regalo, anche solo per ricambiare il suo… ma cosa avrebbe potuto regalargli? Non lo conosceva proprio benissimo e la spada era l'unica passione di cui era al corrente, ed era inutile dire quanto fosse ignorante in materia.
Qualcosa per i capelli? Nah, lui odiava dedicare loro troppo attenzioni e il modo in cui li lavava era… eccentrico33. Per non parlare dell'asciugatura: ormai aveva delegato lei per quel compito e, almeno due volte a settimana, sbucava dalla botola armato di spazzola, phon e poca voglia di vivere.
Forse dei vestiti? Anche se Squalo indossava quasi sempre le stesse cose: camicie, jeans, stivali, giacchette e magliette a maniche lunghe. Aveva gusti piuttosto semplici e trovare qualcosa che gli piacesse non sarebbe stato difficile.
No, niente di quelle opzioni le piaceva. Voleva che fosse qualcosa di personale, che avesse un pezzo di lei dentro esattamente come il braccialetto che indossava in quel momento.
Il braccialetto…
E la soluzione si palesò dinnanzi a lei come un fulmine a ciel sereno, facendole nascere sul viso un sorriso tanto trionfante quanto inquietante.
- E comunque io non sono qui in ferie, eh. -
 
 
 
Marinette ci mise quattro giorni per organizzare tutto: fece diversi schizzi del gioiello prima di avere un risultato che la soddisfacesse e chiese a Chloé il nome del suo orefice di fiducia per poter realizzare il prodotto finito. La ragazza era stata decisamente sospettosa (soprattutto perché Marinette era stata molto vaga sulla destinazione di quel progetto) ma alla fine aveva proposto di ordinarlo al posto suo, potendo sfruttare il proprio nome per velocizzare il lavoro (che altrimenti avrebbe richiesto come minimo una settimana di attesa). Ovviamente aveva pagato il conto (che non era stato per nulla dolce) ma quando Chloé glielo consegnò, Marinette si rese conto che valeva ogni singolo centesimo speso; era stato difficile contenere la gioia, tanto che l'aveva abbracciata di slancio, ed era corsa subito a casa per impacchettarlo. Era emozionata e aveva atteso con ansia il momento in cui glielo avrebbe consegnato. Momento che, a quanto pareva, sembrava farlo apposta a tardare così tanto.
Guardava l'orologio picchiettando le unghie sul ripiano della cucina, mordendosi freneticamente il labbro: Squalo era andato a fare delle compere personali all'ipermercato e sarebbe dovuto tornare di lì a poco, ormai. Voleva che si sbrigasse a rientrare, ma era anche agitata al pensiero di cosa avrebbe detto quando gli avrebbe dato il regalo: forse gli avrebbe fatto schifo o lo avrebbe rifiutato a priori o si sarebbe semplicemente infastidito/incazzato… non lo sapeva ma la spaventava la sola idea.
Squalo sapeva essere imprevedibile a volte, quindi poteva aspettarsi di tutto da lui.
Una chiave girò nella toppa e lei sobbalzò, vedendo il ragazzo entrare con l'aria già incazzata sul viso: un ottimo modo per cominciare.
- Quei dannati idioti, la prossima volta lo prendo su Amazon - borbottò togliendosi la giacca e gettandola sull'appendiabiti. Aveva un pacco in mano che abbandonò sul divano e solo quando entrò in cucina si accorse di lei. - Ah, sei qui - esclamò, rilassandosi un po', avanzando verso il frigo per prendere un lattina di aranciata. Marinette spinse il proprio pacchetto dietro la fruttiera con un gesto nervoso e deglutì.
- Problemi? - butto lì.
Squalo sbuffò: - Ci hanno messo una vita per far arrivare il mio ordine e hanno pure sbagliato modello - rispose, trafficando con la linguetta della bibita - Questo succede ad assumere incompetenti - si sedette di fronte a lei e aprì la lattina con un po' troppa violenza, staccandola. Non sembrava affatto il momento migliore per dargli un regalo ma, nonostante l'ansia e l'agitazione, Marinette sentiva di non poter più aspettare. Doveva solo capire come iniziare il discorso.
Ci stava giusto rimuginando quando, come un segno dal cielo, il telefono di Squalo emise un debole trillo da qualche parte nei suoi jeans che gli fece gonfiare una vena sulla tempia; ringhiò qualcosa di indefinito ma lo ignorò.
- Qualcosa non va? - chiese lei, vedendolo decisamente irritato e sentendo già salire la sua aura omicida.
- Sono Bel e Mammon che rompono il cazzo - sbottò lui - Vooi! Anche in un'altra nazione devo far loro da baby sitter. Non posso neanche prendermela con Lussuria perché l'ho bloccato, continuava a insistere con questa storia del compleanno - borbottò.
Marinette trasalì ma, fortunatamente, lui non ci fece caso.
- Se arriva un pacco dall'Italia bruciatelo - avvisò, stizzito, prendendo un sorso di aranciata. Lei non si fece sfuggire l'occasione e, dato che era stato lui a inserire il discorso, decise di approfittarne.
Si schiarì nervosamente la gola - Ehm… riguardo al tuo compleanno… - iniziò ma lui la interruppe.
- Se pensavi di festeggiarlo, scordatelo - la stroncò sul nascere, confermandole ciò che già aveva intuito.
- Sì, questo mi era chiaro - ammise amaramente, non preoccupandosi di nascondere la propria delusione a riguardo, ma sul regalo non intendeva tirarsi indietro anche a costo di infilarglielo a forza.  Strinse il pacchetto tra le dita e si fece coraggio - Ma almeno questo te lo posso dare? - continuò, facendolo scivolare sul marmo dinnanzi a lui. Il ragazzo lo fissò per un istante, ad occhi sgranati, e per un attimo Marinette provò un moto di soddisfazione ad averlo preso così alla sprovvista. Di certo non se lo aspettava ma la sua esitazione le metteva un'ansia terribile: dopo tutta la fatica (e i soldi) che aveva speso ci sarebbe rimasta davvero male se lo avesse rifiutato senza neanche guardarlo. - Allora? - insistette, sventolandoglielo davanti per esortarlo a prenderlo.
Squalo sussultò e fece una smorfia mista tra imbarazzo e fastidio, ma si decise ad afferrarlo con un borbottio sconnesso: lo guardava come se fosse una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro ma, allo stesso tempo, c'era un velo sui suoi occhi che sapeva quasi di… aspettativa.
Marinette rimase a fissarlo mentre lo scartava, con un sorriso emozionato stampato in faccia, mettendolo molto a disagio, e quando aprì la scatola rivelando un braccialetto l'espressione di Squalo fu impagabile. Marinette lo aveva disegnato sullo stesso modello di quello che le aveva regalato lui, i fili erano in filigrana rossa mentre la catenina in argento; lo charm, a forma di coccinella, era dipinto con smalto rosso. L'aveva scelta un po' perché era l'unico animale che poteva associare a sé stessa e un po' perché era un simbolo portafortuna, anche se il colore era decisamente appariscente.
Il ragazzo era senza dubbio sorpreso, ma c'era altro nel suo sguardo che non riusciva ad identificare e il suo prolungato silenzio fece scemare piano piano tutti i buoni propositi di Marinette, il cui sorriso si affievolì notevolmente: forse non era un tipo che indossava gioielli o quello in particolare non gli piaceva o avrebbe preferito qualcosa di più utile... era difficile capirlo. Avrebbe tanto voluto che dicesse qualcosa, anche un "Mi fa schifo" le andava bene purché parlasse.
- Non... ti piace? - domandò, senza riuscire a nascondere una punta di delusione nello sguardo. Squalo trasalì e alzò gli occhi su di lei, impallidendo.
- Cos... no! No, è carino - si affrettò a rispondere, ma a lei sembrò più un blando tentativo di farla contenta.
- Se non lo vuoi basta dirlo, non mi offendo... - insistette, non volendo che si sentisse in obbligo di accettarlo: ci sarebbe rimasta un po' male ma non poteva pretendere che tenesse un regalo che non gradiva. Il ragazzo scosse il capo e lo tirò fuori dalla scatola.
- Sul serio, mi piace - rispose, imbarazzato e un po' a disagio - Grazie - aggiunse a mezza voce.
Era in quei momenti che Squalo la stupiva: con la sua solita aria baldanzosa e sicura di sé dava l'impressione di essere assolutamente intoccabile, sia fisicamente che emotivamente, nulla sembrava scalfirlo e la sua freddezza era il suo cavallo di battaglia… ma quando si trattava di sentimenti, tutte le sue difese crollavano e Marinette si ritrovava davanti un ragazzo impacciato, quasi timido, che faticava a scontrarsi con le emozioni altrui (e con le proprie). Ed era strano ai suoi occhi vedere quel cambiamento così repentino.
Anche in quel momento, mentre era in evidente disagio e non aveva la più pallida idea di che cosa dire dinnanzi a quel regalo tanto inaspettato quanto affettuoso.
Marinette avrebbe volentieri riso ma non voleva offenderlo, quindi si trattenne e decise di liberarlo da qualunque obbligo morale, anche se le sarebbe piaciuto restare lì a godersi lo spettacolo di lui che si sforzava per trovare qualcosa di carino da dire in risposta.
Quindi scrollò le spalle e si alzò: - Tanto meglio, con quello che mi è costato - esclamò allegramente, ridacchiando dinnanzi la sua espressione disorientata: forse Radi aveva ragione, era davvero un po' sadica.
- Guarda che non c'era bisogno… - iniziò lui, cogliendo il suo tentativo di prenderlo in giro e cercando di riacquistare contegno, ma Marinette non voleva finire con il litigare di nuovo quindi lasciò cadere la provocazione.
- Certo che c'era bisogno e poi non sono mai riuscita a ringraziarti decentemente per questo - ricordò dolcemente facendo tintinnare il proprio bracciale e lo vide distogliere lo sguardo con imbarazzo, borbottando qualcosa. Era quasi tenero e lei si ritrovò a pensare, un po' sadicamente, che non c'era nulla di male a sfruttare quel suo punto debole ogni tanto; anche solo per divertirsi un pochino.
- Era solo che mi sentivo in colpa ad essermene andato senza salutare, tutto qui - rispose, usando quel poco di dignità che era riuscito a racimolare per riprendere la propria compostezza. Compostezza che si sfracellò contro un muro pochi istanti dopo, quando Marinette gli sfiorò la guancia con le labbra in un moto di tenerezza.
- E lo apprezzo molto - ammise dolcemente, uscendo dalla cucina per tornare in camera propria, lasciandolo pietrificato su quella sedia a fissare il vuoto dinnanzi a sé.
Era stato istintivo per lei, quasi naturale farlo: aveva creduto che fosse solo un gesto innocuo, un'innocente dimostrazione di affetto e che non ci potesse essere nulla di male in un semplice bacio sulla guancia… ma non seppe mai che fu proprio quella la miccia che portò al disastro.
 
 
 
 
 
I giorni che precedettero l'arrivo di Tsuna furono terribilmente movimentati. Tom e Sabine erano ansiosi come mai Marinette li aveva visti e, in effetti, neanche lei scherzava: aveva un subbuglio di emozioni dentro di sé confusionarie e pesanti, tanto da portarla ad un paio di crisi isteriche nelle ultime ore di attesa.
A Dino era toccato l'ingrato compito di tranquillizzare tutta la famiglia e impedire che Sabine facesse la spesa per un reggimento, indecisa su cosa cucinare agli ospiti: aveva cambiato idea per il menù del pranzo già quindici volte e sembrava sull'orlo del collasso, nonostante Bianchi le avesse più volte assicurato che né Tsuna né Reborn erano schizzinosi e qualunque cosa avesse fatto sarebbe andato bene. Per Tom era stato più facile e aveva preparato sia una pithivier alle mandorle che dei mochi alla frutta come dessert, non nascondendo la sua emozioni nel ritrovarsi a preparare dei dolcetti giapponesi per la prima volta; sperava solo che fossero buoni e il fatto che Dino lo avesse assicurato che somigliavano molto a quelli che aveva assaggiato in Giappone lo aiutò decisamente.
Squalo, dal canto suo, era stato di umore nero in quegli ultimi giorni ed era difficile capirne la motivazione: probabilmente era per l'arrivo di Tsuna anche se Marinette aveva l'impressione che ci fosse qualcos'altro dietro, ma dovette rinunciare ad ogni proposito di indagare perché lui si dileguò la mattina stessa del giorno stabilito, diretto alla villa, ringhiando un feroce "Se lo vedo lo strozzo".
E quindi era rimasta sola a svuotare l'armadio, cercando qualcosa di decente da mettere: camicie, jeans, gonne, calze, t-shirt, felpe… tutto quello che tirava fuori non le sembrava adatto: non sapeva se vestirsi in modo formale oppure no, se indossare un vestito o qualcosa di più simile a giacca e cravatta, erano tutti sul vago con i loro "Qualunque cosa andrà bene" che la stava mandando in bestia. Sembrava quasi che stesse per incontrare un vecchio amico dinnanzi a cui poteva presentarsi pure in pigiama, tanto non ci avrebbe fatto caso.
Svuotò l'ennesimo cassetto con frustrazione prima che le arrivasse il suo peluche a forma di tigre bianca dritto in testa, facendola sobbalzare, seguito da un "Mettiti una cosa qualsiasi e basta, per la miseria!" sbraitato da Lal. Alla fine optò per il classico jeans e camicia e si raccolse i capelli sulla nuca, cercando di fare uno chignon decente (il che non fu facile dato che non erano molto lunghi). Si truccò un po' più del solito, senza esagerare, e sperò con tutto il cuore che le cose andassero per il meglio.
Alle undici e tre quarti, Dino si avviò all'aeroporto per andarli a prendere e Sabine iniziò ad apparecchiare la tavola. Marinette rimase seduta sul divano a giocherellare con l'anello, passandolo da un dito all'altro con nervosismo.
Smettila, per favore, mi stai facendo venire il mal di mare…, la supplicò Radi con voce sofferente. Ogni volta che Marinette metteva l'anello al dito, si creava un contatto tra loro che gli permetteva di entrare nella sua mente per parlarle o prenderne il controllo, e quel sfilare/infilare continuo lo stava destabilizzando, come se la ragazza stesse attaccando e staccando a ripetizione la presa di corrente.
« Scusa. Sono così nervosa. »
Sì, lo avevo intuito, ammise lui divertito, Ma non hai nulla di cui preoccuparti e questo Tsuna sembra una persona… particolare. Di sicuro, sarà interessante conoscerlo.
Su questo, Marinette concordava perfettamente: togliendo lo shock iniziale, la loro telefonata l'aveva incuriosita molto e non sapeva ancora cosa aspettarsi. Che tipo di persona si sarebbe trovata di fronte era un vero mistero e quel poco che i ragazzi le avevano rivelato era stato molto confusionario: per Squalo era un moccioso smielato e strafottente, per Dino un fratellino pieno di risorse e forza d'animo, per Bianchi un bambino troppo cresciuto… tutte quelle visioni differenti non fornivano un quadro chiaro su di lui e la loro breve telefonata l'aveva solo disorientata ancor di più.
Non sapeva neanche che aspetto avesse, per la miseria! Se fosse alto, basso, magro, con i capelli neri, biondi o rossi, se avesse la pelle chiara o scura… era totalmente allo sbaraglio e la sua immaginazione si era sbizzarrita nei modi più improponibili. Aveva conosciuto gli altri membri della famiglia e gli erano sembrati tutti dei ragazzi abbastanza normali, sia nell'aspetto che nel carattere, le classiche persone che puoi incrociare per strada tutti i giorni e notarli a malapena… valeva anche per Tsuna? O forse lui era diverso? Forse aveva un aspetto più minaccioso o una valanga di muscoli o un carattere autoritario? Era pur sempre il candidato Boss di una famiglia mafiosa, dopotutto. Beh, non che Dino avesse chissà quale estetica particolare, per non parlare di sé stessa poi…
Ah, le stava venendo mal di testa.
Rilassati, andrà tutto bene, la tranquillizzò Radi, carezzandole dolcemente l'inconscio, Sono qui con te.
E non poteva neanche immaginare quanto ciò le fosse d'aiuto in quel momento.
- Sono arrivati - esclamò d'un tratto Bianchi, affacciata alla finestra, facendola sobbalzare. Rientrò in salotto, accomodandosi in poltrona, e Lal scese dal divano per raggiungere la porta. Tom e Sabine si scambiarono uno sguardo ansioso e per lunghi minuti tutto tacque, l'atmosfera era così tesa che Marinette avrebbe potuto tagliarla con un coltello da burro. Poi si udirono dei passi su per le scale, la voce di Tsuna emise un debole lamento sulla quantità di gradini e la pesantezza della valigia, immediatamente stroncata da quella di Reborn che lo invitava, molto poco gentilmente, a non fare la mammoletta.
Lo stomaco di Marinette si strinse dolorosamente e, dopo pochi istanti, il campanello suonò… ma nessuno si mosse. Con suo sommo orrore, la ragazza si accorse che gli astanti stavano guardando proprio lei come se si aspettassero, o credevano fosse giusto, che andasse lei ad accogliere gli ospiti.
Con il cuore pesante e la bocca troppo secca per proferire lamentele, si alzò e si diresse verso la porta: aveva le gambe molli e le tremavano le dita mentre le poggiava sul pomello. Intercettò lo sguardo di Lal, in piedi accanto a lei, e la vide farle un cenno di incoraggiamento bizzarramente premuroso. Inspirò a fondo e aprì lentamente la porta.
La prima persona che vide fu Dino, in piedi sul pianerottolo che reggeva una valigia nera molto piccola in una mano, poi Reborn seduto sulla spalla destra con il solito completo nero e, proprio davanti a lui, un ragazzo. Marinette trattenne un sobbalzo quando incrociò un paio di grandi occhi color castagna che tradivano un'agitazione senza precedenti, incastonati in un volto pallido dai lineamenti morbidi e il mento leggermente appuntito; una nube di disordinati capelli castani lo incorniciavano in modo quasi buffo, dandogli un'aria scarmigliata che aveva un che di tenero, ed era più basso di lei di almeno tre centimetri. Era vestito nel modo più normale che si potesse immaginare con jeans chiari, scarpe da ginnastica e una felpa bianca e arancione a fasciargli il fisico magro e minuto e portava in spalla un borsone nero grande quasi quanto lui.
Marinette non riuscì a spiccicare neanche una parola ed era sicura che, alle proprie spalle, i suoi genitori fossero stupiti tanto quanto lei.
Tsuna strinse la tracolla fino a sbiancarsi le nocche e s'inchinò impacciatamente dinnanzi a lei, in un tipico saluto giapponese: - Ehm… p-piacere, sono Sawada Tsunayoshi. Lieto di conoscerti - balbettò in un francese piuttosto incerto, nervoso e imbarazzato, e Marinette dovette fare uno sforzo enorme per non farsi cadere la mascella: il Decimo Boss della famiglia mafiosa più potente d'Europa era un ragazzino qualunque.
 
 
 
 
 
Note🎶:
33Nello speciale del volume 12 di Katekyo Hitman Reborn, "Le Vacanze estive dei Varia", viene mostrato il rapporto di Squalo con i suoi lunghi capelli e quanta poca voglia abbia di prestarci attenzione, cosa che lo ha portato ad usare le sua "abilità" pure per lavarli. L'asciugatura davanti al ventilatore mi ha uccisa dalle risate, quindi ho pensato di donargli almeno qualcuno che glieli asciugasse in modo decente.



Angolo autrice:
E ci siamo! Finalmente sono riuscita a far apparire Tsuna dopo VENTITRE' capitoli. Mi sento un po' infame ma dovevo gettare tutte le basi precedenti e approfondire il rapporto tra Squalo e Marinette, che sarà fondamentale per il resto della trama, soprattutto ora che Lal sta per uscire di scena. Mi si stringe il cuore al pensiero ma devo farlo.
E mi stupisco di me stessa per aver finito questo capitolo così velocemente, si vede che avevo proprio voglia di scriverlo, vero? E spero di mantenere questo ritmo, sopratutto ora che è entrato in scena il re degli sfigati: mi divertirò un sacco.
Baci

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