XIII

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Harry aveva fatto quell'errore solo un'altra volta.

Non era stupido, e sapeva che doveva fare attenzione. L'aveva imparato abbastanza in fretta, che parlare con qualcosa che sembra in tutto e per tutto una persona viva può portare a delle complicazioni: Harry deve ricordare dei confini, costantemente. Delle differenze.

Era su un autobus, da solo, aveva sedici anni. Era uno di quelli con porte anteriori e posteriori e lui, seduto davanti, si era sistemato vicino a una donna. Aveva capito subito che era morta e, dato che la cabina del conducente era isolata, ci aveva parlato a bassa voce per la lunghezza di sette fermate. Era molto simpatica, con un accento particolare, e aveva parlato ad Harry della sua fattoria. Poi, arrivato alla sua fermata, si era alzato e aveva fatto per scendere.

''Con chi parlavi, ragazzo?''

Si era congelato sul posto: qualcuno era salito dal lato posteriore, senza che se ne accorgesse. La donna lo stava fissando come si fissano i mostri, le creature strane. Harry si era indicato: ''Io?''

''Tu.''

''Io'' aveva balbettato, mentre l'autobus si fermava e le porte tremavano prima di aprirsi ''Faccio teatro, stavo- Provando le mie battute. Ho le prove'' aveva mentito, insicuro prima di correre fuori. Il cuore non smetteva di battergli come un tamburo, era rimasto dieci minuti a calmarsi alla fermata, con tanto di gente che aspettava lì e lo guardava, stranita. Il terrore di spiegarsi, il terrore che qualcuno sapesse, l'aveva bloccato, paralizzato come da un veleno. Quella sensazione cristallizzata nel tempo era stata abbastanza per imporsi di non far accadere mai più una cosa del genere, e comunque ci era caduto, un paio di volte.

Tipo adesso. Non riesce a parlare, e Louis ripete seriamente: ''Harry. Chi stavi salutando? Non c'è nessuno, al girotondo. Nessuno. Nessun bambino.''

''Ma sì'' tenta, indicando blandamente il parco: la bambina e la mamma sono ancora lì. ''Erano dietro, e per illusione ottica credevo-'' ed Harry lo vede, lo sguardo ferito negli occhi di Louis, il modo in cui percepisce immediatamente che sta provando a raccontargli una bugia, perché lui le conosce, le sente. Si arrende e sospira: ''No, okay. Hai ragione. Possiamo... Posso spiegarti a casa?''

''A casa?'' ripete Louis, sempre più confuso ''Perché, non puoi dirmelo qui?''

''Preferirei di no.''

''Cos'è così grave da non potermelo accennare adesso ma non essere venuto fuori negli ultimi sei mesi, Harry?'' domanda di scatto, più pallido di prima. Harry scuote piano la testa:

''Non- Non è- Per favore, Lou, fidati di me e fammelo spiegare a casa. Lo so che puoi farlo. Sono io.''

Louis continua a squadrarlo, per un paio di secondi in cui Harry rimane sulle spine. Poi, Louis sospira e annuisce, ma mentre si incammina di nuovo non lo tocca. Il dubbio viene scavalcato da quello che è terrore sintetico: come fa a dirgli una cosa del genere? Louis non gli crederà mai. Non può credergli, e allora cosa penserà? Che Harry è pazzo, bugiardo, che non vuole dirgli le cose. Non c'è nessun motivo per il quale questa conversazione dovrebbe finire bene, e questa cosa gli fa sbattere velocemente gli occhi.

''Sai, ti ho visto farlo altre volte'' recrimina Louis, serio ''Guardavi il vuoto per un sacco di tempo, a volte... A volte parli da solo.''

Maledetto Niall. ''Lou, c'è una spiegazione logica, per una cosa del genere.''

''Quindi lo fai?'' scatta, voltandosi a guardarlo: lo precede di pochi passi, ma significativi, per come sono abituati. ''Lo ammetti?''

''Io... Sì. Ma non è come sembra.''

''Non è come- Cristo'' sibila, riprendendo la via di casa. Harry si impegna a rimanergli vicino, ma senza sfiorarlo. Il piacevole nevischio, Londra prima di Natale, la collana, il carillon- Sembrano tutti spariti. ''Forse ti osservo più di quanto dovrei'' ipotizza Louis, occhi a terra ''Ma... A volte succede e basta. Sei come da un'altra parte.''

Little Dead Whispers ||L.S.||Where stories live. Discover now