Un modo diverso dagli altri

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Non riusciva a respirare correttamente, il cuore le rimbombava nel petto e sembrava stesse per scappare via dalla sua gabbia toracica

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Non riusciva a respirare correttamente, il cuore le rimbombava nel petto e sembrava stesse per scappare via dalla sua gabbia toracica. Era sicura della decisione che aveva preso, eppure, ora che si trovava in quella stanza dal forte odore di chiuso misto a quello dell'antisettico, seduta su quel lettino bianco e freddo, aveva paura.

Era stata sempre una ragazza piena di coraggio.

Sua nonna Marie non mancava mai di ripeterglielo fin da quando era solo una bambina. Tutte le sere, prima di andare a dormire, le leggeva una storia e, poco prima che lei chiudesse gli occhi e si abbandonasse al sonno, si avvicinava a lei e le sussurrava con premura: «Hai un gran coraggio, bambina mia. Vedrai, saprai affrontare il mondo.»

Be', in quell'istante, mentre il dottore le era di fronte e la stava visitando, non era più tanto sicura che sua nonna avesse ragione.

Non riusciva a comprendere cosa le facesse davvero paura. Forse era il fatto che per la prima volta nella sua vita stava considerando la sua cecità parziale come qualcosa da dover curare. Oppure, se doveva essere del tutto onesta con se stessa, probabilmente ciò che le faceva davvero paura era una diagnosi negativa in conseguenza a quella visita. Quell'incontro, che aveva giudicato inutile per lei, ora era diventato una possibilità ai suoi occhi e sentiva crescere dentro di sé una sconosciuta speranza.

Convivere con la sua condizione e accettarla fino in fondo, vivendo una vita come ogni altro essere umano, era ciò che aveva sempre fatto e che considerava naturale e giusto. Non si sentiva diversa dagli altri perché non riusciva a vedere. Ovvio, non era stato facile andare avanti per la sua strada facendo finta che i commenti che le cadevano addosso dalle altre persone non la toccassero. Spesso veniva trattata come una disabile, qualcuno da dover compatire ed aiutare, talvolta non per reale premura ma per mostrarsi caritatevoli. Lei però si era sempre sentita completa e capace di fare le stesse cose che facevano altri, solo a modo suo. Lottava contro il pregiudizio della gente, precisando ogni volta che lei era esattamente uguale a loro, aveva il suo modo di guardare il mondo e a volte riusciva a vedere anche ciò che la gente comune non poteva, usando i soli occhi.

C'era stato un momento quando era molto piccola che aveva girato molti ospedali. Sua mamma e sua nonna avevano sperato di trovare una cura per la sua vista, ma ogni visita si era sempre rivelata una delusione. All'epoca non aveva un'età giusta per comprendere qual era il motivo che rendeva tristi le due donne. Loro continuavano a ripeterle che il suo era un dono che la rendeva speciale, ma poi ad ogni risposta negativa data da un uomo in camice bianco scendeva sui loro visi un vello di tristezza assoluta. Con il crescere aveva capito che la storia del dono speciale era solo il modo che avevano sua madre e sua nonna di proteggerla da quella, per loro, maledetta cecità.

Per lei invece era solo parte di sé, era nata cieca perciò non le mancava la vista, non sapeva nemmeno cosa fosse vedere. Non sentiva il bisogno di guarire da qualcosa perché non si sentiva una malata, aveva imparato ad accettare la sua realtà così come gli era stata donata, non si disprezzava per ciò che era.

Io Ti Vedo/ Charles LeclercOnde histórias criam vida. Descubra agora