CAPITOLO 5

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Mi avvicino ai cancelli e alzo lo sguardo per ammirare la maestosità dello stadio Diego Armando Maradona, non l'avevo mai visto da cosi vicino e non sono neanche mai entrata al suo interno per guardare una partita. Dietro le inferriate non si percepisce nessun movimento, fatta eccezione per alcune guardie che vanno avanti e indietro tenendo sotto controllo probabili invasori, potrei chiedere loro informazioni, ma non mi sembra il caso, così prendo il cellulare dalla borsa e mando un messaggio a Khvicha per capire da quale parte entrare.

"Ciao, sono fuori lo stadio, ti aspetto qui?"

Prima di ricevere una risposta aspetto qualche minuto, solo guardando per un attimo lo schermo dello smartphone mi accorgo che sono le cinque e trentacinque, orario in cui avrebbe dovuto finire di allenarsi, forse è negli spogliatoi a fare una doccia.
Vado avanti e indietro per qualche secondo, sobbalzando non appena sento la vibrazione del telefono che subito sblocco, scoprendo il contenuto del suo messaggio.

"Si, aspettami lì, ora esco con la macchina"

Deglutisco nello stesso momento in cui leggo la parola "macchina", il solo pensiero di stare in auto con lui mi fa avvampare dall'imbarazzo, non lo conosco neppure e salire già in macchina con lui mi fa un strano effetto.
Resto fuori l'enorme struttura con il cuore a mille, presa dall'agitazione continuo a camminare e a fare sempre lo stesso giro come una trottola impazzita fino a che non sento la suoneria del cellulare. Lo prendo prontamente sperando che a chiamarmi sia Anna, magari per sapere se è tutto apposto, ma purtroppo non è lei.
<<Pronto>>
Potrei rispondere dicendo il suo nome, visto che è lui, ma mi viene naturale rispondere sempre così.
<<Io sono in macchina, ho una Mini grigia>>
Mi informa, provocando un tremolio lungo le mie gambe.
<<Allora ti aspetto>>
<<Non scappare, mi raccomando>>
Continua per poi staccare la chiamata. Poso il telefono in borsa e cerco di farmi un discorso motivazionale per non stare così in ansia, cosa alquanto inutile visti gli scarsi risultati, ma non mi arrendo e inizio a fare dei respiri profondi e a dirmi "Tranquilla, è solo un'uscita. Se va, va, altrimenti si torna alla vita monotona di prima".
Le parole che ronzano nella mia mente scivolano via nell'istante in cui sento il rombo del motore di un'auto e il suono di un clacson. Alzo lo sguardo e lo vedo, è nella sua auto e tiene la mano sinistra salda sul volante e la destra sul cambio. Mi avvicino alla macchina a passi lenti, forse anche troppo e quando arrivo abbastanza vicino, allungo il braccio verso la maniglia della portiera e salgo in auto. 
Vengo accolta immediatamente da un odore buonissimo, forse è il suo o forse è qualche deodorante per auto, ma poco importa. Mi volto verso di lui e devo ammettere che a primo impatto è anche più bello rispetto a quello che può sembrare in foto.
<<Ciao>>
Sporge il busto in avanti e ci salutiamo con due baci sulle guance.
<<Ciao>>
Rispondo, cercando di nascondere l'imbarazzo con un sorriso.
<<Ti ho fatta aspettare molto?>>
Chiede, prima di inserire la prima marcia per ripartire.
<<No, sono arrivata dieci minuti fa>>
Rispondo, spostando lo sguardo dalla sua figura agli interni dell'auto.
<<Dieci minuti sono tanti, ma mi farò perdonare con un buon aperitivo>>
Osservo il sorriso che spunta improvvisamente sul suo viso e resto incantata a guardarlo per alcuni secondi.
<<Com'è andato l'allenamento?>>
Non so dove trovo il coraggio, ma pur di non restare in silenzio gli farei qualsiasi tipo di domanda.
<<Bene, il mister ci fa faticare parecchio ma alla fine i risultati si vedono, quindi va bene cosi>>
Ammette, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla strada. I minuti precedenti all'arrivo al bar trascorrono abbastanza velocemente, in un gioco di botte e risposte sui nostri lavori e sulle nostre passioni.

Arriviamo nel parcheggio del locale, dove Khvicha parcheggia la macchina e subito scendiamo da essa, recandoci verso l'entrata. Ad accoglierci è un cameriere, avrà una quarantina d'anni e appena vede il calciatore alla mia destra lo saluta con una stretta di mano amichevole.
<<Era da un po' che non ci si vedeva, come stai?>>
Domanda quest'ultimo al moro, dando inizio ad una breve ma intensa conversazione su come stessero procedendo le loro vite.
<<E chi è questa bella ragazza?>>
Continua riferendosi a me e squadrandomi da testa a piedi.
<<È una mia amica>>
Risponde Khvicha sorridendo all'uomo per poi guardare me subito dopo.
<<Venite, vi porto al tavolo che hai prenotato>>
Il cameriere ci fa strada, percorriamo la zona principale del bar, passando accanto al bancone dei drink e accanto alla sala principale, dove i clienti non perdono l'occasione per guardare attentamente Khvicha e me, pensando chissà che cosa, in fine saliamo una rampa di scale che porta su un terrazzino, dove messi a triangolo, ci sono tre tavolini rotondi tutti liberi.
<<Eccoci qua!>>
Annuncia l'uomo, togliendo un bigliettino con su scritto "Riservato" dal tavolo e augurandoci buon proseguimento, prima di andare via e lasciarci soli.
<<C'è una vista pazzesca qui>>
Dico entusiasta, guardando lo spettacolo che offre il panorama, diviso tra l'azzurro del cielo e l'azzurro del mare.
<<Si, è per questo che ho scelto questo posto>>
Confessa mettendosi accanto a me per ammirare il paesaggio proprio come sto facendo io.
<<E poi saremo soli, ho prenotato l'intera terrazza per stare più tranquilli e lontani da occhi indiscreti>>
Continua, provocandomi un brivido lungo la schiena.
<<Sediamoci>>
Da vero gentleman si posiziona dietro la sieda e la sposta per farmi sedere, cosa che poco dopo fa anche lui, prendendo posto di fronte a me, rendendo il tutto ancora più imbarazzante, visto che siamo costretti a guardarci. Infatti così accade, per una manciata di secondi, forse minuti che sembrano interminabili, sprofondiamo l'una negli occhi dell'altro e non so come, soprattutto con quale coraggio, riesco a tenere il suo sguardo.
<<Sei davvero bella>>
Le sue parole mi fanno perdere la concentrazione, facendomi interrompere il contatto visivo.
<<Non dirmi che non te l'ha mai detto nessuno>>
Domanda quasi retorico senza distogliere la sua attenzione da me.
<<Diciamo che è da un bel po' che qualcuno non mi fa un complimento>>
Dico, ristabilendo il contatto visivo.
<<Comunque, grazie>>
Concludo, sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, segno di totale imbarazzo. Per fortuna, in mio soccorso arriva il cameriere di prima con in mano un vassoio.
<<Scusate il disturbo, vi ho portato qualcosa da sgranocchiare e da bere>>
Senza poggiare l'enorme piatto sul tavolo, ci porge un cocktail a testa e al centro posiziona alcuni piattini con varie stuzzicherie.
<<Ecco a voi ragazzi>>
Senza darci il tempo di ringraziarlo, fa marcia indietro e torna al piano di sotto, lasciandoci nuovamente soli. Poggio le labbra sulla cannuccia per bere un sorso dell'intruglio rosa che mi è appena stato servito, sento subito la fragola e forse anche il limone, è davvero squisito e credo proprio si tratti di un analcolico.
Io e Khvicha restiamo in silenzio molto probabilmente per un paio di minuti, io per l'imbarazzo e lui perché è completamente perso nell'aperitivo. Di tanto in tanto ci scambiamo sorrisi e sguardi e stranamente, poco alla volta, mi sciolgo, allentando anche l'ansia.
Il moro di fronte a me finisce di bere il suo drink e con una scatto laterale, lo vedo avvicinarsi a me con la sedia.
<<Così è meglio, no?>>
Domanda guardandomi, ravvivando il fuoco che si stava per spegnere, ma tutto quello che riceve come risposta è un mio cenno della testa. Inutile dire che mi sento una stupida, non oso immaginare cosa stia pensando di me in questo momento, quello che so e che non posso continuare a fare scena muta.
<<Molto meglio>>
Dico, confermando ciò che mi ha appena chiesto.
<<Da quanto lavori al Blu notte?>>
Continua a chiedere, tenendo lo sguardo su di me.
<<Da un anno circa, all'inizio doveva essere un lavoro momentaneo, giusto per tirare avanti e pagare l'affitto, poi ho iniziato a legare con gli altri e a trovarmi bene in quell'ambiente, quindi sono rimasta a lavorare lì>>
Spiego, girando con la cannuccia il ghiaccio nel bicchiere e ciò che è rimasto del cocktail.
<<Tu invece, da quanto giochi a calcio?>>
Rigiro la domanda, curiosa di scoprire qualcosa in più della sua vita.
<<Ho iniziato a quattro, cinque anni grazie a mio padre, che ora è un allenatore, ma è stato un grandissimo calciatore...>>
Inizia a raccontare, sotto il mio sguardo attento.
<<Ho debutto nella Dinamo Tbilisi, dove ho imparato veramente tantissime cose e da lì in poi è stato tutto in salita, fino a quando non sono arrivato qui>>
<<Ti manca la tua famiglia?>>
Domando di getto non appena finisce di parlare.
<<Molto, ma quando possono vengono a vedere qualche partita e passiamo alcuni giorni insieme>>
Sorrido ascoltando la sua risposta, percependo nei suoi occhi una certa tenerezza.
<<Devono essere molto fieri di te>>
Dico, mandando giù l'ultimo sorso del drink.
<<Spero di sì, mi sono sempre stati vicini in tutto e ammetto che staccarmi da loro all'inizio è stato difficile, ma quando ho scelto di fare il calciatore sapevo a cosa andavo incontro, anche se ero molto piccolo>>
Finisce di parlare e si alza, raggiungendo il muretto che affaccia sul meraviglioso panorama. Mi dà le spalle e poggia le mani sulla superfice di cemento.
<<Va tutto bene?>>
Mi accerto, pensando che forse avrei dovuto evitare quel tipo di domanda.
<<Si, scusami, ero solo sovrappensiero>>
Risponde girandosi nella mia direzione, incrociando le gambe e poggiandosi al muretto.
<<Dai cambiamo argomento, non voglio rattristarti>>
Mi alzo anche io, tenendo le dovute distanze da lui.
<<Puoi avvicinarti, non mordo>>
Ridacchia, mettendo le braccia conserte, assumendo così una posizione che scatena in me un esplosione di ormoni. Faccio come mi dice e faccio qualche passo nella sua direzione, trovandomi faccia a faccia con lui.
<<E dimmi, come mai non ricevevi complimenti da un po'?>>
Nel farmi questa domanda rilassa le braccia, fasciando scivolare le mani nelle tasche dei pantaloni.
<<Non sono uscita con molti ragazzi in questi anni, un po' per il lavoro e un po' perché non ne ho avuto l'occasione e il modo>>
Inizio a spiegare, affiancandomi a lui.
<<Ammetto che ci sono stati dei ragazzi che si sono interessati a me, ma a me non interessavano loro>>
Stavolta sono io ad incrociare le braccia e rimango stupita quando alzo lo sguardo e me lo ritrovo davanti.
<<E come mai hai accettato il mio invito?>>
Mi domanda avvicinandosi sempre di più, lasciandomi quasi senza fiato.
<<Il tuo bigliettino mi ha incuriosito, volevo scoprire chi si celasse dietro quella calligrafia e dietro quel numero>>
Ammetto, diventando un tutt'uno con il muretto alle mie spalle.
<<E cosa ne pensi di questa scoperta?>>
Più domande mi fa più mi manda nel pallone.
<<Direi di sì>>
Ormai siamo ad un centimetro di distanza e non so se ha intenzione di baciarmi o meno e se dovesse farlo non so come potrei reagire, dopotutto è solo il nostro primo incontro.
D'improvviso faccio la prima cosa che mi passa per la testa, dargli le spalle. Mi volto verso l'azzurro mare che fa da sfondo a tutto questo, pensando di aver fatto la cosa giusta, ma me ne pento immediatamente.
La distanza che fino a poco fa c'era tra i nostri corpi, si azzera totalmente nel momento in cui Khvicha attacca il suo petto alla mia schiena, incastrandomi tra lui e il muro e chiudendo le uniche vie di uscita laterali che avevo con le sue braccia, poggiando le mani sulla parte superiore del muretto.
Ho il battito accelerato e le mani iniziano a sudare per quanto sono agitata, eppure mi rendo conto che quello che sto provando è una sensazione bellissima ela provavo da moltissimo tempo. Appoggia il suo mento alla mia spalla e deglutisco due, tre, mille volte, la mia salivazione è nulla e ho la bocca secca, talmente tanto che non basterebbe un semplice bicchiere d'acqua per ristabilire il tutto.
<<Non voglio andare di fretta, voglio solo godermi questo momento con te>>
Sussurra al mio orecchio, spostando le mani dalla superficie fredda in cemento ai miei fianchi. Improvvisamente e purtroppo, aggiungerei, entrambi sobbalziamo sentendo la suoneria di un telefono che stavolta non è il mio. Mi giro e lo osservò mentre si allontana da me di qualche centimetro. Estrae lo smartphone dalla tasca e prima di rispondere mi guarda.
<<Scusa un secondo>>
Si scusa, facendo qualche altro passo indietro e iniziando a parlare con la persona che lo ha appena contattato, io nel mentre torno a guardare le diverse sfumature di celeste che lentamente vengono trafitte dai toni del giallo e dell'arancione del tramonto.

SPAZIO AUTRICE
E voi cosa fareste al posto di Lara?🤔🤗

Inaspettato - Khvicha KvaratskheliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora