3- what kind of game

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Rosa

L'aria era più rarefatta che mai e non perché mi trovassi ad alta quota. A un sedile di distanza prendeva posto un ragazzo conosciuto nemmeno ventiquattro ore prima, che aveva avuto la faccia tosta di sedersi di fronte a me, nonostante il jet privato contasse ben più di qualche sedile. Giaceva composto, come sul suo personale trono di onnipotenza, con i suoi occhi smeraldo che cominciavano a riempirsi non appena tentava di rivolgermi parola. Odiavo il fatto che qualche parte in me recondita lo reputasse addirittura affascinante, quando tutto ciò che mi imponevo di volere era prendermi tutto quello che di legittimo mi spettasse.

"Allora?"

Non smetteva di stuzzicarmi, tentando di attaccare bottone, fino a quando ad un certo punto, resosi conto che non avrei risposto in nessun caso, toccò un nervo sensibile che mi fece sbottare.

"Beh tuo padre ti ha tagliato la lingua?" Disse, mentre con fare spavaldo assaporava quella che credeva fosse stata una vittoria. Povero illuso. Non tolleravo la sua sicurezza e non capivo cosa stesse facendo lì.

"No, ma la taglierà a te, se continui a dar fiato alla bocca inutilmente."

Risposi incattivita, consapevole della necessità di chiarire che non avrebbe mai dovuto riservarmi quel genere di risposta. Certe cose andavano messe in chiaro subito, anche perché non sapevo per quanto tempo mio padre avesse intenzione di tenerlo con noi. Non ero disposta a farmi mettere i piedi in testa da un'altra persona, figuriamoci da un ragazzetto sprovveduto che non sapeva in che guai si stesse cacciando.

Non feci in tempo a concludere la frase, che sentì una mano posarsi sulla mia spalla, leggera nel tocco, allarmante nel gesto in sé. Si era avvicinato a me impercettibilmente, cogliendomi con le spalle al muro.

"Vedo che sta andando a gonfie vele tra di voi. Hijita, ti chiedo di essere più cortese con gli ospiti. È questo quello che ti ho insegnato negli anni?"

Avrei voluto rispondergli che tutto quello che avevo imparato da lui era stato unicamente merito mio, ma decisi di non farlo. La sua risposta chiariva quale sarebbe stato il mio ruolo: mi sarei dovuta sottomettere alla sua autorità, così come ero da sempre stata abituata a fare.

"No, ma non ho risposta alcuna da dare alle sue domande." Controbatti, neutralizzando con quanto più impegno il mio tono.

"Va sempre data una risposta, per quanto scomoda essa possa sembrare."

Più che un rimprovero quella frase mi parve un consiglio e, mentre vedevo un sorrisetto attraversare il volto di mio padre in direzione di Alexander, un'intuizione si insinuò dentro me.

Avevo l'impressione che sfumava lentamente in una vaga certezza, che quello fosse uno dei soliti giochetti di mio padre ma, che al contrario di quello che era stato lo scenario tipico della mia esistenza fatto di vuoti da colmare, questa volta il vuoto era stato riempito ed era sul punto di strabordare. Non ero abituata a provare forti emozioni e temetti ben presto l'impatto emotivo che i due giorni appena trascorsi avrebbero avuto su di me.

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