Nove

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In casa Park, come al solito quando non c'era Chaeyoung a fare chiasso, era più silenziosa di un cimitero e la finta coppia di spose si trovava nella stessa stanza per studiare i dettagli di una missione secondaria.

Quel tipo di lavoro non era il più adatto per Jihyo, la quale preferiva di gran lunga rischiare la vita sul campo ad elaborare una strategia che, nella maggior parte dei casi, sarebbe stata pressoché inutile. Era risaputo che le cose non sarebbero mai andate come previsto.

Infatti si era ritrovata a sbuffare per la millesima volta "a cosa serve leggere tutti questi fogli se il nostro compito è quello di estorcere delle semplici informazioni? Ci basta camuffarci ed usare delle parole adatte alla situazione per far cantare tutti come degli usignoli. In caso contrario si potrebbe ricorrere alla tortura"

"È importante dedicarsi allo studio dei vari casi che ci vengono affidati e dovresti saperlo molto bene visti i nostri precedenti"

A quelle parole c'era stato come un risucchio improvviso dell'ossigeno e avevano smesso di respirare nello stesso momento, finendo col guardarsi negli occhi in un modo indecifrabile.

"Non hai mai voluto farne parola da quando è successo"

"E continuerò a non volerlo fare, rimettiti a leggere o non finiremo mai" Momo era tornata a concentrare la sua attenzione sui documenti che aveva riposto in ordine sul tavolo, ma non riusciva a capire cosa stesse leggendo "potresti smettere di fissarmi?"

"Non credi che sia arrivato il momento di parlarne? Sono passati quanti, dieci anni?" la castana si era alzata dalla sedia, improvvisamente bisognosa di fare un po' di movimento nonostante fosse tendenzialmente molto pigra "credi davvero che continuare questa farsa dell'odio incondizionato possa portarci da qualche parte?"

"Che cavolo stai dicendo? Tu mi odi a morte"

Jihyo aveva gli occhi lucidi nonostante la sua espressione non stesse tradendo alcuna emozione "non l'ho mai fatto, nemmeno per un secondo. Non ti ho odiata quando mi hai lasciata da sola all'ospedale dell'organizzazione e tantomeno quando ti sei impegnata al massimo per farmi vedere quanto fossi felice con un'altra donna. Mi sono imposta questa finzione perché me l'ha chiesto Katarina"

La mora si stava rigirando la penna tra le dita, un po' indecisa su cosa dire o fare "mi fa piacere sapere che non mi odi, ma gradirei che ti concentrassi sulle nostre missioni anziché perderti nei ricordi"

"La tua unica colpa è stata quella di abbandonarmi, quanto accaduto quella volta non è dipeso da te. Non sapevi ci fossero dei soldati pronti a sparare dei pezzi di vetro"

"Se avessi letto meglio i documenti che ci avevano dato prima della missione avrei saputo dell'esistenza di quelle armi, ecco dove ho sbagliato. Ti ho quasi mandata incontro alla morte e non credo ci sia bisogno che sia io a dirtelo"

"Ti sembro morta?"

"Jih, non è questo il fulcro del mio discorso"

La rabbia di Jihyo sembrava sul punto di farla esplodere e a pagarne le conseguenze fu la sedia che venne scaraventata contro il muro. Inoltre non aveva esitato a strapparsi la maglietta per mettere in mostra tutte le cicatrici che aveva sulla pancia, sulle spalle e per tutta la schiena "guardami, sono stata un colabrodo per ore e poi mi sono ritrovata ad avere un corpo terrificante. Mi sarebbe bastato il tuo appoggio per riprendermi, ma hai preferito lasciarmi con due parole scritte su un misero pezzo di carta"

Era la prima volta che Momo, dal giorno dell'incidente, aveva visto la persona che amava spogliarsi davanti a lei. Il suo sguardo attento era alla ricerca di ogni traccia delle ferite che aveva dovuto subire l'altra spia, guardandola poi nell'insieme con finto distacco "non c'è niente di terrificante in te, sei comunque bellissima. In ogni caso dovresti sapere che l'organizzazione ha sviluppato una tecnologia in grado di rimuovere ogni cicatrice, l'ho provata io stessa e ti garantisco che funziona benissimo"

Blame It On MeOù les histoires vivent. Découvrez maintenant