Capitolo 2 - 2°parte

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Riprendo in mano il borsellino di cuoio, e me lo rimetto in tasca sospirando. È stato sciocco da parte sua rifiutare la mia offerta. Tuttavia se non vuole il mio aiuto perché dovrei insistere affinché ci ripensi?

«Ma davvero? Stiamo tremando dalla paura» lo interrompe Ettore. «Chissà come mai a voi veggenti i poteri funzionano soltanto se si tratta di profezie nefaste. Guarda caso le riferite sempre se siete minacciati, o se correte il rischio di essere smascherati.»

«Il mio dono è autentico. Mi è stato donato dalla divinità del cielo. Riferisco solo ciò che mi è stato concesso di vedere.»

«Io invece mi baso su un principio: se non vedo non credo. A meno che non si presenti di fronte a me la suddetta divinità, e non sta accadendo» compie un giro su se stesso spalancando le braccia «non considererò veritiere le vostre parole. Lo volete capire per una buona volta che gli dei e l'aldilà non esistono? Che le vostre visioni non sono nient'altro che frutto dell'immaginazione umana?»

«Non si trae alcun male nel confidare che esista l'aldilà. Non si perde nulla, si acquista speranza. Voi dite: se non vedo non credo. Ebbene avete di fronte ai vostri occhi le prove di quanto affermo. Basta guardarsi intorno per comprendere che senza una divinità non sarebbero mai esistiti i fiori, gli alberi, le nuvole del cielo e nemmeno noi esseri umani» ribatte ad alta voce, non perdendo di vista un gruppo di cavalieri che si stanno facendo largo fra la folla.

Il mio amico estrae di nuovo la spada dal fodero, ma gli blocco l'intento. «Basta Ettore! andiamocene» lo strattono via impedendogli di tramortire il giovane che prosegue a sputarci contro ogni profezia possibile.

«Udite, udite! Stasera sarà una nottata piena di stelle. Ho appena avuto una rivelazione. Quando passerà il corteo scenderà una copiosa grandinata» annuncia per poi scappare all'improvviso.

Non so perché i cavalieri di Michelangelo si sono scomodati a inseguirlo, ma non mi interessa saperlo. I miei occhi ora sono puntati su ciò che mi circonda. Ero stata troppo assorta dal mio malumore per non accorgermi degli arazzi che abbelliscono le facciate dei palazzi. Sono come dei piccoli gioielli di tessuto che volteggiano di tanto in tanto con le folate del vento. Abiti appariscenti e schiamazzi mi accolgono quando arrivo alla piazza principale dove la fontana è stata addobbata per l'occasione. Nastrini blu e un altrettanto numero di fettuccine arancioni sono intrecciati sul basamento, mentre sull'acqua galleggiano delle piccole candele dei medesimi colori.

Lanciati dai tetti, i petali dei fiori si adagiano sui capelli dei passanti e scivolano inesorabili anche sul mio abito color nocciola. Se fosse stato per me avrei senz'altro scelto un abito nero con maniche ampie e una cintura argentata annodata alla vita. Sospiro rassegnata e accantono il desiderio di ritornare a casa per cambiarmi. Il protocollo reale è rigoroso per quanto riguarda il vestiario. Essendo una guerriera, per le occasioni ufficiali posso solo indossare vestiti che variano da una tinta di guscio di noce alle tonalità dei tronchi degli alberi. Non ho però scordato di portare con me i miei amati pugnali. Tuttavia non sono così ingenua da metterli in mostra. Il re si infurierebbe se scoprisse che li ho allacciati ai polpacci. Tengo salda la presa sulla spada e aumento la velocità delle falcate.

«Stonano» sentenzia Ettore arricciando le labbra. «Un colore freddo come l'azzurro non potrà mai andare d'accordo con uno caldo».

Incrocio i suoi occhi per poi rivolgere lo sguardo agli stendardi appesi sulla cinta muraria che circonda la capitale. Il ribrezzo mi induce ad arricciare le labbra. Non è più l'araldo che ammiravo da bambina mentre i miei genitori si allenavano insieme. Se fossero ancora vivi sarebbero anche loro disgustati di vedere il simbolo del reame, i leggendari tulipani arancioni, circondati da un paio di ali azzurre. Lo sfondo ocra non solo ne accentua la disarmonia, ma lo rende inguardabile. 

«Hai ragione, però ora è il nuovo araldo del regno. Va tollerato così come questa unione.»

«Ti arrendi così facilmente? Rinunci davvero a lui?»

Mi fermo di scatto e sbuffo. «Non ho un titolo, sono solo una guerriera e per giunta non possiedo un patrimonio consistente. Il lieto fine non fa parte del mio destino».

«Ma sei una delle più forti guerriere del regno. Il popolo ti adora, e anche il sovrano ti ammira.»

«Adoravano i miei genitori» lo correggo. «Ciò che sono è un'ombra del loro talento».

«No, non sei un loro riflesso» controbatte deciso. «Ti sei scordata di aver eliminato una truppa di mercenari al confine, alla veneranda età di sedici anni?»

«Vecchi ricordi, brutte ferite e battaglie di poca importanza. Non rivanghiamo il passato» gli poso una mano sulla spalla. «Ho fatto una promessa al re, e intendo mantenerla. Anche Michelangelo ha seguito il mio esempio. L'alternativa era la guerra. Discorso chiuso».

«Recepito il messaggio» scrolla le spalle per poi estrarre un piccolo pugnale dallo stivale. «Dimmi la verità, quanti te ne sei portata dietro?»

«Abbastanza» gli rivolgo un sorrisino.

«Dovresti trasgredire con maggior frequenza alle regole. Soprattutto osa fare di più. Prendi esempio da me» si scosta un lato dell'ampio mantello portando alla luce una tunica arancione.

«Sei impazzito? Se il re la vedesse... » affondo i polpastrelli sui suoi ricci biondi e glieli scompiglio.

«Stai tranquilla. Mi cambierò prima del banchetto» mi abbraccia per un breve momento. «Ti prometto che la prossima volta farò di peggio» mi rivolge un breve occhiolino.

Scuoto la testa e sollevo gli occhi al cielo. «Non cambi mai».

«Trasgredire fa bene all'umore, e sono felice di vederti sorridere» mi sussurra all'orecchio allacciandomi un braccialetto d'argento al polso.

«Sei un tesoro!» esclamo stringendolo forte. «Come hai fatto a recuperarlo? Ormai mi ero rassegnata di averlo perso» strofino i polpastrelli sui ciondoli a forma di margherite che pendono dagli anelli del gioiello.

«Ho solo passato qualche ora a nuotare nel fiume. Meriti questo e altro, Lisy.»

Il cielo è sgombro dalle nuvole. Profumi e suoni si elevano in simultanea alimentando la mia agitazione. Mi fermo di fronte al portone d'ingresso della capitale. La musica cessa all'improvviso lasciando solo alla melodia di un flauto il permesso di continuare a risuonare. Tutti tacciono, e dai tetti boccioli di rose bianche iniziano a vorticare nell'aria mentre le ante di ferro si spalancano.

Il popolo dei draghi è giunto alle nostre porte. Non so che aspetto abbiano, né quanto sia grande il corteo della principessa. Serro le dita sull'elsa della mia spada. Sono pronta ad affrontarli, a vedere con i miei occhi i generali dell'imperatore che fanno tremare ogni regno del continente.

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