Capitolo 11

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Tre mesi prima, regno di Lousele.

Continua a respirare. Ce la puoi fare dico a me stessa tenendo sotto controllo i tremolii delle dita. Mi allaccio al collo la collana di rubini adagiata su un morbido cuscino di raso prima afferrare lo scettro che mi sta porgendo un valletto. Mentre la luce mi abbaglia gli occhi e i soldati spalancano le ante del portone d'ingresso, mi muovo in avanti posando le scarpette sul tappeto che conduce all'uscita del castello. Il cuore mi batte all'impazzata, e sono così tanto emozionata da dimenticarmi di porgere un breve inchino al sovrano quando si sposta di lato per lasciarmi passare. Lo oltrepasso senza degnarlo di uno sguardo mantenendo gli occhi puntati sul dipinto affrescato sopra l'arcata d'ingresso. Cerco la tranquillità nei rivoli del fiume. Mi approprio di ogni briciola di calma che riesco ad afferrare contemplando il cielo e le nuvole ritratte sulla tela. Tuttavia l'agitazione non vuole saperne di andarsene via.

«Sei stupenda Lisa» percepisco la voce del principe rimbombarmi nelle orecchie, e nell'udirla una scintilla di serenità mi si posa nell'anima. Mi scocca un bacio sulla guancia, poi un altro sul dorso della mano.

Michelangelo continua a tenermi per mano e mi regala uno dei sorrisi più dolci che mi abbia mai rivolto in tutta la vita. Più passi compio in avanti e maggiori sono i raggi del Sole che illuminano le perline cucite sul mio abito. Consento alle dame di compagnia di sollevarmi il lungo strascico di pizzo del vestito, tuttavia do il permesso soltanto al mio amato di sistemarmi la corona che ho sul capo. Un'altra falcata eseguita, e mi ritrovo di fronte a una folla esaltata. Scrosciano applausi, rimbombano frasi d'augurio mentre mio marito posa le labbra sulle mie.

«Lunga vita al re! Lunga vita alla regina!» mi giungono da ogni lato le grida di un numero impressionante di persone.

Sono così felice che mi metterei a ballare! Sto per gridare ad alta voce la gioia che sto provando, ma all'ultimo momento serro le labbra notando che sempre più sudditi stanno alzando il capo verso l'alto. Dal cielo rimbomba all'improvviso un tuono, poi la volta celeste si copre di dense nuvole. Sono minacciose quanto un mare in tempesta, e il loro colore mi ricorda una notte priva di stelle. Michelangelo mi tiene stretta a sé. Mi rassicura dandomi dozzine di baci sulla fronte mentre osserviamo attoniti il cambiamento improvviso del tempo, che invece di far cadere dalle nubi gocce d'acqua riempie l'aria di piume azzurre.

«Xili thesimero pitau Rakaume» grida fra la folla una voce femminile.

La folla si divide a metà permettendo a una persona incappucciata di avanzare spedita verso di me. Osservo allarmata le ciocche di capelli che svolazzano fuori dal cappuccio. Sono corvine come il colore dell'inquietudine che mi sta scorrendo nelle vene. Si scopre il volto e il mondo mi crolla addosso. Scuoto la testa e mi dimentico di respirare.

«Non me lo porterai via!» grido con tutto il fiato che ho in gola, e sollevo verso l'alto lo scettro come se brandissi una lama affilata.

Michelangelo però sembra ipnotizzato, si libera della mia stretta e corre verso Nari. Non appena la raggiunge, le mie certezze si dileguano. Scuoto la testa incredula. Prima l'abbraccia, poi le pone sul capo la corona che gli sta porgendo un valletto. Mi accascio sui ciuffi d'erba, ma mani robuste mi sollevano di peso. Mi dimeno, inveisco contro i soldati che mi stanno trascinando verso le prigioni come se fossi una criminale. Gradino dopo gradino, la visuale del giardino si restringe. Le lacrime mi rigano le guance mentre Michelangelo bacia la principessa un attimo prima che l'oscurità del sotterraneo mi inghiotte al suo interno.

Mi sveglio di soprassalto, e tiro un sospiro di sollievo nel constatare che ero vittima di un incubo. Le parole di Nari però mi stanno continuando a rimbombare ancora nella mente, e come fiamme ardenti mi provocano un bruciante mal di testa. Sbatto veloce le ciglia e ogni dolore a poco a poco svanisce.

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