Capitolo 8 - 2°parte

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La musica cessa, e le vestali scendono dal gazebo. A ogni parola che pronuncia l'uomo pelato e vestito con abiti sontuosi lascio andare il sentimento che provo per Michelangelo, accantono le ultime tracce di speranza e ripongo in un angolo del cuore tutti i ricordi che ho vissuto con il mio primo amore. Socchiudo gli occhi, e placo ogni pensiero pur di assumere un'espressione austera che non ha nulla a che fare con una donna fragile a cui hanno spezzato il cuore. Resto insensibile mentre osservo le mani degli sposi afferrarsi a vicenda per poi essere legate con un nastro di stoffa ricamato. Rimango indifferente anche quando il giuramento della principessa mi rimbomba nelle orecchie. Canticchio sottovoce una canzone popolare, poi la ninna nanna che mi sussurrava mia madre quando ero bambina. Tuttavia la voce del principe ha la meglio sulla mia e non posso fare nulla per ignorarla. Ritorno a essere una fanciulla ferita mentre incrocio per l'ennesima volta quegli splendidi occhi ambrati.

«Io, Michelangelo futuro erede al trono del regno Louisele, prendo voi principessa Nari come mia legittima sposa.»

Le gambe mi traballano, e una lacrima sfugge al mio autocontrollo nell'attimo in cui il principe si schiarisce la voce e compie un profondo respiro prima di riprendere a parlare.

«Il mio cuore, la mia spada e la mia vita da questo momento in poi vi apparterranno. Lego la mia anima alla vostra e possa il Dio del cielo benedire la nostra unione.»

Il sacerdote porge agli sposi un calice di vino e attende che lo bevano prima di slacciare il nastro di stoffa che ancora tiene legate le loro mani. Il cotone ricamato fluttua nell'aria e si deposita sul pavimento nell'istante in cui il mio amato mette sull'anulare di Nari un anello tempestato da zaffiri.

Mentre un valletto sopraggiunge con un leggio e lo posiziona di fronte alla principessa, Michelangelo si gira nella mia direzione. Fra di noi ci sono sempre stati sguardi così intensi da non poterli descrivere con misere parole. Così tanto indelebili quanto i tramonti autunnali, incancellabili nelle nostre menti, e costanti come è il moto degli astri. Si volta all'improvviso e quando lo vedo afferrare la piuma d'oca per firmare il contratto matrimoniale non riesco più a respirare. Mi guarda con occhi intrisi di rassegnazione, esita qualche secondo ma spronato dalla voce del sacerdote scrive rapido sulla pergamena. Mi sforzo ad applaudire e sulle mie labbra appare un finto sorriso nell'istante in cui il documento viene mostrato alla folla.

Dapprima lieve, la fitta al petto diviene forte e con essa ritornano i capogiri. Un attimo prima di perdere l'equilibrio, una mano si posa sulla schiena e mi sostiene risparmiandomi una brusca caduta.

«Grazie Ettore» bisbiglio riconoscente.

«Per quanto vi riesca difficile, sforzatevi a respirare. Del dolore me ne occuperò io» mi sussurra una voce che non appartiene al mio amico.

Non riesco a voltarmi per sapere chi mi sta stringendo fra le braccia, e l'attacco di panico si fa feroce. Le fitte al cuore sono così tanto lancinanti che mi lacrimano gli occhi. Ettore si posiziona di fronte a me, e mi afferra la mano.

«Stai tranquilla, Lisy. È Daeshin, gli ho chiesto di aiutarti.»

«Potete fidarvi di me» avverto la voce del generale rimbombarmi nelle orecchie.

Mi sforzo a inspirare boccate di ossigeno mentre gli permetto di premermi un polpastrello sul collo. Il suo tocco è leggero, quanto una lieve brezza. A ogni respiro, percepisco la calma dominarmi sempre più i polmoni. I miei muscoli si rilassano, la mente si sgombra dai pensieri e le fitte al petto scompaiono in un battito di ciglia.

«Perché avete accettato di aiutarmi?» lo bisbiglio appena.

«Non rimango impassibile di fronte alle sofferenze altrui. Soprattutto» lo dice così piano che dubito che Ettore lo possa udire «perché qualcuno mi ha chiesto di soccorrervi».

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