1. Segni

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Il sole tramontava dietro le colline a ovest, tingendo il cielo con i suoi colori caldi, mentre la giovane strega avanzava tranquilla facendo scricchiolare il tappeto di foglie secche sotto il peso dei suoi stivali.
Si appoggiava al suo prezioso bastone: lungo e stretto, di nocciolo, recava in cima un occhiello grande abbastanza da poterci far entrare il suo braccio.
Seguiva sicura il sentiero che serpeggiava tra i grandi massi, le maestose querce e i vigorosi noci e che proseguiva nel bosco fitto, verso casa.
Stanca e dolorante, sbadigliava e strofinava gli occhi dalle particolari e uniche iridi viola.

Era stata una giornata fruttuosa.
La sua saccoccia nera con le rifiniture viola, cucita da lei stessa e che portava assicurata alla vita, era colma di erbe, piante e semi utili a varie necessità e l’addestramento si era rivelato meno disastroso del solito.

Da quando la nonna non c’era più era diventato molto difficile proseguire con i suoi studi  ma tutto sommato se la stava cavando bene.
Ava, che chiamava nonna anche se non lo era per davvero, maestra quando la addestrava, era morta già da un anno, le mancava moltissimo e si sentiva più sola che mai.
Distratta dal pensiero della nonna, non si accorse del ramo basso che le era di fronte e lo colpì con la parte alta, la punta, del cappello, facendoglielo quasi cadere dal capo.
Si fermò a raddrizzarlo, sbuffando, e poi riprese il cammino entrando ufficialmente nel bosco più fitto.

Il buio che ormai la circondava la costrinse a sforzare ancora la sua energia e, passatosi indice e medio sugli occhi, si concentrò sulla luce.
Una striscia bianca comparve come una maschera sugli occhi e, quando li riaprì, poté vedere nel buio.
Non funzionò benissimo poiché era davvero molto stanca ma sarebbe bastato per permetterle di raggiungere casa senza incidenti anche se, conosceva quel luogo come le sue tasche e ogni animale, tana, sasso, pianta o avvallamento le era familiare.

Un coniglio selvatico sbucò da un cespuglio e la strega si fermò. Lo conosceva: era l’anziano della famiglia, quella che aveva la tana proprio al di là del cespuglio di rovi.
I loro occhi si incontrarono. Lei sorrise e tirò fuori il suo athame nascosto nello stivale destro.
Lo ammazzò con facilità, pronunciando una preghiera di ringraziamento.
Legò le zampe anteriori dell’animale insieme, utilizzando un nastro bianco che aveva  al polso, lo assicurò alla cintura e riprese il cammino; lo stomaco vuoto che iniziava a borbottare.

Il ronzio della sera calò sul bosco e un venticello leggero le accarezzò i lunghissimi ricci neri, acconciati con diverse piccole trecce qua e là, e raggiunse le sue orecchie.
Di nuovo si arrestò, allarmata questa volta.
Lo Spirito del Vento stava sussurrando un avvertimento: non era sola.
Una presenza diversa, nuova, sconosciuta, si aggirava nel suo bosco.

Proprio adesso che era così stanca!

Con enorme sforzo, chiuse gli occhi e si concentrò per cercare di percepire le intenzioni di quell’ essere.
Sperò con tutto il cuore che non fossero oscure.
Inquieta, ribelle, libera, maschile, forte e decisa fu l’anima che percepì.
Male e Bene nel giusto equilibrio: un buon segno. Non riuscì a capire se la creatura fosse animale o uomo o altro: era ambiguo.

Si avvicinava a lei in fretta e questo aspetto stava agitando il suo sangue: sentì brividi di freddo, poi avvampò di caldo; il cuore divenne un tamburo nel petto. Non si era mai sentita così e un velo di panico la avvolse.

Rimase immobile, lì dove i suoi piedi parevano aver messo radici e si rifiutavano di obbedire ai comandi.
Proprio dalla Terra attinse l’energia per dare stabilità al suo animo.
Inspirò ed espirò più volte e finì per rendersi conto che quell’agitazione, quell’ansia che questa anima sconosciuta le stava trasmettendo non era in senso negativo.
Capì che non le avrebbe fatto del male.

Magia MeikaWhere stories live. Discover now