5- Druxy.

147 36 230
                                    

Druxy: (adj.) something whole on the outside, but rotten in the inside; of timber, having decay in the heartwood.

── ☾☼ ──

Lilith.

Quando aprii gli occhi il sole era alto nel cielo e i suoi raggi deboli attraversavano le tende pesanti della finestra della mia stanza, ma non illuminavano granché. Diedi uno sguardo al display del telefono con un occhio solo mentre l'altro era ancora chiuso dal sonno, e vidi che erano le undici del mattino. Decisamente troppo presto per me.

Sentii dei rumori provenire dalla cucina, un rumore di padelle e tazze e una voce che intonava le parole di Judas di Lady Gaga. Capii immediatamente di chi si trattasse e non mi spaventai, mi concessi qualche altro minuto in quel groviglio di lenzuola e coperte, affondando la faccia nel cuscino.
Mi ci vollero dieci minuti pieni per strofinarmi gli occhi, mettermi seduta sul letto troppo grande per una sola persona e distendere i muscoli per darmi una svegliata una volta per tutte. Aprii leggermente la finestra, uscii dalla stanza e feci poco più di tre metri per arrivare in bagno e sciacquarmi il viso.

L'appartamento in cui stavo era decisamente piccolo e chiunque lo avrebbe trovato soffocante, l'unica sala che poteva dirsi più grande era il salotto. Ma a me andava bene, dovetti farmela andare bene perché quello era il massimo che io e Rose potevamo permetterci e, anche se Brixton non era una delle zone più raccomandate di Lambeth, i prezzi degli affitti erano i più bassi e accessibili per due ragazze come me e Rose.
Rose, la mia migliore amica dai capelli rossi e la faccia piena di lentiggini, avrebbe potuto permettersi di sparire da quel quartiere e trovarsi una sistemazione pulita in una zona più sicura, ma quando glielo feci notare mi disse che senza me non sarebbe sopravvissuta e che per i suoi piani aveva bisogno un conto in banca a sei cifre e risparmiare sull'affitto e condividere le spese poteva aiutarla a realizzare il suo obiettivo.

«Buongiorno bellissima».

Era già vestita, indossava un minidress di lana di un color panna che le stava benissimo e delle calze nere pesanti. Era scalza, i capelli raccolti in una coda alta e il viso poco truccato. Mi sorrise dolcemente e io mi avvicinai ai fornelli per capire cosa stesse facendo.

«Buongiorno» risposi, mi chinai leggermente per lasciarle un bacio sulla guancia e guardai le uova nella padella.

«Stamattina ti ho sentita rientrare, hai sbattuto troppo forte la porta».

«Mi spiace, non me ne sono resa conto. Ti ho svegliata?»

Annuì, ma continuò a sorridermi per non farmi sentire in colpa. «Stai tranquilla, non capita mai».

«Ero stremata» commentai.

«Ci pensa la mia colazione a rimetterti in forze».

Mi beai di quel profumo di cibo e mi si aprì lo stomaco. Facevo colazione solo quando Rose era in casa e si curava di preparare qualcosa anche per me, solitamente andava via molto prima di me e faceva colazione fuori e io stuzzicavo qualcosa a casa di Vera.
Mi misi seduta sul davanzale della finestra in cucina, era leggermente aperta per permettere di far passare un po' d'aria e la sensazione del venticello freddo mi punse la pelle nuda delle gambe, perché non sarei mai riuscita a prendere sonno con dei pantaloni lunghi e preferivo congelare indossando i pantaloncini di tuta.

MIZPAHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora