33- Gotong-royong.

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Gotong-royong: (n.) the joint sharing of burdens; the bearing of the weight of the world together with trusted friends.

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Lilith.

Trevor Harris, Gerard Moore, Lauren Wright, Nicolas Carter, Blair Allan e Lilith Andersen: sei ragazzi che, in vario modo, avevano suscitato orgoglio nell'uomo che li aveva presi sotto la sua ala protettrice. Eran come figli perfetti, forgiati secondo l'immagine e somiglianza di Maxwell Foster, un uomo senza cuore che non era riuscito a generare la propria prole e aveva quindi deciso di creare una famiglia scelta. I Foster Kids: fratelli senza genitori in comune, ma uniti da un'affinità e una fedeltà che superavano il vincolo del sangue.

Eravamo soltanto pedine nelle sue mani insanguinate; ognuno di noi, lui compreso, era un frammento di una partita infinita, gli anelli di una catena senza fine.

Pezzi di una scacchiera di cristallo.

Blair e Gerard, i suoi alfieri, erano i pezzi leggeri della scacchiera umana: Max conosceva bene la loro spiccata empatia e la loro immensa sensibilità, e se ne appropriava, la plasmava secondo i suoi desideri. E così, nell'infinito gioco della vita, Max orchestrava le loro mosse come un abile maestro, intrecciando le loro vite con fili invisibili, trasformandoli in note su un pentagramma oscuro, una sinfonia di ambizioni e compromessi. Ma spesso, per Max, l'emotività dei due diventava un'arma a doppio taglio e quindi affidava loro incarichi più semplici.

Lauren, il cavallo: un pezzo leggero come gli alfieri, ma dotato di un potere unico, capace di scavalcare gli ostacoli con agilità e astuzia. In molte situazioni, lei riusciva a incanalare questa capacità, superando le sfide con eleganza e determinazione. Soltanto noi sapevamo che, sotto quella maschera di arroganza, si nascondevano insicurezze e fragilità.

Nick e Trevor erano le due torri, i suoi pezzi pesanti, eretti come guardiani impenetrabili, pronti a difendere il regno di Maxwell con ferocia. Erano i suoi fedeli emissari, pronti ad eseguire gli ordini più pericolosi, le colonne su cui si ergeva il suo impero, in grado di sopportare il peso delle sue ambizioni più oscure. E loro si odiavano per questo, infinitamente tanto.

Io, Lilith, la donna, la dama, la regina: il suo pezzo più forte, quello che danzava sulle caselle della scacchiera, sempre pronta a difendere il suo re, anche a costo della propria libertà. Ma il re era lui, il suo controllo su di noi determinava l'esito della partita, in cui ogni mossa era un rischio, e la fine poteva significare la perdita definitiva della nostre vite.

Gli scacchi erano una costante della mia infanzia, il gioco da tavolo preferito che estraeva sempre emozioni forti. Ma mai avrei immaginato, all'età di tredici anni, di diventare io stessa un pezzo della scacchiera, trovando una nuova famiglia negli occhi traumatizzati di ragazzi della mia età.

«Il montante è il colpo verso l'alto che fai con una delle due braccia» spiegò Nick.

«E io cosa ho fatto? Non è questo?» replicò la ragazza.

«Quello che hai fatto è un diretto, significa che hai usato la mano dominante e hai attraversato il corpo del tuo avversario immaginario».

«Non ha un maledetto senso, Nicolas».

«Ce l'ha il senso, Blair» sbuffò lui. «Devi solo prestare più attenzione».

«Odio questo sport».

«Sai perché cerco di insegnare delle basi a tutte e tre, voglio che sappiate proteggervi sempre» il ragazzo dalla pelle ambrata alzò gli occhi al cielo, premendo la fronte contro il sacco da boxe. «E non darmi del maschilista, uno del genere non vi farebbe neanche entrare qui dentro» piagnucolò esasperato.

MIZPAHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora