VIII

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(Regina Alanna)

Si svegliò vomitando, con Ru che gli premeva le mani sullo sterno. Joseph sputò fuori l'acqua dalla gola, gli bruciava e si sentiva debole. Stramazzò al suolo e tossì forte, premendosi le mani sul petto che gli martellava. Il cuore era sul punto di scoppiargli, aveva un gran mal di testa in mezzo agli occhi ed era privo di energie.

Era bagnato da capo a piedi, persino Ru aveva un aspetto equamente devastato, con gli occhi rossi, i capelli e i vestiti grondanti di acqua. Gli diede delle pacche sulla schiena per assicurarsi che fosse vivo, poi si distese sulla sabbia a respirare.

Le onde avevano portato a riva ciò che rimaneva della baleniera, lo scafo era rivoltato ed era incagliato sugli scogli, le vele venivano trascinate su e giù, insieme alle botti e gli alberi, almeno quello maestro e di mezzana, spuntavano spezzati. La poppa era la parte più conservata, i pezzi di prua sparsi tra le acque e la spiaggia.

Le sponde erano un campo di battaglia. Tavole di legno e vele strappate puntellavano l'intera costa. Ovunque fossero naufragati, il mare aveva donato loro una via di salvezza. Joseph rotolò sul fianco e rabbrividì. Gran parte di coloro che erano sul ponte erano sopravvissuti, i soldati erano privi di senso o stavano cercando di ricomporsi velocemente, raccattando provviste e armi. Ne contò meno di quanto ricordasse. Alcuni erano stati divorati dalle onde, portati sul fondo senza possibilità di combattere.

A giudicare dalla posizione del sole era pomeriggio inoltrato, i raggi, sebbene la stagione estiva, riscaldavano a malapena i sopravvissuti. Joseph stava morendo di freddo e aveva brividi di vero terrore: erano arrivati sani e salvi ad Arcadia, ma il loro unico mezzo di trasporto era stato abbattuto. Tornare indietro era impossibile. L'unica via era proseguire.

Arcadia però era rimasta bellissima, intoccata. Oltre le prime alture verdi c'erano alte colline coltivate, campi di grano, di fiori stupendi, con molti mulini a vento rudimentali.

«Ce l'abbiamo... fatta?» Parlare gli risultò complicato, la gola scottava.

Ru annuì. «Era a sinistra. Io lo avevo detto. Hai sputato l'acqua?»

Joe si pulì la bocca e provò a mettersi in piedi. Gli facevano male le gambe e aveva perso un po' sensibilità alle dita dei piedi. Gli fece piacere aver mantenuto tutti gli arti integri e, a parte una leggera ferita alla testa, si sarebbe rimesso presto. Alcuni dei soldati stesi sulla spiaggia avevano sbattuto sugli scogli e, addirittura, uno di loro aveva perso un braccio.

Alba stava cercando di soccorrere il secondo ammiraglio, un tizio che masticava costantemente tabacco e sputava quanto un lama. Il principe aveva il volto cereo, malaticcio, e le dita blu.

«Basta così, state rischiando la vita, principe» lo ammonì Hans e lo spostò dal corpo. Capì in seguito che quell'uomo fosse morto. «La vostra magia è debole.»

Alba alzò gli occhi su Joseph e corse da lui. «Stai bene, sei tutto intero?»

Si lasciò analizzare e il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. Era caduto in acqua e le onde lo avevano spinto distante, poi la fortuna aveva fatto il resto. Era un miracolo il fatto che la baleniera non lo avesse tirato con sé, affondando.

«Il tuo braccio!» notò Joe, sfiorandogli la spalla.

Alba trasalì in un sibilo. Aveva giocato a calcio abbastanza anni per capire quando una spalla fosse lussata, la testa omerale sporgeva sotto lo strato di pelle ed era fuori posto. Ricordava che fosse successa una cosa simile tempo prima a Nicholas, aveva fatto lo stupido durante l'allenamento ed era caduto negli spogliatoi. Il coach Blake gliela aveva rimessa a posto.

«Sto bene, è solo un formicolio» divagò Alba.

«Prova ad alzarlo.»

Alba non lo fece e per Joseph nemmeno insisté, considerando la gravità della situazione. Era il braccio destro, quello con cui reggeva la spada e il bastone runico, perderlo era per lui una fonte di imbarazzo e tristezza. Ci avrebbe messo del tempo a guarire.

Imperial Wolver IIWhere stories live. Discover now